mercoledì 31 dicembre 2014

La Dottrina non è mai barattabile - Editoriale di "Radicati nella fede", gennaio 2015



LA DOTTRINA
NON E' MAI BARATTABILE

 Pubblichiamo l'Editoriale del numero di Gennaio 2015


LA DOTTRINA NON E' MAI BARATTABILE
Editoriale "Radicati nella fede" - Anno VIII n° 1 - Gennaio 2015

  Finalmente è arrivata. È arrivata come dono natalizio quasi inatteso, tanto la si è aspettata. È arrivata come benefico dono per chi ne vuole approfittare. Che cosa è arrivata, direte voi? ma l'edizione in lingua italiana de “La Riforma Liturgica Anglicana” di Michael Davies!

  In questi anni ne abbiamo dato ampi stralci su questo bollettino e sul nostro blog, ma mancava la pubblicazione completa della traduzione italiana. Ora, grazie a Dio, c'è.

  Questo primo editoriale dell'anno vuole essere semplicemente un sentito invito, perché molti prendano in mano questa bella opera e si immergano nella sua lettura. Lo facciamo con calda decisione, perché per noi fu fondamentale l'incontro con le pagine di Davies. Non possiamo dire che costituirono l'unica motivazione del nostro passaggio al rito antico, ma certamente contribuirono a rischiararne definitivamente le ragioni.

sabato 27 dicembre 2014

Devictus Vincit




Non c’è il Natale idilliaco e – dopo un po’ di tempo – il crudo e sanguinario dramma della Passione e della crocifissione.

Già all’inizio Gesù è “rifiutato” dal mondo (nasce in una grotta, fra escrementi di animali, al freddo) ed è subito braccato dai carnefici di Erode che – per ammazzare lui, il grande Perseguitato della storia – compiono una strage.

Ieri come oggi, duemila anni dopo. La liturgia della Chiesa da secoli commemora santo Stefano, primo martire, proprio il giorno dopo il Natale perché i cristiani sempre sono chiamati a questa testimonianza.

E il potere di questo mondo è sempre contro Gesù.

Ogni volta in modo nuovo, con nuove ideologie, nuova ferocia, nuovi sistemi di annientamento o di corruzione. Ad ogni epoca storica i cristiani devono saper individuare le diverse forme dell’odio e dell’anticristianesimo.

Anche lo strano Natale 2014 va decifrato.

IL MOMENTO CHE VIVIAMO

 E’ in corso una guerra sanguinaria contro i cristiani in due terzi del pianeta: essi sono inermi vittime dell’islamismo, in Medio Oriente e in Africa, del comunismo in Asia e del nazionalismo indù in India.

Migliaia di poveretti indifesi e abbandonati da tutti. Dall’Onu, dall’Europa, dagli Stati Uniti di Obama. E perfino trattati con reticenza dagli attuali vertici vaticani.

Poi c’è una persecuzione più sottile, ideologica, fatta di condizionamenti, di emarginazione e svuotamento dall’interno, che si è scatenata in Occidente, soprattutto dopo il crollo del Muro di Berlino.

La modalità di tale persecuzione fu intuita e spiegata da don Luigi Giussani una ventina di anni fa, agli inizi di questa era.

In un’intervista del 1992 parlò proprio di “persecuzione”. E spiegò profeticamente: “l’ira del mondo oggi non si alza dinanzi alla parola Chiesa, sta quieta anche dinanzi all’idea che uno si definisca cattolico, o dinanzi alla figura del Papa dipinto come autorità morale. Anzi c’è un ossequio formale, addirittura sincero. L’odio si scatena – a mala pena contenuto, ma presto tracimerà – dinanzi a cattolici che si pongono per tali, cattolici che si muovono nella semplicità della Tradizione”.

Il potere mondano non ha obiezioni, anzi applaude un cristianesimo “politically correct”, evirato delle sue abrasive verità, come nella comica parodia che ne fa Roberto Benigni che è perfino uno spettacolo divertente.

C’è una parte del mondo ecclesiastico che si vuole benignizzare per farsi accettare e applaudire dal mondo. Infatti hanno avuto parole di ammirazione (oh se anche noi vescovi sapessimo proporci così), pare che ci sia stata addirittura una telefonata dal Vaticano…

Basta svendere tutte le verità scomode, accantonandole come vecchi precetti da superare, per essere accettati e osannati nelle varie corti mondane (come folkloristici soprammobili).

GESU’ E PIETRO


Se Gesù avesse svuotato così la sua missione, riducendosi a inutile ornamento della mentalità dominante, sarebbe stato applaudito da tutti, avrebbe avuto per sé le copertine entusiaste dei magazine e gli editoriali dei giornali laici, sarebbe diventato un “fenomeno da baraccone” alla corte di Erode Antipa (Lc 23,8-9), con una lunga e comoda vita di successi davanti a sé.

Ma Gesù fece l’opposto. Infatti fu massacrato da giovane, dopo pochi mesi di predicazione.

Perché annunciò la verità tutta intera, non cercò mai l’applauso del mondo, ma sempre e solo la volontà del Padre, venne “per rendere testimonianza alla verità” (lo proclama durante il processo, davanti a Pilato, il simbolo del potere).

Annunciò la verità senza ridurla di uno iota, nemmeno dove più era scomoda, dove più feriva.

E sapeva benissimo, fin dall’inizio, che per questo sarebbe finito sul patibolo. Ma non indietreggiò di un passo, anzi offrì liberamente se stesso agli aguzzini e al boia per testimoniare la verità e l’amore.

All’inizio anche gli apostoli furono tentati di fare i furbi come gli ecclesiastici progressisti di oggi. Lo dimostra l’episodio del Vangelo in cui Gesù avverte i suoi apostoli che sarebbe stato ucciso: “Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: ‘Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai’. Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: ‘Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!’ ” (Mt 16, 21-23).

Questo episodio avviene pochi secondi dopo che Pietro aveva  confessato “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” e Gesù gli aveva risposto conferendogli il primato (Mt 16, 16-19).

