mercoledì 3 febbraio 2016

"Dobbiamo pregare affinché il Papa consacri presto esplicitamente la Russia al Cuore Immacolato di Maria" (Mons. Schneider)

Un’intervista di mons. Athanasius Schneider a Rorate Coeli: Chiesa post-sinodale e i non credenti nella gerarchia
 
 
 
Riportiamo dal sito di Corrispondenza romana in una traduzione di Anna Bellardi Ricci, il testo integrale di un’importante intervista di S. E. mons- Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana, pubblicata il 2 febbraio dal sito Rorate Cœli

Rorate Cœli: Del recente Sinodo, per qualche tempo non conosceremo l’impatto legale che avrà sulla Chiesa poiché la prossima mossa spetta al Papa Francesco. Senza tener conto dell’eventuale esito, esiste già uno scisma nella Chiesa? In caso affermativo, cosa significa in termini pratici? Come si manifesterà per i cattolici tipici che vanno in chiesa?

S.E. Schneider: Secondo il can. 751 del Codice di Diritto Canonico, scisma significa il rifiuto di sottomissione al Sommo Pontefice. Bisogna distinguere il difetto nel credere o eresia dallo scisma. Il difetto nel credere o eresia è in effetti un peccato più grave dello scisma, come diceva San Tommaso d’Aquino: «La miscredenza è un peccato commesso contro Dio stesso, secondo che Egli stesso è la Verità Prima, sulla quale la fede si fonda; mentre lo scisma si oppone all’unità della Chiesa, che è un bene minore di Dio stesso. È dunque evidente che la miscredenza è per il suo genere un peccato più grave di quello dello scisma» (II-II, q.39, a.2c). La vera crisi della Chiesa di oggi consiste nel sempre crescente fenomeno che coloro che non credono pienamente e non professano l’integralità della fede cattolica occupano spesso posizioni strategiche nella vita della Chiesa, come professori di teologia, educatori nei seminari, superiori religiosi, parroci ed anche vescovi e cardinali. E queste persone con la loro fede difettosa si professano sottomessi al Papa.
Il colmo della confusione e dell’assurdità si manifesta quando questi religiosi semi-eretici accusano coloro che difendono la purezza e l’integrità della fede cattolica di essere contro il Papa, di essere, secondo loro, in qualche modo scismatici. Per i semplici cattolici che vanno a messa, una tale situazione di confusione rappresenta una vera sfida alla loro fede e nell’indistruttibilità della Chiesa. Devono mantenere salda l’integrità della loro fede in conformità alle verità cattoliche immutabili trasmesse dai nostri padri, che ritroviamo nel catechismo tradizionale e nei lavori dei Padri e dei Dottori della Chiesa.
Rorate Cœli: Parlando di cattolici tipici, cosa deve affrontare ora un tipico parroco che già non dovesse affrontare prima il Sinodo? Quali pressioni, come la lavanda dei piedi delle donne il Giovedì Santo a seguito dell’esempio di Francesco, peseranno sul parroco più di quanto non pesino già oggi?
S.E. Schneider: Un tipico parroco cattolico dovrebbe conoscere bene il significato perenne della fede cattolica, così come il significato delle norme della liturgia cattolica, e conoscendolo dovrebbe avere fermezza e sicurezza interiore. Dovrebbe sempre ricordarsi del principio fondamentale di discernimento: «Quod semper, quod unique, quod ab omnibus», ossia «Ciò che è stato creduto e praticato sempre, ovunque e da tutti».
Le categorie «sempre, ovunque, tutti» non devono esser intese in un senso aritmetico, ma morale. Un criterio concreto di discernimento è questo: Questo cambiamento in una affermazione dottrinale, in una pratica pastorale o liturgica rappresenta una rottura rispetto al passato secolare o anche millenario? Questa innovazione fa sì che la fede brilli più chiara e luminosa? Questa innovazione religiosa ci avvicina sempre più alla santità di Dio, o esprime in modo più profondo e magnifico i divini misteri? Questa innovazione disciplinare accresce davvero un più grande zelo per la santità di vita?
Per quanto concerne, concretamente, la lavanda dei piedi delle donne durante la Santa Messa dell’Ultima Cena il Giovedì Santo: questa Santa Messa celebra la commemorazione dell’istituzione dei sacramenti dell’Eucarestia e del Sacerdozio. La lavanda dei piedi delle donne quindi, insieme agli uomini, non solo distrae dall’attenzione principale sull’Eucarestia ed il Sacerdozio, ma genera confusione riguardo al simbolismo storico dei “dodici” e dall’essere gli apostoli di sesso maschile. La tradizione universale della Chiesa non ha mai consentito la lavanda dei piedi durante la Santa Messa, ma piuttosto al di fuori di essa, in una cerimonia speciale.
In ogni caso: la lavanda pubblica e in generale anche il bacio dei piedi delle donne da parte di un uomo, nel nostro caso di un prete o di un vescovo, è considerato da qualsiasi persona di buon senso in tutte le culture come improprio e anche indecente. Grazie a Dio nessun vescovo è obbligato a lavare pubblicamente i piedi delle donne il Giovedì Santo, perché non vi è una norma che lo vincoli a ciò, e lo stesso lavaggio dei piedi è facoltativo.
La Fraternità Sacerdotale di San Pio X (FSSPX)
