venerdì 30 maggio 2014

Tornare al Sacrificio per salvare il Sacramento - Editoriale di "Radicati nella fede", Giugno 2014.


TORNARE AL SACRIFICIO 
PER SALVARE IL SACRAMENTO.

Editoriale di "Radicati nella fede"
Giugno 2014




 Giugno è il mese del Corpus Domini. È il mese della grande festa dedicata tutta a Gesù eucaristico. Anche noi, come tutte le parrocchie, ci apprestiamo a celebrarla Domenica 22 Giugno, visto che in Italia il Giovedì della solennità non è più giorno festivo. Lo faremo soprattutto con la processione solenne dopo la Messa cantata, portando per le vie del paese l'Ostia Santa.

 Dovrebbe essere questa la processione più importante dell'anno, perchè in essa non si porta una statua venerata della Beata Vergine Maria o di un santo, non si porta una reliquia, ma Gesù stesso, vivo e vero nel SS. Sacramento;  vivo e vero con il suo Corpo Sangue Anima e Divinità. Questa processione dovrebbe essere solennissima, colma di adorazione e di sacro rispetto per il Signore che passa.

 Sicuramente molti sentiranno affiorare delle decise e malinconiche considerazioni: ormai  nei nostri paesi non è più così, non si riesce a fare più il Corpus Domini di una volta; un tempo sì che tutte le strade erano addobbate, le pareti del percorso tutte coperte dai drappi più belli; e vi ricordate poi gli altari delle soste? Si faceva a gara per farli uno più bello dell'altro! E la gente come si inginocchiava...!

 Sì, non è più così. Oggi, se va bene, quella del Corpus Domini è la processione del piccolo resto dei credenti che adorano ancora la SS. Eucarestia. Per la processione della Madonna forse c'è da sperare in qualche cristiano in più, ma per il Corpus Domini...!
 Sono tutte considerazioni realiste, ma sbaglieremmo se ci fermassimo lamentosamente solo ad esse, senza andare più a fondo.

 Perché si è perso lo spirito di adorazione? Perché l'animo di tantissimi battezzati non riconosce più il Signore che passa nell'Ostia Santa?

 Molti tra i “conservatori” diranno che tutto è stato causato da alcuni fattori: dallo spostamento dei tabernacoli nelle chiese, che dagli altari sono stati relegati in qualche altro angolo; dal non fare più la genuflessione; dal ricevere la comunione in piedi e sulla mano; dalla riduzione se non scomparsa del digiuno eucaristico, ecc...
 Tutto vero, ma non siamo ancora alla causa più profonda, quella vera.

 Tutto ha inizio da una disastrosa riforma del rito della Messa, seguita al Concilio Vaticano II.

 Con la scusa di tradurre nella lingua parlata la Messa, nel 1969 questa fu cambiata radicalmente, praticamente rifatta, epurata da tutti gli espliciti riferimenti al Sacrificio Propiziatorio, e questo per piacere ai Protestanti.
 Di fatto la Messa si trasformava sempre più in una Santa Cena, fatta, praticamente, solo perché preti e fedeli si cibino alle “due mense”, della Parola e del Corpo di Cristo; in una parola, la Messa fatta per fare la Comunione.
 Scomparve così nel vissuto del popolo cristiano il fatto centrale e determinante: il Sacrificio di Cristo in Croce. Per questo Gesù ha istituito l'Eucarestia, perché sia perpetuata la Sua offerta sulla Croce, quella offerta che sola cancella i peccati e placa la giustizia divina. Ogni giorno, nelle chiese del mondo, è necessario che sia offerto il Sacrificio di Cristo, perché il mondo si salvi dall'abisso.

 Ma cosa c’entra tutto questo con la presenza di Gesù nell’Ostia, con l’adorazione, con il Corpus Domini? Semplice, se la Messa non è più intesa come l'oblazione di Cristo sull'altare della Croce, ma solo come pasto sacro, è messa in pericolo anche la presenza stessa di Cristo nell'Eucarestia.