Eppure, un minuto dopo questa solenne investitura (come primo papa), Gesù definisce “Satana!” quello stesso Pietro, perché non pensava secondo la logica di Dio (per piacere a Dio), ma secondo la logica degli uomini (per evitare l’ostilità del mondo).

Col tempo Pietro e gli altri apostoli capiranno, si convertiranno e infatti moriranno pressoché tutti come martiri. Ma per i successori degli apostoli, nei secoli, c’è sempre la tentazione di ragionare secondo la logica del mondo anziché secondo Dio.

Per opportunismo, per viltà, per subalternità culturale o inconsistenza spirituale o per furbizia, perché s’illudono di essere più saggi del Signore, talora anche credendo – come Pietro – di rendere così uno zelante servizio a Dio, evitandogli l’odio e l’assedio dei Nemici.

Ma Dio non vince nel mondo attraverso la furbizia di Pietro. Vince attraverso l’obbedienza di Cristo, verità crocifissa e agnello sacrificale: “Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor 1, 25).

Lo dimostra nel Novecento l’immane tragedia del comunismo.


LA RINASCITA

E’ stato il più colossale esperimento sociale di tutti i tempi, quello che ha promesso il paradiso in terra e ha prodotto il più vasto inferno.

L’ateismo non è un aspetto marginale del marxismo, ma il suo centro. La grande sfida prometeica stava tutta qui: sradicare Dio dall’anima umana e dalla terra, e sostituirsi a Lui.

Per questo il comunismo a tutte le latitudini ha fatto un oceano di vittime e in primis i cristiani. Si è tentato di cancellare Cristo dalla faccia della terra sterminando i cristiani. Il sistema comunista ha imposto il dominio totalitario del terrore a metà del pianeta. Avevano tutto il potere. Armati fino ai denti e spietati. Ma alla fine chi ha vinto?

Il grande vescovo József Mindszenty, nella prigione comunista in cui fu rinchiuso, teneva un’immagine di Cristo crocifisso con una piccola scritta: “Devictus Vincit” (sconfitto vince).

In effetti la bandiera rossa dal Cremlino è stata ammainata il 25 dicembre del 1991: il giorno di Natale segna la fine dell’Unione Sovietica. Grazie al grande polacco, Papa Wojtyla, il crollo di questo impero del terrore è avvenuto senza lo spargimento di una goccia di sangue (un grandioso miracolo cristiano).

E coloro – anche dentro la Chiesa – i quali sprezzanti obiettavano a Giovanni Paolo II che all’Est aveva vinto piuttosto l’edonismo occidentale che il Cuore Immacolato di Maria devono assistere oggi all’inspiegabile rinascita cristiana dell’Est europeo.

I dati sono stupefacenti. I russi che si dicono cristiani sono quadruplicati passando dal 17 per cento del 1990 al 68 per cento di oggi. E così in quasi tutti i paesi dell’Est.

Un segno di questa commovente rinascita sono state le recenti immagini dell’arrivo della nostra Samantha Cristoforetti nella stazione spaziale internazionale. Dietro i tre astronauti russi che l’hanno accolta erano visibili alcune icone della Madonna e un crocifisso.

Intanto è stato il patriarca russo Kirill a fare appello al governo pakistano per salvare Asia Bibi ed è stato il governo russo a offrire quest’anno alla chiesa di Parigi, che non aveva i soldi, il grande albero di Natale da innalzare davanti alla cattedrale di Notre Dame. Luce dall’Est.

 
Antonio Socci

 

Da “Libero” 2014  –  Facebook: “Antonio Socci pagina ufficiale”

venerdì 26 dicembre 2014

Benedetto XVI alla Frankfurter Allgemeine


Radiogiornale della  Radio Vaticana  8 dicembre 2014 ore 14:

 
Se avesse avuto le energie che in quel momento non si sentiva avrebbe imposto una sola cosa: essere chiamato “Vater Benedikt”, “Padre Benedetto”. È questo che aveva desiderato per sé il Papa emerito al momento della sua rinuncia e la rivelazione è uno dei passaggi più significativi e di forte risonanza mediatica dell’intervista rilasciata all’edizione domenicale del quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine.
Ero “troppo debole e stanco” in quel frangente, confida Benedetto XVI al giornalista Joerg Bremer, al quale concede di raccontare questo retroscena perché “magari – osserva – può essere d'aiuto”.
Tra i temi toccati dal Papa emerito nella mezz’ora di colloquio c’è anche la rielaborazione, in vista della pubblicazione del quarto volume delle sua Opera omnia, delle conclusioni di un suo saggio del 1972 a proposito della indissolubilità del matrimonio e della possibilità di concedere l’Eucaristia ai risposati. Al giornalista che gli domanda se in questo modo abbia voluto prendere posizione sui temi del recente Sinodo, Benedetto XVI replica: “È una totale assurdità” poiché, nota, la revisione del volume era stata compiuta ben prima del Sinodo.
Benedetto XVI ribadisce poi di mantenere “ottimi contatti” con Francesco: “Cerco di essere il più silenzioso possibile” ma intanto per il credente, osserva, è “chiaro chi è il vero Papa”. Un ultimo pensiero è per il Natale e la Terra Santa, luogo di nascita di Gesù Dio e Uomo: “Questa dimensione terrena – riafferma – è importante per la fede degli uomini”. (A cura di Alessandro De Carolis)

giovedì 25 dicembre 2014

Buon Natale!

UNA LUCE SI E' LEVATA PER I GIUSTI


 
È davvero un grande Mistero quello che contempliamo questa notte, ma un mistero che ci è necessario come ci è necessaria la luce che è brillata a Betlemme con la nascita nel tempo del Figlio di Dio, perché nel grande buio che ci circonda da soli possiamo veder ben poco e “perché se potuto aveste veder tutto, mestier non era parturir Maria” (Purg. Canto III).

martedì 16 dicembre 2014

Veni, veni Emmanuel








VENI VENI EMMANUEL 

Véni, véni, Emmánuël;
Captívum sólve Israël,
Qui gémit in exílio
Privátus Déi Fílio.

Refrain: Gaude, gaude, Emmanuel Nascetur pro te, Israel.