Rorate Cœli: Una situazione atipica della Chiesa è quella della Fraternità Sacerdotale di San Pio X (FSSPX). Secondo Vostra Eccellenza, perché tanti cattolici hanno paura della FSSPX o si preoccupano all’idea di associarvisi? Dalla vostra esperienza, quali doni ritiene che la FSSPX possa apportare alla Chiesa principale (mainstream)?
S.E. Schneider: Se qualcuno o qualcosa è senza importanza, nessuno lo teme. Coloro che temono la Fraternità Sacerdotale di San Pio X temono in fin dei conti le verità cattoliche perenni e le loro esigenze nella sfera morale e liturgica.
Quando la FSSPX cerca di credere, praticare il culto e vivere moralmente come hanno fatto i nostri progenitori e i Santi più famosi nel corso di millenni, allora dobbiamo considerare la vita e l’opera di questi sacerdoti cattolici e fedeli della FSSPX come un dono per la Chiesa di oggi, ed anche come uno dei numerosi strumenti di cui si serve la Divina Provvidenza per rimediare all’enormità dell’attuale crisi generale della fede, della morale e della liturgia in seno alla Chiesa.
In alcuni settori della FSSPX vi sono tuttavia, come avviene in tutte le società umane, alcune personalità eccentriche. Queste hanno un metodo ed un atteggiamento che manca di giustizia e carità e quindi del vero “sentire cum ecclesia”, ed esiste il pericolo di un’autocefalia ecclesiastica e di essere l’ultima istanza giuridica nella Chiesa. Tuttavia, a mia conoscenza, la parte sana corrisponde alla parte maggiore della FSSPX e considero il loro Superiore Generale, Sua Eccellenza Monsignor Bernard Fellay, come un vero ed esemplare vescovo cattolico. Vi sono speranze per un riconoscimento canonico della FSSPX.
Il Sinodo e la papolatria
Rorate Cœli: Per tornare al Sinodo, e focalizzandoci sulla tradizione, Vostra Eccellenza pensa che i cambiamenti nella liturgia romana successivi al Vaticano II abbiano contribuito alla crisi attuale nella Chiesa, alla crisi del matrimonio, della famiglia e della morale della società in generale?
S.E. Schneider: Non lo direi in questo modo. In realtà l’origine vera dell’attuale crisi nella Chiesa, della crisi del matrimonio, della famiglia e della morale in generale non è la riforma liturgica, ma la mancanza di fede, il relativismo dottrinale, da cui deriva il relativismo morale e liturgico. Se credo in modo difettoso, vivrò una vita morale difettosa e praticherò il culto in modo difettoso e indifferente. È necessario dapprima restaurare la chiarezza e la fermezza della dottrina della fede e della morale a tutti i livelli e da lì cominciare a migliorare la liturgia. L’integrità e la bellezza della fede esigono l’integrità e la bellezza della propria vita morale e ciò richiede l’integrità e la bellezza del culto pubblico.
Rorate Cœli: Ancora sul Sinodo, è evidente, per coloro che hanno occhi per vedere, che Papa Francesco ha creato confusione invece che chiarezza nel processo sinodale, ed ha incoraggiato una svolta verso la rottura elevando il ruolo dei Cardinali Kasper e Danneels, dell’Arcivescovo Cupic, ecc. Quale è il giusto atteggiamento che un cattolico dovrebbe avere nei confronti del Papa in questi tempi difficili? I cattolici sono obbligati a far conoscere le loro opinioni ed a “resistere” come aveva detto il Cardinale Burke in una nostra intervista l’anno scorso, anche quando le loro opinioni sono critiche del papa?
S.E. Schneider: Da diverse generazioni e fino ad oggi regna nella vita della Chiesa una sorta di “papo-centrismo” o di “papolatria” che è senza dubbio eccessiva se paragonata con la visione moderata e soprannaturale della persona del Papa e la venerazione a lui dovuta, propria dei tempi passati. Un simile atteggiamento eccessivo verso la persona del Papa genera nella pratica un significato teologico eccessivo ed errato riguardo al dogma dell’infallibilità papale.
Se il Papa dicesse a tutta la Chiesa di fare qualcosa che danneggiasse direttamente una verità divina immutabile o un comandamento divino, ogni cattolico avrebbe il diritto di correggerlo, con debito rispetto, mosso da venerazione e amore per il santo ufficio, e per la persona del Papa. La Chiesa non è proprietà privata del Papa. Il Papa non può dire “Io sono la Chiesa”, come il re francese Luigi XIV che aveva detto: “Lo Stato sono io”. Il Papa è solo il Vicario, non il successore di Cristo.
Le preoccupazioni per la purezza della fede sono finalmente una questione che interessa tutti i membri della Chiesa, che è una, ed un corpo vivente unico. Nei tempi antichi, prima di affidare a qualcuno l’ufficio di sacerdote o di vescovo, veniva richiesto ai fedeli se potevano garantire che il candidato avesse la giusta fede ed un’alta condotta morale. Il vecchio Pontificale Romano dice: “Il capitano di una nave, così come i passeggeri, hanno uguale motivo di sentirsi al sicuro o in pericolo in un viaggio, e dovrebbero quindi essere unanimi nei loro interesse comune.” Fu il Concilio Vaticano II ad incoraggiare fortemente i fedeli laici a contribuire al vero bene della Chiesa, al rafforzamento della fede. Ritengo che in un’epoca in cui gran parte dei detentori dell’ufficio del Magistero sono negligenti nel loro sacro dovere, lo Spirito Santo chiama oggi, in particolare i fedeli, a intervenire e difendere coraggiosamente la fede cattolica con un autentico «sentire cum ecclesia».
