sabato 5 aprile 2014

Stupidario post-conciliare: cinquant'anni di luoghi comuni


ogni potere, soprattutto, quello ecclesiale, viene da Dio!
 

Le più famose cavolate degli ultimi cinquant’anni

 


 


Chiesa povera

La Chiesa è sempre stata povera, evangelicamente parlando, perché la Chiesa è “distaccata” completamente dalle ricchezze mondane e materiali. Le sue uniche e irrinunciabili ricchezze sono l’Eucarestia e il Rosario. Non a caso, S. Francesco d’Assisi, sposo di “Madonna Povertà”, diceva ai suoi frati: «La povertà si ferma ai piedi dell’altare». La povertà evangelica consiste, infatti, nel completo distacco dai beni terreni, che i cattolici, i laici in modo particolare, devono far risplendere alla luce del Vangelo. I «poveri in spirito» non sono i proletari di stampo marxista, ma coloro – indipendentemente dal fatto che abbiano o no beni in denaro – la cui unica vera ricchezza è Dio.

«La povertà è una disgrazia, non un merito», replicò don Camillo. «Non basta essere poveri per essere giusti. E non è vero che i poveri abbiano solo diritti e i ricchi solo doveri: davanti a Dio tutti gli uomini hanno esclusivamente dei doveri» (Giovannino Guareschi, “Don Camillo e don Chichì”, p. 51).

Chiesa aperta

Aperta a chi? A che cosa? Al mondo? La Chiesa, prima di tutto, è “refugium peccatorum”, perché solamente in Essa c’è salvezza. La missione della Chiesa è convertire il mondo, non adattarsi o, peggio, inchinarsi ad esso. Nella Sposa di Cristo c’è un posto per ogni peccatore che si riconosca tale e che desideri ritrovare l’amicizia perduta con Dio, ma non può esserci l’apertura alle pretese, molto spesso assurde, del mondo. Perché la Chiesa è “nel” mondo, ma non è “del” mondo.

Chiesa che ascolta e che accompagna

Ascolta chi o che cosa? Accompagna chi e dove? La Chiesa è in perenne ascolto del suo Signore, non certamente la lamentele psicologiche di chi non ha niente di meglio da fare che lamentarsi in continuazione. La Chiesa non è un “centro d’ascolto” in cui ognuno va a sfogarsi per un qualsiasi motivo. E poi, accompagnare chi e dove? La Chiesa è Madre e Maestra, deve insegnare la verità di Cristo, solo così si “accompagnano” i peccatori in paradiso, a godere per l’eternità dell’amore di Dio. Altrimenti, se si perde tempo ad ascoltare tutte le giustificazione che noi peccatori troviamo per i nostri peccati – e ne troviamo tante perché il “principe di questo” è un ottimo “avvocato delle cause perse” – andrà a finire che ci accompagneranno direttamente all’inferno!

Nuova Pentecoste

Espressione che mi ha sempre lasciato perplessa. Il sacramento della Confermazione – la nostra Pentecoste personale – può essere ricevuta solamente una volta, perché imprime il carattere. Coloro che hanno preteso dal Cielo una “seconda pentecoste”, volevano fondare un’altra chiesa, una chiesa nuova, fondata secondo i capricci e le voglie della modernità post e anti cristiana. Alla fine che cosa hanno ottenuto? Una seconda Babele, mille volte peggiore della prima. Il cardinale che inventò quest’espressione, il belga Suenens, ha applicato alla lettera, nella sua arcidiocesi, la “seconda pentecoste”. I risultati? La maggior parte dei “preti pedofili” sono stati individuati proprio in Belgio, la stessa tomba del primate Suenens è stata profanata dalla polizia locale, recentemente è stata approvata l’eutanasia infantile – legge firmata dal sovrano belga Filippo, cresciuto alla scuola di Suenens -, già si parla di poligamia, pedofilia, etc… Inoltre, moltissime chiese sono state trasformate in orinatoi pubblici. «La Chiesa non ha bisogno – ha scritto il grande Georges Bernanons – di riformatori, ma di santi».

Errore ed errante

Da sempre la Chiesa ha distinto il peccato – da condannare sempre e comunque – dal peccatore – da amare e da correggere -, ma ormai non si usano più le parole “peccato” e “peccatore”, sono state sostituite da “errore” e “errante”. Qual è la differenza? Il peccato ha una dimensione principalmente verticale – un’offesa prima di tutto fatta a Dio – mentre l’errore viene visto solamente in senso orizzontale. Ormai tutto ogni delitto che grida vendetta al cospetto di Dio è permesso, soprattutto quando è fatto per “amore”, ma guai ad offendere a o mancare di rispetto agli uomini, soprattutto a certe “categorie protette” (sodomiti, immigrati clandestini, divorziati-risposati, etc…). La misericordia verso il peccatore è diventata misericordia verso il peccato, un permesso a peccare senza se e senza ma. Dio ci ha lasciato la libertà di peccare – ricordandoci che il peccato, in realtà, ci rende schiavi – ma non ce ne ha dato il diritto.

Dialogare

Il significato etimologico di questa parola è “far passare il verbo (il logos)”. Discutere, conversare, deve essere un mezzo, non un fine, per far arrivare Cristo – il Logos – ai nostri interlocutori. Il dialogo non può diventare il fine per giungere alla verità – anzi, la Verità possiede la Chiesa -, perché non si rinunciare al Vangelo per cercare di andare d’accordo con tutti. Il Logos si fece carne, non l’Agape.

Le riforme volute dallo Spirito Santo

Con questa espressione, gli artefici delle eterodossie post-conciliari e degli orrendi abusi liturgici giustificano i propri misfatti. Va chiarito che lo Spirito Santo assiste, educa, guida, propone, ma non impone, né violenta. I clericali non sono angeli, possono disobbedire e fare a modo loro. Chi usa lo Spirito Santo per giustificare le proprie cavolate, ha la “sindrome di Donna Prassede”. «Tutto lo studio di donna Prassede era di secondare i voleri del cielo: ma faceva spesso uno sbaglio grosso, che era di prendere per cielo il suo cervello» (Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXV).

tratto da: http://www.papalepapale.com/strega/?p=2274