Veni, O Sapientia, Quae hic disponis omnia, Veni, viam prudentiae Ut doceas et gloriae. Refrain

2. Veni, Veni Adonai! Qui populo in Sinai Legem dedisti vertice, In Majestate gloriae. Refrain

3. Veni, O Jesse virgula, Ex hostis tuos ungula, De specu tuos tartari Educ et antro barathri. Refrain

4. Veni, Clavis Davidica, Regna reclude caelica, Fac iter tutum superum, Et claude vias inferum. Refrain

5. Veni, Veni O Oriens! Solare nos adveniens, Noctis depelle nebulas, Dirasque noctis tenebras. Refrain

6. Veni, Veni, Rex gentium, veni, Redemptor omnium, Ut salvas tuos famulos Peccati sibi conscios. Refrain

 

O vieni, O vieni, Emmanuel
a riscattare la prigionia di Israele,
che si addolora nell’esilio solitario,
fino a che il Figlio di Dio non comparirà.

 CORO
Rallegratevi! Rallegratevi! Emmanuel verrà, O Israele.


O vieni, tu, Sapienza dell’Altissimo,
che comanda su tutte le cose;
mostraci la via della prudenza
e insegnaci la via della gloria.  

O vieni, Signore di grande potenza,
che per la tua tribù dall’alto del Sinai,
nei tempi antichi, una volta hai dato la legge
in una nube di maestà e di gloria.

O vieni, tu, Ramo di Jesse,
libera i tuoi figli dalle grinfie di Satana;
salva il tuo popolo dall’abisso dell’inferno
e dacci la vittoria sopra il baratro.

O vieni, tu, chiave di Davide, vieni,
e spalanca la nostra patria celeste;
rendi sicura la via che conduce nei cieli,
e chiudi il percorso per l’inferno

O vieni, tu, Sole che sorgi,
rallegra la nostra anima per la tua venuta;
e allontana le ombre della notte,
disperdi le nuvole e portaci la luce


O veni, Re delle  nazioni,
vieni Redentore impresso
nel cuore di tutti gli uomini;
salva i tuoi figli piangenti e

piagati per i loro peccati
 

lunedì 15 dicembre 2014

intervista a don du Chalard

Su alcune questioni d'attualità
Intervista a don Emanuel Du Chalard
di don Massimo Sbicego

Mi sono permesso di intervistare in questi giorni don Emanuel Du Chalard circa alcuni temi d'attualità: mons. Lefebvre ed il sacerdozio; la crisi degli uomini di Chiesa; i Francescani dell'Immacolata e le relative suore; ma anche sulla missione in Asia e la vita religiosa tradizionale. Vorrei ringraziarlo sin d'ora per la generosità nel rispondermi seppur in viaggio per l'India.

Don Emanuele, Lei è stato uno dei collaboratori più stretti di mons. Lefebvre, sin dall'inizio; personalmente l'ho avuta come predicatore al ritiro sacerdotale di Ecône e ho potuto gustare lo spirito dei nostri statuti. Qual era l'animo di Monsignore verso il sacerdozio, cos'era per il lui il sacerdote?

Prima di tutto, non direi che fui "collaboratore stretto" di Mons. Lefebvre. E’ vero che l’ho conosciuto praticamente fin dall’inizio della fondazione della Fraternità, essendo entrato ad Ecône nel settembre del '70, anno di apertura del seminario. Poi ho avuto contatti regolari con lui visto che, da una parte veniva abbastanza regolarmente a Roma, più volte l’anno, dall’altra era interessato a sapere quello che succedeva a Roma, niente di più.


Parlare di mons. Lefebvre o del sacerdozio è un tutt’uno. Non solo egli era l’esempio della pienezza sacerdotale (che è l’episcopato) ma era anche, come fu scritto, “Doctor” o “Maestro” in sacerdozio. Quante prediche, quante conferenze, quanti ritiri sul sacerdozio! Aveva un vero amore del sacerdozio, come un grande dono di Nostro Signore.

Sappiamo che non poteva parlare del sacerdozio senza parlare della Messa. “Non c’è Messa senza sacerdote, non c’è sacerdote senza Messa” ripeteva volentieri. La S. Messa, essendo la riattualizzazione del sacrificio di Nostro Signore sull’altare, è l’opera della redenzione chi si realizza ogni volta, di nuovo, oggi. E "redenzione" vuole dire salvezza delle anime, salvezza del mondo.

Il nostro fondatore, grande missionario, diceva che la S. Messa e la bella liturgia sono essenzialmente missionarie. La S. Messa è il più grande tesoro della Chiesa, se si perde il suo significato, si perde tutto. Tutto ha cominciato a crollare nella Chiesa quando si è perduto il senso della S. Messa e questo accadde con la riforma liturgica.

Una vera riforma liturgica avrebbe dovuto consistere nel ritrovare il vero significato della Messa e tutta l'infinita ricchezza della Liturgia. Tutto il successo dell’opera di Mons. Lefebvre riposa soprattutto su questo.

"Spesso constatiamo come l'attuale crisi della Chiesa sia in realtà una crisi anzitutto degli "uomini di Chiesa", principalmente dei sacerdoti. Li vediamo a volte smarriti, altre fin troppo "originali", molto spesso banali, quasi appiattiti nel sentire comune, in una parola "mondani". Quali i "punti dolens" dell'attuale crisi del sacerdozio?"

Il motivo principale della crisi del sacerdozio è la perdita dell’identità sacerdotale. Molti sacerdoti non sanno "cosa sono", "perché sono sacerdoti"; è la conseguenza del fatto che non sanno che cosa è la S. Messa.

Se uno conosce un po' il mistero dell’altare, necessariamente capisce la grandezza e l’importanza del sacerdozio. Il Pontificale, quello tradizionale almeno, è molto chiaro nelle monizioni che fa il Vescovo in occasione della cerimonia di ordinazione: il sacerdote è fatto per celebrare la S. Messa per i vivi e i morti.