La Tradizione ed i suoi nemici interni
Rorate Cœli: Il Papa è la misura della tradizione o è misurato dalla tradizione? Ed i fedeli cattolici dovrebbero pregare perché venga presto un papa tradizionale?
S.E. Schneider: Certamente il Papa non è la misura della tradizione, ma piuttosto il contrario. Dobbiamo sempre tenere a mente il seguente insegnamento dogmatico del Primo Concilio Vaticano: L’ufficio del successore di Pietro non consiste nel rendere nota qualche nuova dottrina, ma nella salvaguardia e nell’esposizione fedele del deposito di fede trasmesso dagli apostoli (v. la Costituzione dogmatica Pastor æternus, cap. 4)
Nell’adempimento di uno dei suoi compiti più importanti, il Papa deve mirare a che “l’intero gregge di Cristo sia tenuto al riparo dal cibo avvelenato dell’errore” (Primo Concilio Vaticano, ibid.). La seguente espressione che era in uso fin dai primi secoli della Chiesa è una delle espressioni più evidenti dell’ufficio papale, e deve in qualche modo essere una seconda natura di ogni Papa: “Aderire fedelmente alla tradizione ricevuta fin dall’inizio della Fede cristiana” (Primo Concilio Vaticano, ibid.).
Dobbiamo sempre pregare affinché Dio doni alla Sua Chiesa dei Papi con un orientamento tradizionale. Dobbiamo tuttavia ricordare queste parole: “Non spetta a voi conoscere il tempo e l’ordine degli eventi che il Padre ha riservato alla sua scelta” (Atti, 1, 7).
Rorate Cœli: Sappiamo che numerosi vescovi e cardinali, forse la maggioranza, vogliono cambiare il linguaggio dottrinale della Chiesa e la sua consolidata disciplina, col pretesto dell’ “evoluzione della dottrina” e della “compassione pastorale”. Cosa è sbagliato nel loro ragionamento?
S.E. Schneider: Espressioni come “sviluppo della dottrina” e “compassione pastorale” sono infatti in genere dei pretesti per cambiare l’insegnamento di Cristo, contro il suo significato e la sua integrità perenne così come gli Apostoli l’hanno trasmessa a tutta la Chiesa e come è stata fedelmente preservata dai i Padri della Chiesa e dagli insegnamenti dogmatici dei Concili Ecumenici e dei Papi.
Alla fine quei religiosi vogliono un’altra Chiesa, ed anche un’altra religione: una religione naturalistica, adattata allo spirito del tempo. Dei simili chierici sono veri lupi travestiti da agnelli, e flirtano spesso col mondo. Non già pastori coraggiosi, ma vili conigli.
Il ruolo delle donne nella Chiesa
Rorate Cœli: Si sente parlare molto del ruolo delle donne oggi nella Chiesa, del cosiddetto “genio femminile”. Le donne hanno avuto evidentemente un ruolo cruciale della Chiesa fin dall’inizio, cominciando dalla Vergine Maria. Ma Gesù Cristo ha reso chiarissima la Sua posizione, così come hanno fatto i papi pre-conciliari. Vostra Eccellenza considera che l’implicazione delle donne nella liturgia, come nella Messa Novus Ordo oppure come le bambine-chierichette, abbia avuto un ruolo positivo o negativo nella Chiesa durante gli ultimi quattro decenni?
S.E. Schneider: Non vi è dubbio che l’implicazione femminile nei servizi liturgici all’altare (lettura dei Testi, servizio all’altare, distribuzione della Santa Comunione) rappresenti una rottura radicale con l’intera e universale tradizione della Chiesa. Una simile pratica è contraria alla Tradizione apostolica.
Questa pratica ha dato alla liturgia della Santa Messa una forma protestante evidente, un carattere di incontro informale di preghiera o di un evento catechetico. È una pratica del tutto contraria agli intenti dei Padri del Secondo Concilio Vaticano e non se ne trova la minima indicazione nella Costituzione sulla Sacra Liturgia.
La Messa Latina Tradizionale
Rorate Cœli: Vostra Eccellenza è ben nota per celebrare la Messa Latina tradizionale in tanti luoghi del mondo. Quali ritiene siano le lezioni più profonde che ha appreso, come prete e come vescovo, dalla celebrazione della Messa Latina, e che altri preti e vescovi possono sperare di acquisire dicendo essi stessi la Messa tradizionale?
S.E. Schneider: La lezione più profonda che ho appreso dalla celebrazione della forma tradizionale della Messa è che non sono che un povero strumento di un’azione soprannaturale e sommamente sacra, il cui primo celebrante è Gesù Cristo, l’Eterno Sommo Sacerdote. Sento che durante la celebrazione della Messa perdo in qualche modo la mia libertà individuale, poiché le parole e i gesti sono stabiliti fin nei minimi dettagli, e non posso disporne. Sento nel più profondo del cuore che sono solo un servo ed un ministro, che pur volendo liberamente, con fede e amore, compio non la mia volontà ma quella di Un Altro.
