venerdì 16 gennaio 2015

pace, pace, pace....


Pubblichiamo un brano tratto dagli scritti di Dietrich von Hildebrand, teologo e filosofo cattolico tedesco, definito informalmente da Papa Pio XII: "Il Dottore della Chiesa del ventesimo secolo”

Di continuo si può sentire  il monito: «Conservate la pace!»; la pace tra i Cattolici; la pace coi protestanti.. con gli ebrei… con gli atei .. coi comunisti; la pace tra le Nazioni....

Questo continuo insistere sulla pace, anche nelle prediche e nelle preghiere, dà l’impressione che il male peggiore… sia la mancanza di unione e la guerra. Ma vediamo, sì, delle situazioni belliche, ma, soprattutto, vediamo progressivi passi verso la schiavitù di intere Nazioni, per opera del comunismo; … vediamo una graduale apostasia dalla Rivelazione divina all’interno stesso della Chiesa; una distruzione sistematica della vita cristiana .. e un crescente amoralismo perfino nelle nostre Università cattoliche. Per cui ci domandiamo: l’invocazione alla pace è, forse, un moratorio col demonio ?



Infatti: ai giorni nostri, non sarebbe più urgente e necessario ritornare alla battaglia? Una battaglia, cioè, contro l’errore, contro l’immoralità, contro lo spirito del mondo; una battaglia spirituale contro la mafia che infesta la Chiesa, contro la scolarizzazione e la sua desacralizzazione?

Esiste un “adagio” ben noto: “vox temporis, vox Dei”; ma l’interpretazione che se ne fa, è errata, quando si crede che Iddio ci chiami a conformarci alle tendenze generali di un’epoca, quasi dovessimo adattare la Rivelazione divina alla mentalità di essa.

La vera interpretazione, invece, di questo motto, esige che si riconosca quale sia la situazione autentica in ogni determinata epoca, per essere in grado di scoprire i maggiori pericoli che presenta; invece, c’è chi dichiara che i termini di “anatema”, “eresia “, “scomunica”, appartengono al passato.

Se si pensasse che difendere la Rivelazione contro i falsi profeti fa parte della “raison d’étre” della Chiesa e che la Chiesa può sopravvivere solo condannandole eresie e che il termine “anatema” è stato sancito, fin dai tempi di San Paolo, in tutti i Concili, fino al Vaticano Il, allora sene vedrebbe anche la grave conseguenza di questa unilaterale enfasi data alla parola “pace”, che spinge l’attuale Chiesa verso una specie di moratorio ufficiale con il demonio.

Blaise Pascal ha scritto: «È un delitto attentare alla pace, quando la verità trionfa; ma è un non meno grave delitto mantenere la pace, quando la verità è offesa!».

 Vi è, dunque, un tempo in cui la pace è giusta e c’è un tempo in cui la pace è ingiusta. Sta scritto che vi è il tempo della pace e il tempo della guerra; ed è la legge della verità che distingue l’uno dall’altro. Ma non vi è il tempo della verità e il tempo dell’errore, perché la verità di Dio esisterà in tutti i tempi.

Ecco perché Cristo ha detto che è venuto per dare la pace e, nello stesso tempo, che è venuto per portare la spada. Egli non ha mai detto di dare insieme la verità e l’errore. Il vero senso dell’adagio “vox temporis, vox Dei”,quindi, sta nel comprendere se la verità o l’errore ha il sopravvento; sta nel decidere, in conseguenza, se bisogna mantenere la pace o dichiarare la guerra…

Pace! parola santissima; parola che echeggia continuamente nelle Sacre Scritture. L’ultima implorazione, rivolta all’Agnello di Dio, durante la santa Messa, non è, forse, il «dona nobis pacem?». Sì, ma il dono immacolato della pace non esclude lo stato di guerra, che dobbiamo mantenere per tutto il tempo del nostro esilio terreno.. contro satana.. lo spirito del mondo.. contro i peccati.. l’errore e il male. Questa guerra è, anzi, la premessa per ottenere la vera pace.

Il termine “pace”, quindi, oggigiorno, si usa quasi come slogan: ma è una pace balorda, una pseudopace. Troppe cose vengono dette “pace”, che, in realtà, sono del tutto opposte ad essa.

 C’è un certo tipo di uomini, per esempio, che esigono di essere lasciati in pace. … Per altri, invece, la pace è una maschera eufemistica della loro codardia. …. Infine, la più odiosa perversione del concetto di pace è quella che ha formato lo slogan: non voglio essere tirato in mezzo! Queste parole detestabili rivelano un’assoluta mancanza di carità, un egoistico rinchiudersi in sé, anche contro i doveri, datici da Dio; sono l’epitome dell’irresponsabilità; sono le parole del mercenario che fugge, quando il lupo assalta il gregge.

 Oggi, disgraziatamente, sono molti i sacerdoti e, persino, i Vescovi che adoperano questa parola “pace” in uno dei significati elencati.

Sant’Agostino ha scritto: «Chi è il mercenario che si dà alla fuga, vedendo avvicinarsi il lupo? Guarda: qualcuno ha commesso un peccato, un grave peccato e dovrebbe essere ammonito dalla Chiesa. Ma colui che ricerca sé stesso e non le cose di Gesù Cristo tace e non lo ammonisce. Sei tu che taci, o mercenario, che non ammonisci!.. Il tuo silenzio è la tua fuga: la fuga dell’anima!».

 La perversione peggiore della nozione di pace, è che la pace, nel suo senso più reale e sublime, possa raggiungersi rinunciando a battagliare contro il diavolo, ovunque si manifesti: nell’eresia, nell’immoralità, nella sonnolenza spirituale, nell’indifferenza, nell’apostasia, nel tradimento spirituale: in una parola: nel peccato.

Cito ancora una volta Pascal: «Vi è una mancanza di unione che è un sintomo di infermità e, quindi, un male: ma vi è anche una mancanza di unione che è segno di verità e assume, quindi, il peso di un reale valore».

A non tenerne conto, si commette un fatale errore: elevare l’unità al di sopra della verità, che, in ultima ragione significa: al di sopra di Dio!

 Il porre l’unione al di sopra della verità, perciò, è uno degli errori più gravi nella Chiesa di oggi. Si dimentica che la vera unione, l’unità, non è possibile se non sulle basi della verità.

Per comprenderne ancora meglio i pericoli in cui versa la Chiesa, ripensiamo alle differenti dimensioni dell’autentica pace. Per prima, c’è la pace dell’anima con Dio. L’antitesi assoluta e insormontabile di questa pace con Dio è il peccato e qualsiasi compromesso con il diavolo. La pace con Dio prevede l’obbedienza ai suoi comandamenti, l’imitazione di Cristo, la prontezza nel lasciarsi trasformare da Lui. Ciò richiede anche un abbandono completo in Dio, un arrendersi incondizionato alla Sua Volontà, un totale darsi fiducioso nelle sue mani. “In manibus tuis tempora mea”. “In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum”! Sicché, il mormorare contro Dio, la rivolta, più o meno nascosta, contro la sua Volontà e contro le croci ch’Egli ci impone, sono pure incompatibili con la pace di Dio.
E tale pace con Dio non consiste soltanto nell’assenza di ogni disunione con Dio, ma è pure un bene positivo, un dono ripieno di un’ineffabile dolcezza. San Paolo chiama il Cristo la nostra pace e la nostra riconciliazione, in un senso del tutto positivo, quale sorgente di luce e di gioia santa.”