Mi ricordo che una volta, prima di una riunione di sacerdoti amici, ho chiesto ad un religioso di che cosa avessero bisogno quei sacerdoti, la risposta fu immediata: "spiega loro che cosa è il sacerdozio, perché non lo sanno". Questo mi colpì molto e insieme mi fece comprendere che i sacerdoti, senza loro colpa, sono stati privati di una vera formazione sacerdotale.

Conosce il libro: "Santità e Sacerdozio", scritto a partire dai testi di Mons. Lefebvre, ebbene, fu letto da parecchi sacerdoti e prelati e proprio un prelato, ordinato sacerdote negli anni settanta, mi confidò con grande tristezza: "perché nessuno ci ha mai spiegato queste cose?"

I sacerdoti giovani sono a volte i più imprudenti nella pastorale, sono molto "giovanili" ma senza bussola, a volte; eppure spesso cercano una direzione nella Tradizione. Quali speranze dal giovane clero?

Non sarei troppo severo con il giovane clero che s’interessa alla Tradizione, molti studiano e leggono buoni libri, esercitano il loro ministero in modo non indifferente presso le anime, fanno quello che possono. Altri potrebbero fare molto di più: il lorohandicap non è la mancanza di generosità, ma di formazione. Semplicemente non conoscono tutti mezzi necessari per ottenere il massimo dalle anime.

In seminario gli hanno insegnato che il primo modo di santificazione è buttarsi nell’apostolato, questo si trova anche nel Codice di diritto Canonico dell'83, e per questo manca spesso una vera vita spirituale.

Secondo la Tradizione e tutto il Magistero, il sacerdote è prima di tutto un uomo di preghiera con degli obblighi molto bene espressi nel diritto canonico del 1917; poi viene l’apostolato.

L'apostolato senza la preghiera è un "mulino a vento", molti sforzi e agitazioni ma senza veri frutti. San Pio X nell’Esortazione Apostolica Haerent animo l’ha spiegato molto bene.

Sempre di più, un po' in tutto il mondo, vi sono seminaristi e giovani sacerdoti che si interessano alla Tradizione. Sono convinto che se il Signore suscita e permette questo, è senz’altro per preparare il terreno ad un prossimo ritorno alla Tradizione.

Uno sguardo di speranza si era concentrato attorno alla congregazione dei Francescani dell'Immacolata; spesso sono stati accusati di "cripto-lefebvrismo" eppure le loro posizioni sulla Messa, sul Concilio, sulla situazione della Chiesa sono piuttosto diverse dalle nostre. Che Le sembra?

Più che la questione della S. Messa o del Concilio, sembra che in fondo quello che non è accettato e tollerato della parte della Congregazione dei Religiosi, sia la vita religiosa tradizionale così come fu vissuta per secoli in tutti gli ordini religiosi.

Lo si capisce bene leggendo diverse interviste e scritti dei responsabili della vita religiosa o di quelli che si occupano dell’anno consacrato alla vita religiosa. Per costoro l’unico vero problema sembra essere l’attaccamento e la fedeltà eccesiva ad una forma passata di vita religiosa che impedisce una vera riforma.

Questi novatori non sembrano più preoccupati della santificazione personale, del rispetto dei voti, della vita di preghiera o della mortificazione. che sono i fondamenti di ogni vita religiosa seria.

Tornando ai francescani dell'Immacolata, certamente il fatto di aver apprezzato il motu proprio di Papa Benedetto XVI in favore della S. Messa tradizionale e l'aver pubblicato degli articoli che ridimensionavano l’autorità del Concilio Vaticano II, furono facili pretesti per colpirli.

In fondo quello che non era accettabile era l'esemplarità della loro vita religiosa, la serietà e la fedeltà alla Regola: un rimprovero implicito per gli altri ordini religiosi, soprattutto per i figli di San Francesco.

E’ possibile che ci fossero dei problemi di governo, non lo so, è quello che si dice, ma quale congregazione religiosa è senza difficoltà? Questo è umano: in questi casi l'autorità corregge, non distrugge!

In fondo i Francescani dell’Immacolata sono una specie di "prova del nove", la prova del fallimento delle riforme conciliari: quest'ordine che viveva una reale povertà, una vita di preghiera intensa e una penitenza seria, era l’opposto di quelle riforme che cercavano invece una vita più facile e più aperta al mondo; in più attirava le vocazioni e queste aumentarono quando si manifestò una certa simpatia per la S. Messa tradizionale.

Chi si allontana della Tradizione va verso la sterilità, chi si avvicina alla Tradizione è fecondo. Si giudica l’albero dai frutti, dice Nostro Signore. Ma, piuttosto di vedere in essi un segno della Providenza per uscire da questa crisi della vita religiosa, si è preferito distruggerli, secondo quanto afferma Nostro Signore nel Vangelo, come fecero gli ebrei nel Vecchio Testamento ammazzando i veri profeti che le richiamavano all’ordine.

Chi ha partecipato dall’interno e dal di fuori alla loro distruzione, si è fatto complice di un'opera satanica: è il meno che si possa dire ...

Nonostante questo il commissariamento prima, le epurazioni in seguito, direi la persecuzione, hanno del parossistico in un clima ecclesiale che, ameno superficialmente, è tutto apertura e misericordia. Lei che idea si è fatto in merito?

Non ho seguito da vicino tutto quello che è successo dall’inizio fino ad oggi. Ma è chiaro che la durezza dei provvedimenti e il modo di fare ignorano non solo la carità e la misericordia, ammesso e non concesso che vi fossero dei peccati, ma anche la giustizia e il rispetto delle persone tanto esaltato dal Concilio e dal Codice Canonico del 1983.

Purtroppo questo modo di fare non è l'eccezione da parte della Congregazione dei Religiosi. Vi sono tanti altri casi che, se portati a conoscenza dei fedeli, provocherebbero un vero scandalo e sarebbero occasione di vergogna per questi "uomini di Chiesa" che usano del loro potere contro ogni giustizia.

Per le religiose le indiscrezioni sulla relazione della visitatrice mi hanno personalmente scandalizzato; vi si afferma che "le suore pregano troppo, fanno troppa penitenza, e che le contemplative sono "troppo in clausura", che hanno urgente bisogno di un programma di "rieducazione" secondo i criteri del Vaticano II". Monasteri di rieducazione forzata: è questa la vita religiosa?