Il rito tradizionale e più che millenario della Santa Messa, che nemmeno il Concilio di Trento aveva cambiato, poiché l’Ordo Missae prima e dopo quel Concilio era pressoché identico, proclama ed evangelizza con forza l’Incarnazione e l’Epifania del Dio ineffabilmente santo ed immenso, che nella liturgia del “Dio è con noi,” come “Emanuele”, si fa così piccolo e così vicino a noi. Il rito tradizionale della Messa è di un’alta sapienza e al tempo stesso una potente proclamazione del Vangelo, che compie l’opera della nostra salvezza.
Rorate Cœli: Se ha ragione il Papa Benedetto quando dice che il Rito Romano esiste attualmente (benché in modo paradossale) in due forme piuttosto che in una, perché non avviene ancora che a tutti i seminaristi sia richiesto di studiare ed apprendere la Messa Latina tradizionale, come parte della loro formazione seminariale. Come può un parroco della Chiesa Romana non conoscere entrambe le forme dell’unico rito della sua Chiesa? E come possono tanti cattolici essere ancora privati della Messa tradizionale e dei sacramenti se si tratta di una forma equivalente?
S.E. Schneider: Secondo l’intenzione del Papa Benedetto XVI, e le chiare norme dell’Istruzione “Universae Ecclesiae”, tutti i seminaristi cattolici devono conoscere la forma tradizionale della Messa ed essere capaci di celebrarla. Lo stesso documento afferma che questa forma della Messa è un tesoro per l’intera Chiesa, lo è dunque per tutti i fedeli.
Il Papa Giovanni Paolo II aveva rivolto un appello urgente a tutti i vescovi di accogliere generosamente il desiderio dei fedeli di celebrare la forma tradizionale della Messa. Quando il clero ed i vescovi ostacolano o limitano la celebrazione della Messa tradizionale, essi non obbediscono a ciò che lo Spirito Santo dice alla Chiesa, e si comportano in maniera molto anti-pastorale. Si comportano come se fossero i possessori del tesoro della liturgia, che non appartiene loro, perché ne sono solo gli amministratori.
Negando la celebrazione della Messa tradizionale o facendo ostruzione e discriminazione nei suoi confronti, si comportano come un amministratore infedele ed inaffidabile che tiene la dispensa chiusa a chiave, contrariamente agli ordini del padrone di casa, oppure come una cattiva matrigna che dà ai bambini un cibo scarso.
Questi religiosi temono forse che il grande potere della verità s’irradi dalla celebrazione della Messa tradizionale. Possiamo paragonare la Messa tradizionale ad un leone: Liberatelo e saprà difendersi.
La Russia non è stata esplicitamente consacrata
Rorate Cœli: Vi sono molti Russi Ortodossi dove vive Vostra Eccellenza. Aleksandr di Astana o chiunque altro del Patriarcato di Mosca l’ha forse interrogata sul recente Sinodo o su quello che avviene nella Chiesa sotto Francesco? Se ne interessano fino a questo punto?
S.E. Schneider: I Prelati Ortodossi con i quali ho dei contatti non sono in genere bene informati delle dispute interne alla Chiesa Cattolica, o almeno non mi hanno mai parlato di queste questioni. Anche se non riconoscono il primato giurisdizionale del Papa, vedono tuttavia nel Papa la prima carica gerarchica della Chiesa, dal punto di vista dell’ordine protocollare.
Rorate Cœli: Manca solo un anno dal centesimo anniversario di Fatima. La Russia non è stata, probabilmente, consacrata al Cuore Immacolato di Maria e di sicuro non è stata convertita. La Chiesa, pur sempre senza macchia, è completamente allo sbando, forse peggio che durante l’Eresia Ariana. Le cose sono destinate ancora a peggiorare prima di poter migliorare e come devono prepararsi i cattolici veramente fedeli a quello che deve succedere?
S.E. Schneider: Dobbiamo credere fermamente che la Chiesa non è nostra, e neanche del Papa. La Chiesa è di Cristo e Lui solo la tiene e la conduce anche attraverso i periodi più oscuri di crisi, quale è in effetti la nostra situazione attuale.
È una dimostrazione del carattere divino della Chiesa. La Chiesa è essenzialmente un mistero, un mistero soprannaturale, e non possiamo accostarla come se fosse un partito politico o una società puramente umana. Al tempo stesso, la Chiesa è umana ed al suo livello umano sopporta oggi una passione dolorosa, che la fa partecipare alla Passione di Gesù.
Possiamo pensare che la Chiesa oggi è flagellata come Nostro Signore, è denudata come lo è stato Nostro Signore, alla decima stazione della Croce. La Chiesa, nostra madre, è tenuta legata non solo dai nemici di Gesù ma anche da alcuni suoi collaboratori nelle fila del clero, talvolta anche dell’alto clero.
Noi tutti buoni figli di Madre Chiesa dobbiamo, come soldati valorosi, cercare di liberare questa madre, con le armi spirituali della difesa e della proclamazione della verità, promuovendo la liturgia tradizionale, l’Adorazione Eucaristica, la Crociata del Santo Rosario, la lotta contro il peccato nella nostra vita privata e l’aspirazione alla santità.
Dobbiamo pregare affinché il Papa consacri presto esplicitamente la Russia al Cuore Immacolato di Maria, ed allora Essa vincerà, pregando così come la Chiesa ha pregato fin dai tempi antichi : “Rallegrati, o Vergine Maria, perché da sola hai distrutto tutte le eresie nel mondo intero” (Gaude, Maria Virgo, cunctas haereses sola interemisti in universo mundo).