 Un grande autore scriveva:

 Ci sono due grandi realtà nella messa, che sono il sacrificio e il sacramento. Queste due grandi realtà si realizzano nello stesso istante, nel momento in cui il prete pronuncia le parole della consacrazione del pane del vino. Quando ha terminato le parole della consacrazione del prezioso sangue, il sacrificio di Nostro Signore è realizzato e Nostro Signore è in quel momento pure presente, il sacramento di Nostro Signore è anch'esso lì. (...) Questa separazione mistica delle specie del pane e del vino realizza il sacrificio della messa. Dunque, queste due realtà sono realizzate dalle parole della consacrazione. Non si può separarle. Ed è ciò che hanno fatto i protestanti; hanno voluto solamente il sacramento senza il sacrificio. Non hanno né uno né l'altro, né il sacramento né il sacrificio. E questo è il pericolo delle messe nuove. Non si parla più del sacrificio; sembra che si prescinda dal sacrificio. Non si parla più che dell'Eucarestia, si fa una «Eucarestia», come se non vi fosse che un pasto. Si rischia bene di non avervi più né l'uno né l'altro. E' molto pericoloso. Nella misura che il sacrificio scompare il sacramento scompare anch'esso, perché ciò che è stato presentato nel sacramento, è la vittima. Se non c'è più il sacrificio, non c'è più vittima.
 

 “Se non c’è più il Sacrificio, non c’è più la Vittima”: parole pesanti ma logicissime, secondo fede. Senza inoltrarci in delicatissime considerazioni sacramentarie, possiamo tranquillamente dire che almeno nel vissuto dei cristiani si è proprio provocato questo: l’offuscamento del carattere sacrificale della Messa ha fatto perdere la coscienza della presenza sostanziale di Cristo nel Sacramento.

 A MESSA ANTICA corrisponde la sottolineatura e del Sacrificio propiziatorio e della presenza sostanziale di Cristo nell’Ostia Santa.

 A MESSA NUOVA corrisponde la sottolineatura del banchetto eucaristico, della santa comunione e... guarda caso... la quasi scomparsa dello spirito di adorazione.

 Non è proprio un caso: se non c’è più il Sacrificio, non c’è nemmeno più la Vittima, non c’è Gesù presente.

 Ecco perché è sbagliato arginare il disastro liturgico con qualche semplice lavoro di “maquillage”, magari riportando i segni esterni dell'adorazione - incenso, candele, balaustre e inginocchiatoi... grandi adorazioni anche notturne... - senza preoccuparsi di tornare al corretto rito della Messa, alla Messa della Tradizione.

 Sbaglia chi si ferma ai segni esterni, giocando con un sentimento vago della tradizione, facendo leva sulla sola estetica che inganna. La questione è tornare alla chiarezza, tutta cattolica, del Sacrificio Propiziatorio espresso nella Messa, quella giusta.

 Il tornare alla Messa giusta sanerà anche la processione del Corpus Domini, e sanerà prima ancora la vita dei cristiani, chiamati a partecipare al Sacrificio di Cristo con tutte le fibre del proprio essere.



mercoledì 28 maggio 2014

Rosario



Leggo sull’inserto «Salute» del «Corriere della Sera» del 23.1.2005 che nel 2002 la rivista British Medical Journal «pubblicò uno studio secondo il quale il rosario (quello canonico, in latino) recitato ogni giorno regolarizza il battito cardiaco e la pressione nelle persone che soffrono di scompenso cardiaco cronico».

Nello stesso articolo si ricorda che «alcun ricerche, condotte con rigore, hanno dimostrato che, fra i pazienti ricoverati in unità coronarica per un infarto, quelli che pregavano ed erano sostenuti da una fede forte approdavano più velocemente alla convalescenza». Suggestione, placebo? Beh, teniamo presente che «suggestione» e «placebo» tengono oggi il posto che nell’Ottocento era dell’«isteria», che serviva a «spiegare» quel che i medici non sapevano spiegare. Padre Pio, a chi gli faceva presente che forse le sue stimmate erano dovute al suo star sempre concentrato sulle Piaghe di Cristo, rispondeva: «Provate voi, a mettervi in un prato davanti a un toro, e concentratevi per vedere quando vi spuntano le corna». Già: la medicina moderna è nata dal dogma illuministico del «corpo» come «macchina», di cui basta riparare o sostituire il pezzo guasto. Ma l’uomo è fatto di anima e corpo, e le due cose non possono separarsi se non, momentaneamente, con la morte. D’altra parte, quelli che sorridono all’idea del rosario (in latino) che regolarizza polso e pressione sono gli stessi che, magari, recitano incomprensibili mantra facendo yoga per, appunto, rilassarsi e indurre benessere fisico-mentale. In latino? Sì: se le religioni monoteistiche hanno una «lingua sacra» (ebraico antico per gli ebrei, arabo antico per i musulmani), non si vede perché i cristiani non debbano avere la loro. I maghi, per esempio, sanno bene che certe loro operazioni non riescono se non vengono pronunciate le parole giuste, da abracadabra a simsalabim. In ogni caso, basta provare.

 

Rino Camilleri