Di questo non so direttamente nulla; posso solo dire che da anni ormai non è più apprezzata per il suo giusto valore la vita religiosa, specialmente contemplativa. Molti Vescovi fanno pressione presso le suore di clausura affinché siano "più aperte", ricevano gruppi, scolaresche, gruppi di preghiera, siano all’ascolto dei fedeli etc. …

Da anni, anche prima del Concilio, si è esaltata la vita matrimoniale fino al disprezzo, almeno implicito, della verginità consacrata; in realtà la vita consacrata è superiore al matrimonio.

Per i novatori l’uomo o la donna trovavano la loro vera e totale realizzazione nella vita matrimoniale come se la verginità consacrata o il celibato fossero una mancanza all'essere pienamente uomo o donna. E' assurdo! Con questo si é finito per distruggere non solo la vita consacrata ma anche il matrimonio stesso come è voluto da Dio.

Non sappiamo che cosa ci riserva l’anno della vita religiosa per le contemplative, ma c’è molto da temere. Questi conventi sono i veri fari e parafulmini della Chiesa; distruggerli è precipitare la Chiesa nell’abisso.

Cambiando tema. In questi tre anni abbiamo visto avviarsi il pre-seminario di Albano, bravi giovani si sono avvicinati, verificati, alcuni si sono infine decisi per il seminario. Qualche parola sulla formazione iniziale delle vocazioni.

Benché le vie del Signore siano infinite, la culla naturale delle vocazioni è generalmente la famiglia cattolica, poi l’esempio di veri e santi sacerdoti nella parrocchia. Ha avuto sempre un ruolo determinante anche il servizio liturgico come chierichetto là dove ci si avvicina all’altare con grande rispetto ... la liturgia tradizionale dava il senso del mistero e del sacro. Oggi per molti tutto questo non si trova più.

L’ideale della famiglia cattolica era la famiglia numerosa, sempre considerata come una gloria per la Chiesa. Le famiglie numerose poi sono generalmente fonte di numerose vocazioni. Nella Fraternità non mancano gli esempi in questo senso. Potremmo chiederci peché questa relazione tra famiglia numerosa e vocazioni?

Una famiglia numerosa richiede ai genitori spirito di generosità e di sacrificio, ai figli la capacità di condividere, di rinunciare ... non possono vivere da egoisti, i più grandi poi devono aiutare i più piccoli, quale modo migliore per educare allo spirito di sacrificio e di servizio.

La vocazione è anzitutto una risposta alla chiamata di Dio a sacrificarsi, a lasciare tutto per seguire il Signore. Chi non è abituato a sacrificarsi difficilmente potrà rispondere alla Sua chiamata.

D’altra parte la vita del seminario è una vita regolare e comunitaria. Se uno non vi è abituato, all’inizio può essere molto difficile, quasi impossibile.

Per tutto questo sempre di più nella Fraternità si diffondono i pre-seminari: al fine di verificare e consolidare la vocazione, ma anche per abituare, poco a poco, ad una vita regolare e comune.

Il Signore è insuperabile nel bene, che dire ai ragazzi che pensano alla vocazione?

Come diceva mons. Lefebvre: l’Italia è un paese di vocazioni. Io stesso ne so convinto per tante ragioni. Soprattutto la vocazione è opera del Signore.

Molti di questi ragazzi non vengono della Tradizione. Le vie più varie, li conducono al seminario. Sono veri miracoli di Dio!

La vita sacerdotale è la vita più bella che possa esistere su questa terra e ci può dare piena soddisfazione. Che si può fare di più bello e di più grande che celebrare il Santo Sacrificio ogni giorno e divenire così strumento di salvezza e di santificazione delle anime, attraverso i sacramenti e la predicazione? Certamente nessuno ne è degno, né lo può pretendere ... serve proprio una chiamata di Dio, una chiamata di Nostro Signore.

Guardando alle attuali vicende della Chiesa, al Sinodo Straordinario, alle infelici uscite di qualche Vescovo, dal punto di vista umano a volte rimaniamo perplessi, confusi, amareggiati, il tempo invece ci fa scorgere l'azione della Provvidenza di Dio ...

I quindici giorni del Sinodo sono stati giorni drammatici per la Chiesa. Giorni neri e dolorosi nei quali la Chiesa è stata umiliata agli occhi di tutto il mondo.

Si sono visti successori degli apostoli, non solo mettere in dubbio l’insegnamento di Nostro Signore, ma contraddire esplicitamente il Vangelo. Non si tratta di complesse questioni dottrinali ma di limpida e semplice dottrina che tutti possono capire; certi aspetti riguardavano la legge naturale che si può conoscere e accettare anche con la sola ragione. Di fatto molti, anche non praticanti, sono restati molto perplessi da questo Sinodo.

Dio è al di sopra delle vicende di questo povero mondo e al di sopra anche del tradimento di tanti uomini di Chiesa: nessuno Gli potrà impedire di fare ugualmente il bene alle anime, non solo, Dio potrà trarre dal male il bene.

Il rovescio della medaglia è tuttavia che il Sinodo è stato occasione per alcuni Prelati coraggiosi di alzarsi ed unirsi in difesa della buona Dottrina: questo mi è stato di grande conforto. Questo loro prendere posizione è stato di grande incoraggiamento per molti cattolici che ancora pensano bene e soffrono di fronte a certe deviazioni, anche se non lo manifestano apertamente.

Un altro aspetto molto positivo sta nel constatare che tante brave persone, specialmente giovani, sono alla ricerca della verità e di una autentica vita cristiana.

Più la situazione sembra disperata, più si manifestano queste anime alla ricerca della buona dottrina. La Tradizione è per loro il faro sicuro.

Lei è personalmente coinvolto nella missione in India e questa nostra intervista si conclude per e-mail, stante Lei in loco; com'è l'India, quali speranze per il cattolicesimo nel grande continente indiano?

L’India è immensa, con quasi un miliardo e trecento cento milioni di abitanti. La percentuale dei cattolici è infima, l' 1,5%.