martedì 2 febbraio 2016

Dov’è il «popolo di Dio» che chiede alla Chiesa di Cristo di concorrere alla restaurazione dei diritti di Dio?


Riportiamo a mo’ di introduzione alla riflessione di Danilio Quinto il commento di un lettore su Chiesa e postconcilio: “Le tecniche sovversive della Rivoluzione comprendono anche quella del carciofo: una foglia dopo l'altra. Gli apologeti del nichilismo, i distruttori della realtà alzano la posta, propongono una tesi ancora più estrema per far accettare il loro obiettivo minimo, per poi ripartire. Utilizzando, per ogni passaggio, quella strategia ben descritta nella "Finestra di Overton".
Il loro obbiettivo è oggi quello di conseguire almeno la legittimazione delle unioni sodomitiche. Se poi passano anche le miserabili "adozioni" di bambini da parte dei sodomiti (quod Deus avertat! Un bambino che cresce in una coppia di pederasti!) e l'abominio degli "uteri in affitto", ancora meglio. E i "moderati" ci cascano (Dio li stramaledica sempre, i "moderati", i "tiepidi", coloro che tra bene e male stanno al centro). Ecco il risultato: i centristi di Area Popolare e UDC, in cambio anche di qualche poltrona, sono ora favorevoli al solito compromesso al ribasso: sì alle unioni omosessuali ma no alle adozioni. Per ora. La Chiesa, o la parte più mediatica di essa, è d'accordo. Ma il sentimento della stragrande maggioranza dei manifestanti al Circo Massimo era ben altro: l'omosessualità è peccato gravissimo, contro natura e che "grida vendetta davanti a Dio", ogni "unione" tra omosessuali è contraria al diritto naturale e a quello dei popoli, e come tale inaccettabile, e no anche, ma non solo, all'adozione e all' "utero in affitto". I "centristi" che hanno fatto passerella tra l'immensa folla erano e sono ipocriti e in mala fede: hanno sfilato sotto una bandiera che avevano già deciso di tradire".
 

 
Dov’e il «popolo di Dio»?

di Danilo Quinto.


Mi dispiace profondamente per le singole persone e per le tante famiglie che con sacrificio si sono recate a Roma per il Family Day, pensando di partecipare ad un momento di Verità. Nutro per loro rispetto e ho ammirato la loro pazienza nel tollerare gli interventi degli organizzatori. Banali, penosi, a volte imbarazzanti. Degni del mentore di quest’evento, Francisco "Kiko" José Gómez Argüello Wirtz, leader carismatico del Cammino Neocatecumenale - l”itinerario di formazione cattolica”, come lo definì Giovanni Paolo II - che la Chiesa di tempi diversi da quelli conciliari si sarebbe guardata bene dall’assecondare, dal proteggere e dall’incensare. Le parole usate avrebbero potuto essere rivolte senza alcun problema anche ai membri delle organizzazioni omosessuali. Anzi, la prossima volta, vi invito a convocare un’unica manifestazione, con i rappresentanti delle organizzazioni LGBTQ. Volete, da cattolici, stare in pace con tutti? Non avete compreso nulla del Cristianesimo.

Si è detto che si è riunito il «popolo di Dio». Una mistificazione, in quest’Italia scristianizzata.

 

Dov’e il «popolo di Dio», se si ritrova con decine e decine di parlamentari cosiddetti cattolici – che al pari dei democristiani di quarant’anni fa, Presidente della Repubblica e Ministri, che firmarono la legge sull’introduzione dell’aborto – sono capaci oggi di partecipare a tutte le Marce e a tutti gli appuntamenti pubblici che ribadiscano la difesa della vita e della famiglia, ma a non usare gli infiniti strumenti, parlamentari ed extraparlamentari, ai quali possono accedere, per impedire che una legge legittimi l'unione omosessuale e il matrimonio omosessuale? Capaci, come molti di loro sono, di consolidare le loro carriere politiche, in stretto rapporto con buona parte della gerarchia ecclesiastica e magari di firmare appelli pubblici perché la Radio di Pannella e Bonino – rappresentanti principali di quell’ideologia dominante e da pensiero unico che sta all’origine del matrimonio omosessuale – riceva dallo Stato 10 milioni di euro all’anno per le sue trasmissioni. Da domani mattina, i parlamentari cattolici – «accolti con calore», come ha detto il portavoce del Family Day – invece di dimettersi, si muoveranno, anche su vostro mandato, oltre che su quello della CEI, per trovare ogni compromesso possibile e per perseguire il male minore, come da sempre hanno fatto.