Umanamente nella condizione nella quale si trova oggi la Chiesa, ci sarebbe da disperare; il modernismo, come in quasi tutto il mondo, è presente nel clero e dunque viene a mancare lo zelo missionario.

Ciò fa tanto più pena, in quando l’indiano ha una dimensione religiosa naturale, innata, che facilita molto le conversioni. In più la povertà (che non vuole dire miseria, pure presente) è un vantaggio per la fede. Vediamo nei nostri paesi come le ricchezza e un benessere esagerato non favoriscono la fede ma piuttosto il suo abbandono.

Com'è la vita religiosa delle nostre suore in India, la loro missione, la loro giornata? Che cosa la colpisce di più della loro vita consacrata a Dio e dedita al prossimo?

In mezzo ad un mondo molto pagano, è edificante vedere un opera pienamente cattolica.

Questo orfanotrofio tenuto dalle suore Consolatrici del Sacro Cuore si trova nell’estremo sud dell’India, a dieci minuti dal priorato della nostra Fraternità.

Ci sono tre suore professe, due novizie, una postulante, tre volontarie, cinquanta bambine, dodici donne anziane o handicappate, più il personale per la cucina, le pulizie e per l'allevamento delle cinque vacche e dei vitelli.

In tutto sono un'ottantina di persone completamente a carico delle suore, non solo per il vitto, ma anche per le cure, visto che non esiste l’assistenza sanitaria; c’è da provvedere inoltre per gli studi delle bambine e il mantenimento di tutta la struttura. Non esistono sovvenzioni, l’opera va avanti affidandosi unicamente alla Divina Providenza.

E’ un miracolo permanente, grazie anche alla generosità dei nostri amici, benefattori, lettori on-line.

Ma l'aspetto più edificante è la vita quotidiana delle suore e degli ospiti, fatta non solo di carità ma anche di preghiera, una preghiera alla quale partecipano tutti quelli che sono in casa, in particolare alla S. Messa e S. Rosario quotidiano.

Tanto più edificante se pensiamo che le bambine e le anziane presenti nella struttura non sono necessariamente cattoliche bensì sono accolte dalle suore in funzione dei loro problemi di salute, piuttosto che di disagio morale o sociale. Attualmente diverse delle ospiti sono ancora Indù, ma bisognerebbe vedere come pregano e seguono la S. Messa. Praticamente tutte alla fine giungono a domandare il Battesimo.

La vita delle suore è un esempio per tutti: sono il motore spirituale e materiale della casa.

La ringrazio per le riflessioni che ci ha proposto.
 
 
 

giovedì 4 dicembre 2014

le lacrime di un pastore...«Di una cosa sola siamo felici: non abbiamo abbandonato Cristo e la nostra fede»


 

«Per la prima volta in 1.500 anni non possiamo festeggiare i nostri santi». E il vescovo di Mosul scoppia a piangere                                

Mar Nicodemus Dawod Sharaf ha dichiarato in una intervista:  ...«Di una cosa sola siamo felici: non abbiamo abbandonato Cristo e la nostra fede. Gli jihadisti non sanno che le persecuzioni ci rafforzano»
                      
«Per la prima volta in 1.500 non abbiamo potuto festeggiare la ricorrenza di san Shmuni nella nostra chiesa di Qaraqosh». Non riesce a trattenere le lacrime il vescovo siro-ortodosso di Mosul (Iraq), Mar Nicodemus Dawod Sharaf, mentre spiega in un’intervista che «oggi, 15 ottobre, è una grande festa per la nostra diocesi perché a Qaraqosh da 1.500 anni san Shmuni appare miracolosamente sul muro della chiesa con i suoi figli».
«SONO SENZA DIO». Dopo essere scoppiato a piangere, il vescovo si riprende e continua: «Ci hanno invaso i tatari, i mongoli, gli hulagu ma mai abbiamo smesso di festeggiare san Shmuni. Quest’anno, per la prima volta, siamo costretti a pregare fuori dalle chiese sia a Mosul che nei villaggi vicini». Ricordando la cacciata dei cristiani dalle loro case da parte dei jihadisti dello Stato islamico, continua: «Non c’è più dignità e onore nell’umanità. Davvero questa gente è senza Dio. Ma anche tutti quelli che si appellano ai diritti umani non fanno che mentire: hanno visto cosa accade alla nostra povera popolazione [rifugiata in Kurdistan]. Hanno visto in che stato miserabile viviamo. Abbiamo chiesto loro: aiutateci prima che arrivi l’inverno e cada la pioggia. E non hanno fatto niente per noi».
«SIAMO FELICI DI UNA COSA». Tutti noi, continua Mar Sharaf, «ci chiediamo: perché? Cosa abbiamo fatto di male? Perché tutto questo sta accadendo a noi? Di una cosa sola siamo felici: nonostante tutto quello che ci sta accadendo e tutto quello che ci accadrà ancora in futuro, noi non abbiamo abbandonato il cristianesimo, non stiamo abbandonando Cristo e la nostra fede. E siamo orgogliosi di essere figli di martiri, siamo orgogliosi di sapere che tutto quello che ci sta accadendo, ci sta accadendo perché siamo cristiani. Per noi questo è un onore. Pensano che queste persecuzioni ci faranno abbandonare la nostra fede, ma non sanno che ci rendono ancora più attaccati ad essa». 
 

 

domenica 30 novembre 2014

DALLA CHIESA LASSISTA ALLA CHIESA AGNOSTICA - Editoriale di "Radicati nella fede", Dicembre 2014.



DALLA CHIESA LASSISTA
ALLA CHIESA AGNOSTICA

Editoriale di "Radicati nella fede"
Dicembre 2014



  Un Dio che non chiede più nulla agli uomini è come se non esistesse. Questo è l'esito tragico di una Chiesa post-conciliare, che sposando una visione mondana della misericordia giunge ad un agnosticismo pratico. Sì, perché se è vero che c'è un ateismo pratico, quello di chi vive come se Dio non esistesse, pur non negando in modo esplicito la sua esistenza, c'è pure un agnosticismo pratico, quello di chi parla di un Dio che resta sconosciuto, che non parla con chiarezza agli uomini, da cui l'uomo trae quello che vuole a seconda delle occasioni, un Dio che, in fondo, è qui solo per valorizzarti, senza chiederti molto.

 Sembra essere proprio questa la situazione di gran parte del cattolicesimo odierno, quello vissuto concretamente dalla maggioranza dei battezzati.

 Si predica un Dio puro perdono, un Dio consolatorio, che non chiede la conversione personale, che non chiede di cambiare vita. Un Dio pronto ad accogliere le nuove svolte della società, pronto a dichiarare che le immoralità, se vissute con cuore, in fondo non sono proprio immorali. I dibattiti in margine al recente sinodo hanno dato ampio esempio di questo. Il matrimonio non tiene più nel nostro occidente decadente, affrettiamoci allora a dire che Dio non chiede una indissolubilità assoluta. La gente non si sposa più, affrettiamoci allora a dire che, se nei conviventi c'è amore sincero, in qualche modo si supplisce al sacramento... e di questi discorsi, non riferiti solo al matrimonio, potremmo citarne tanti.

 Alla fine possiamo dire di assistere ad un nuovo parlare di Dio, di un Dio che non chiede nulla agli uomini, di un Dio che non vieta nulla. Ai tempi della contestazione andava per la maggiore il “vietato vietare”: oggi questo slogan alberga nella Chiesa rinnovata, nella Chiesa del post-concilio. “Vietato parlare di un Dio che vieta”, sembra essere questo lo slogan con il quale si riprogrammano i quadri dei cattolici impegnati e soprattutto del clero. Si vuole un clero che accolga, senza richiamare al dovere urgente della conversione. Vietato parlare di castigo, di penitenza, di timor di Dio. La gente ha bisogno di consolazione, si dice, di ritrovare fiducia nella Chiesa, allora per favore non vietate! È l'annoiante ritornello.

 Con un colpo di spugna si cancella tutta la Sacra Scrittura, tutto il Vangelo e tutto l'Antico Testamento. Si parla di un Dio che non ritroveremo nella Rivelazione, di un Gesù preso a prestito dal laicismo massonico, ma che non corrisponde a nessun passo del Vangelo. Un Signore che non indica la strada della vita, chiedendo agli uomini di allontanarsi dal peccato; ma di un Signore che si affretta a valorizzare ciò che gli uomini fanno nelle loro ubriacature di peccato.

 Anche gli sforzi della gerarchia sembrano volti a controllare solo quella parte di Chiesa che si attarda a predicare un Dio a cui spiace il peccato, che castiga il peccato, perché l'uomo possa ravvedersi e tornare ad una vita santa. Il “Vietato parlare di un Dio che vieta” diventa “basta con una Chiesa che vieta”. In effetti c'è ancora qualcosa di vietato nelle nostre parrocchie e nelle nostre chiese?

 C'è da domandarsi cosa pensino fedeli e pastori, quando nelle messe viene proclamata la Parola di Dio, quando si ascoltano i profeti che annunciano i castighi di Dio e invitano alla conversione, quando nei vangeli si parla degli ultimi tempi, del giudizio finale e del ritorno glorioso di Cristo.

 Proprio negli anni in cui si è parlato tanto, nella Chiesa, di dialogo con gli ebrei, si è di fatto censurato tutto l'Antico Testamento. È un Dio moderno quello che sta al centro di troppe chiese, un Dio borghese che benedice le tue scelte emancipate, al passo con i tempi, un Dio che non ti chiede più nulla.

 Ma tutta questa falsità è già castigata. Sì, perché un Dio che non ti chiede più nulla è un Dio che di fatto non esiste. Questo è vero anche nel vissuto delle persone: cosa se ne fa l'uomo di un Dio che gli dà sempre ragione?

 Ci siamo scavati la fossa da soli.
 Il cattolicesimo ammodernato si è scavato la fossa da solo: predicando un Dio che è pura accondiscendenza, si è trasformato in un cattolicesimo agnostico, che pur non negando l'esistenza di Dio, vive staccato da Dio, perché per lui Dio è sconosciuto. Se Dio mi dà sempre ragione, se benedice le mie scelte a priori, se Dio coincide con me e con la mia volontà, Dio scompare dalla mia vita. È la tragedia della Chiesa post-conciliare che diventa agnostica.

 Ecco perché nella Chiesa di oggi si parla tanto della Chiesa stessa e del mondo, e quasi mai di Dio.

 Vivendo il Santo Natale ricordiamoci invece che Dio è venuto nel mondo, si è fatto uomo, ha mostrato il suo volto, ci ha parlato lungo i secoli nell'Antico e nel Nuovo Testamento, ci ha detto e ci ha chiesto, e noi dobbiamo ascoltarlo e obbedirgli.

 E la Chiesa deve essere semplicemente il fedele eco del Signore che parla.

sabato 29 novembre 2014

altri cardinali.... altri tempi?


"Una Chiesa postconciliare la cui vita si allontana sensibilmente dall'evento del cal­vario; una Chiesa che diminuisce le sue esigenze e che non risolve più i problemi secondo la volontà di Dio, ma secondo le possibilità umane; una Chiesa il cui credo è diventato elastico e la morale relativistica; una Chiesa nella nebbia e senza le tavole della legge, una Chiesa che chiude gli occhi davanti al peccato, che teme di essere rimproverata come non moderna"  (cardinal Wyszinski, Primate della Chiesa polacca)

un libro da leggere

 
La danza vuota intorno al vitello d'oro.
Liturgie secolarizzate e diritto
 
 
I contributi raccolti nel volume affrontano sotto varie angolature il tema, assai caro alla teologia di Benedetto XVI, della "tentazione costante nel cammino della fede" di eludere il profondo mistero di Dio, "costruendo un dio comprensibile, corrispondente ai propri schemi e ai propri progetti". Questa deviazione si è verificata pure in campo liturgico: dopo il Vaticano II e s...ino ai nostri giorni vi sono stati non rari abusi, i quali risultano censurabili nella misura in cui si traducono in atti di culto che, secondo il pensiero del Santo Padre, non sono più teocentrici ma piuttosto antropocentrici, vale a dire protesi ad un'auto-esaltazione dell'uomo e delle sue esigenze. È per questo che il recupero, compiuto da Benedetto XVI, della cosiddetta "Messa di San Pio V" ovvero della Forma extraordinaria del rito della Messa potrà svolgere un utile compito, spingendo ad arginare quelle non isolate deviazioni, onde riportare sempre più al centro dell'attenzione il vero Protagonista anche nelle modalità di svolgimento della Messa secondo la Forma ordinaria o "di Paolo VI" e dei riti adottati a seguito delle riforme conciliari. Va ricordato che, secondo la dottrina tradizionale, tutti i riti sono offerti per adorare, propiziare, ringraziare Dio ed impetrare da Lui le grazie necessarie alla salvezza eterna dell'uomo.