Dov’e il «popolo di Dio» che fa sentire la sua voce, alta, chiara, netta, con ogni mezzo, contro le empietà che hanno preso corpo e si sono formate nella coscienza collettiva e si sono tradotte in leggi - è inutile elencarle, si conoscono – che intendono «creare» un mondo ad uso e consumo dell’uomo, dove questi può affermare tutte le sue pretese e tutti i suoi desideri di libertà, di fraternità e di uguaglianza, i suoi «diritti», civili o umani, in totale contrapposizione alla morale naturale e, quindi, alla legge di Dio?

Dov’e il «popolo di Dio», che non pretende che gli organizzatori del Family Day affrontino nei loro interventi il centro del problema posto dal ddl Cirinnà: lo sdoganamento definitivo dell’omosessualità e la legalizzazione della sodomia? Così, un cattolico difende i bambini: insegnando loro il bene e il male. Non li difende dicendo che hanno diritto ad avere una mamma e un papà, senza dire una parola sull’obiettivo principale. L’adozione dei bambini e la pratica dell’utero in affitto sono una conseguenza di quest’obiettivo, che si traduce nel riconoscimento delle unioni civili. Perché una legge che riconosca le unioni civili tra persone dello stesso sesso senza prevedere le adozioni sarebbero inevitabilmente corretta dalle sentenze della magistratura. Si è nemici di Cristo se non si dice che la pratica dell’omosessualità è un peccato mortale. La Verità – ce l’ha insegnato Cristo – si deve dire tutta intera, altrimenti non è Verità. E’ una menzogna. Un cattolico non può dire «Non siamo in guerra contro nessuno. Ad ogni persona umana va il rispetto per la sua dignità». Il cattolico è in guerra contro coloro che si comportano da nemici di Dio, contro il peccato nei confronti di Dio. Altrimenti non è cattolico.

Dov’è il «popolo di Dio» che discerne nei confronti di chi dice «chi sono io per giudicare?», perché non si deve giudicare la persona, ma il comportamento peccaminoso lo si deve riconoscere; di chi afferma che la «Chiesa non fa proselitismo», perché Cristo ha detto di ammaestrare tutte le genti, di convertirle ai comandamenti della legge che Egli ha portato a compimento; di chi sostiene «Non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione», avallando quindi l’esistenza di «altre unioni»; di chi non usa le parole «peccato» e «pentimento» e parla di una Misericordia di Dio, che non trova alcuna spiegazione se non è accompagnata, dal punto di vista razionale e della Fede, dalla Giustizia di Dio; di chi proclama che «L'equiparazione in corso tra matrimonio e unioni civili - con l'introduzione di un'alternativa alla famiglia - è stata affrontata all'interno della più ampia preoccupazione per la mutazione culturale che attraversa l'Occidente», perché alla scristianizzazione dell’Occidente una volta cristiano hanno concorso in modo determinante le guide tiepide degli ultimi cinquant’anni; di chi, all’interno della Chiesa, parla di «diritti» delle persone omosessuali; di chi convoca manifestazioni in cui sono presenti pagani e appartenenti ad altre religioni, nemici di Dio (cattolico) in quanto tali e con i quali si possono condividere solo i piani della Felicità Università su questa terra, per poi trovare, alla fine dei tempi, la dannazione eterna.

Dov’è il «popolo di Dio» che si batte con coraggio, senza tiepidezza, anche con virilità, per combattere il Nemico di Dio, che ora sembra abbia guadagnato tutto il campo, perché non ha trovato avversari?

Dov’è il «popolo di Dio» che compie una delle sette opere di Misericordia spirituale: quella di ammonire i peccatori?

Dov’è il «popolo di Dio» che segue l’esempio di Cristo, del Verbo, Uno e Trino, che venendo ad abitare in mezzo agli uomini immersi nel peccato, non ha scelto di essere deriso, oltraggiato, percosso, massacrato e messo in Croce, per dare un messaggio di Felicità terrena e di Pace Universale – come quello che danno le organizzazioni massoniche – ma la certezza che battendosi, su questa Terra, per quella Croce, per la Libertà tutta intera e per la Verità tutta intera, si guadagna la salvezza eterna e non quella terrena, che è cenere e non vale niente?

Dov’è il «popolo di Dio» che non chiede alla Chiesa di Cristo di concorrere alla restaurazione dei diritti di Dio? Una Chiesa che, a partire dal suo interno, fin dalla formazione dei sacerdoti nei seminari e nella Santa Messa, si è riformata con il «novus ordo», che è servito solo per costruire ponti con i protestanti. Cristo è stato considerato al servizio dell’uomo e così la Sua Chiesa. Nelle intenzioni dei suoi «architetti», questo «disegno» relativista e modernista – di chiara origine massonica e diabolica, per il quale in tanti hanno lavorato a lungo – doveva avere una ricaduta sulla totalità della realtà umana. L’ha avuta. Oggi, questo «disegno» corrisponde all’ideologia dominante. Si è fatto «pensiero unico». Se si non si respira il Mistero della Presenza nel Sacrificio incruento della Persona Dogma, si edulcorata la Sua presenza anche dal «centro della scena» pubblica, negando il Suo «ruolo» di «Signore dell’intero Mondo», di Re dell’Universo, di Principio di tutte le cose del Cielo e della Terra.

Dov’è il «popolo di Dio»?

Si formerà quando Dio stesso lo vorrà. Quando spazzerà via tutte le ipocrisie, gli inganni, le mezze verità, le falsità. Quando separerà i buoni dai cattivi. La divisione che viviamo su questa terra – che ha origine dal peccato dei nostri progenitori – è quella tra due amori, come scrive Sant’Agostino nel De Civitate Dei: «Di questi due amori l'uno è puro, l'altro impuro; l'uno sociale, l'altro privato; l'uno sollecito nel servire al bene comune in vista della città celeste, l'altro pronto a subordinare anche il bene comune al proprio potere in vista di una dominazione arrogante; l'uno è sottomesso a Dio, l'altro è nemico di Dio; tranquillo l'uno, turbolento l'altro; pacifico l'uno, l'altro litigioso; amichevole l'uno, l'altro invidioso; l'uno che vuole per il prossimo ciò che vuole per sé, l'altro che vuole sottomettere il prossimo a se stesso; l'uno che governa il prossimo per l'utilità del prossimo, l'altro per il proprio interesse. Questi due amori si manifestarono dapprima tra gli angeli: l'uno nei buoni, l'altro nei cattivi, e segnarono la distinzione tra le due città fondate nel genere umano sotto l'ammirabile ed ineffabile provvidenza di Dio, che governa ed ordina tutto ciò che è creato da lui: e cioè la città dei giusti l'una, la città dei cattivi l'altra. Inoltre, mentre queste due città sono mescolate in un certo senso nel tempo, si svolge la vita presente finché non saranno separate nell'ultimo giudizio: l'una per raggiungere la vita eterna in compagnia con gli angeli buoni sotto il proprio re, l'altra per essere mandata nel fuoco eterno con il suo re in compagnia degli angeli cattivi».

Danilo Quinto - http://daniloquinto.tumblr.com/ 

 

facce blu



 Memorabile conclusione (non letta, e non si sa perché) del discorso di Costanza Mirano al Family Day
 
Ci dicono che siamo in ritardo, che dobbiamo far presto ad approvare questa legge per metterci alla pari. Ma alla pari con chi? Quali sono i paesi che stanno avanti? Quelli che vogliono che a nessun bambino down sia permesso di vivere? Quelli che vogliono l’eutanasia per i bambini malati e i vecchi improduttivi? L’aborto sempre, anche al sesto mese? Quelli stanno avanti nel declino di questa Europa in cui si nasce sempre di meno e ci si suicida sempre di più? Noi siamo l’Italia e fermeremo questa ondata che sta sconfiggendo l’umanità. A noi che fondavamo il diritto quando i barbari ancora si tingevano la faccia, non ce ne importa niente se “ce lo chiede l’Europa”. Ce lo chieda pure, ma noi diciamo no.

Fermiamo questa legge che chiama diritti i desideri, fermiamo questa legge che chiama civili pratiche barbare come l’utero in affitto, fermiamo questa legge che non vuole il vero bene delle persone omosessuali (e tanti sono qui con noi), e metteremo un fronte nel cuore dell’Europa. Fermeremo la sconfitta dell’umanità nella culla della civiltà occidentale.
Costanza Mirano
 
Roma 30 gennaio 2016; un popolo si leva in piedi per dire No alla menzogna e alla dissoluzione

domenica 31 gennaio 2016

Poveri della Tradizione, non borghesi della Tradizione - Editoriale di "Radicati nella fede", Febbraio 2016.


POVERI DELLA TRADIZIONE, 
NON BORGHESI DELLA TRADIZIONE.

Pubblichiamo l'editoriale del numero di Febbraio 2016


POVERI DELLA TRADIZIONE, 
NON BORGHESI DELLA TRADIZIONE
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno IX n° 2 - Febbraio 2016

  Sapete bene quante volte, su questo foglio di collegamento, abbiamo messo in guardia contro i pericoli del modernismo. Quante volte abbiamo reagito contro la maldestra modernizzazione della Chiesa, che sta ormai compiendosi nella più acuta crisi che la Chiesa abbia mai conosciuto nella sua storia.

  Abbiamo reagito, ne sentiamo tutto il dovere; abbiamo detto di “no”; abbiamo detto di non accettare questo stravolgimento della vita cristiana che si amplifica sotto i nostri occhi.

  È bene, però, ricordare che non abbiamo fatto solo questo, e che non abbiamo fatto innanzitutto questo: ci siamo prima preoccupati di assicurare tra noi una vita stabilmente cristiana.

  Sì, perché “essere contro” non equivale a fare il cristianesimo. È un'illusione mortale quella di pensare che essere contro qualcosa equivalga automaticamente a costruirne l'alternativa.

  Sarebbe per noi un gravissimo inganno quello di pensare che basti reagire al modernismo teologico, al pastoralismo ingannevole del post-concilio, alla mania di mettere al passo con le ultime mode del mondo la vita cristiana, per vedere sorgere un Cattolicesimo sano, secondo Tradizione.

  Il père Emmanuel Andrè, di cui tanto riferiamo sul nostro bollettino e che costituisce certamente uno dei più fulgidi esempi sacerdotali nella Chiesa dei tempi moderni, disse ai suoi monaci, difronte al dilagante Naturalismo: “Siate uomini di Dio, siate uomini di reazione”.

  Verissimo! Per essere di Dio, occorre reagire contro il male dilagante. Occorre dire di “no” all'errore che è in te, e al veleno che circola nel mondo.
  Ma non basta dire di no, occorre essere di Dio: “Siate uomini di Dio...”. La reazione, quella sana, nasce solo dall' “essere di Dio”. Occorre preoccuparsi dunque di fare il cristianesimo; l'interesse dev'essere concentrato sul vivere una vita autenticamente cristiana, sul lavorare perché molti abbiano i mezzi e la possibilità di “essere di Dio”.

  Ci sono alcuni, in certo mondo tradizionalista o conservatore, che sono permanentemente in reazione, in perenne accusa, rischiando di esaurire i propri sforzi nello scovare il male attorno a loro.
  E quando reagiscono contro i cristiani ammodernati, sembrano attendere il cattolicesimo vero dai “modernisti” stessi, pretendendo da loro una conversione che forse attenderanno invano.

  No! Occorre fare il cristianesimo, questo attende Dio da noi; per questo ci da la sua grazia.

  Un grande benedettino, il Card. Schuster, difronte alla grave crisi di qualche monastero, consigliava di non perdere tempo nel tentare la sua riforma, ma di fondarne a fianco un altro, dove regnassero l'osservanza della Regola di San Benedetto e uno spirito autenticamente monastico: nel momento più forte della crisi, questi nuovi monasteri osservanti sarebbero stati l'anima della rinascita cristiana e monastica.

  Così anche per noi: occorre impiantare una vita veramente cristiana dove viviamo, attorno alla Messa tradizionale, fonte di inaudite grazie. Occorre fare il cristianesimo senza perdere nemmeno un minuto, là dove sacerdoti di retta intenzione tornano ad assicurare la Tradizione, nei sacramenti e nella dottrina. I preti, almeno quelli che hanno capito, hanno il dovere di garantire la Tradizione, e i fedeli di riconoscerla e di muoversi!

  Ci resta da ricordare però un fatto non secondario: per fare il cristianesimo occorre “dare la vita”.
Dare la vita, è questa l'obbedienza vera che Dio attende da noi.
  Dare la vita, cioè tutto, perché se Dio non può chiederci tutto, vuol dire che per noi non è.

  Questo dare tutto, va vissuto in una coscienza limpida, unita ad una concretezza estrema, operativa.
  L'impiantare il cristianesimo inizia dalla grazia, cioè dall'altare del Signore: è dalla messa cattolica, dal sacrificio di Cristo, che tutto ha vita, dottrina, preghiera, opere, carità, cultura...
  Per assicurare il culto e la vita cattolica, secondo tradizione, occorre dare la vita: siamo disposti a questo, o ci basta essere contro?
  Se, improvvisamente, fosse data piena libertà all'esperienza della Tradizione, se nella Chiesa ci fosse data questa libertà totale, sorgerebbero questi luoghi di grazia intorno all'altare grazie a noi? Oppure, questo miracolo di libertà per la Tradizione ci troverebbe ancora impegnati ad assicurarci le nostre libertà, i nostri umori alterni? Un siffatto miracolo non ci coglierebbe forse preoccupati di garantirci ancora il nostro “tempo libero”, come fa il resto del mondo?

  Solo perché ogni Domenica, e sottolineiamo ogni, ci sia la messa cantata, occorre che molti diano la vita! Il prete che la celebra, l'organista che accompagna il canto, la schola che sostiene la lode del popolo, i fedeli che stabilmente si riferiscono a quella chiesa.

  Vedete, la nuova liturgia, miseramente ridotta, di fatto ha garantito, favorendole, le “libertà” e il disimpegno dei fedeli. Sembra nata per intrattenere e non per fare il cristianesimo.

  Per fare il cristianesimo occorre non essere liberali, ma uomini impegnati con Dio, consegnanti tutto a Dio: solo i poveri, quelli veri, lo capiscono, non i “borghesi” della tradizione.

  Poveri sono quelli che non sperano la salvezza da sé, dal proprio giudizio e azione. Poveri sono quelli che si consegnano a Dio, disposti a dare tutto perché la Chiesa Cattolica continui ad esserci.

  Borghesi sono, invece, quelli impegnati a salvare i propri spazi di libertà. Sono liberali nell'anima; vogliono amare Dio, ma non consegnando tutto: loro si illudono e la Chiesa scompare.

  Che questa Quaresima ci insegni la vera obbedienza al Signore.

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