mercoledì 26 novembre 2014

altri cardinali e altri sinodi


"Se volete parlare di poveri, qui dentro io solo posso parlare, perchè sono stato 25 anni nella nera miseria in una galera comunista. Ma ai poveri, che hanno già poco pane, volete ancora togliere le espressioni dell'arte, della musica, della bellezza? Anche quello? Non sapete che ne hanno più bisogno di quelli che stanno bene?"(Cardinale Josip Slipyj Patriarca della Chiesa Cattolica Ucraina, discorso al Sinodo dei vescovi del 1971).

martedì 18 novembre 2014

Quando sono scosse le fondamenta...


UNA LUCE NELLA NOTTE
Quando sono scosse le fondamenta, il giusto che cosa può fare? (Sal 12 [11], 3).

Oggi sono proprio le fondamenta della verità cristiana e le esigenze imprescindibili che ne derivano ad essere non solo scosse, ma in via di demolizione. Non sono soltanto questioni – di per sé già gravissime – come l’indissolubilità e la natura stessa del matrimonio ad essere in gioco, ma la distinzione basilare tra grazia e peccato, tra santità ed empietà, tra giustizia e iniquità. Di fronte all’avanzare di questa barbarie intellettuale e alla conseguente barbarie morale, non è soltanto la civiltà cristiana ad essere in pericolo, ma la stessa civiltà umana che ne è il sostrato: Gratia non tollit naturam, sed perficit… Se, infatti, peccati tra i più gravi che esistano sono ammessi come opzioni del tutto lecite, perché altri non dovrebbero esserlo? Se la materia di un atto diventa indifferente per rilevarne l’intrinseca bontà o malizia e, nel secondo caso, riconoscerne la gravità, quale discernimento morale è più possibile?

Quanto sta succedendo – cosa purtroppo ormai più che evidente – è dovuto anche al fatto che una parte della gerarchia cattolica, anche ai più alti livelli, ha tradito Cristo per vendersi al mondo e a chi lo governa, cioè a Satana. In nome di una lotta puramente ideologica e apparente contro l’idolo del denaro, non si fa che incensare l’idolo dell’uomo e della sua riuscita temporale, trasmettendo un’idea di Dio come semplice funzione di essa. Questo, d’altronde, è il risultato diretto delle opinioni eterodosse di quella pseudo-teologia tedesca – che di propriamente teologico non ha più nulla nemmeno nel metodo – che, con il convincente sostegno del fiume di soldi estorti ai fedeli con l’iniqua tassa per il culto (Kirchensteuer) e dirottati verso l’America Latina sotto la voce «Aiuti allo sviluppo», è stata sdoganata in quelle regioni con l’intento di un’esecranda liberación… dalla fede cattolica e dalla sua dottrina morale.

Se ci è ormai insopportabile vivere in questa società regredita nella barbarie (ma in una barbarie tecnocratica ben peggiore di quella antica), è ancor più duro appartenere a questa Chiesa che si è in parte pervertita. È un vero e proprio martirio bianco, un interminabile martirio della coscienza. La Chiesa di Cristo, d’altronde, è una e non la si può abbandonare. Ma questa notte oscura, che pur dura già – nonostante schiarite passeggere – da ben mezzo secolo, sembra non avere fine… «Perché hai abbattuto la sua cinta, così che ogni viandante la vendemmia, la devasta il cinghiale del bosco e se ne pasce l’animale selvatico?» (Sal 80 [79], 13-14). Amando con tutto l’essere il Signore e la sua vigna diletta, possiamo rimanere indifferenti di fronte a tale catastrofica sorte?

In realtà, nonostante sembri dormire a poppa della barca (cf. Mc 4, 38), in questa notte Gesù è presente e all’opera. È Lui stesso che non solo l’ha permessa per distinguere chi Gli appartiene veramente, ma anche la rischiara suscitandovi focolai di speranza: sono tante persone che, singole o associate, resistono con la propria fedeltà, sostenuta dalla Sua grazia, allo sbandamento generale. È così che, grazie a Lui e anche per merito loro, per certi aspetti «la notte è chiara come il giorno» (Sal 139 [138], 12). È anche grazie a questa luce che possiamo continuare ad avanzare sulla linea retta del nostro cammino senza minimamente defletterne e a proclamare la verità senza mai venir meno, nonostante l’odio che essa suscita in chi ha preferito il mondo e le sue menzogne.

Come ci insegna sant’Antonio di Padova nei suoi Sermoni, «la verità genera odio; per questo alcuni, per non incorrere nell’odio degli ascoltatori, velano la bocca con il manto del silenzio. Se predicassero la verità, come la verità stessa esige e la divina Scrittura apertamente impone, essi incorrerebbero nell’odio delle persone mondane, che finirebbero per estrometterli dai loro ambienti. Ma siccome camminano secondo la mentalità dei mondani, temono di scandalizzarli, mentre non si deve mai venir meno alla verità, neppure a costo di scandalo». Noi facciamo semplicemente il nostro dovere di cristiani, fedeli figli della Chiesa cattolica. Abbiamo dunque tutte le ragioni per essere nella pace e nella gioia.

«Una luce si è levata per il giusto, gioia per i retti di cuore. Rallegratevi, giusti, nel Signore, rendete grazie al suo santo nome» (Sal 97 [96], 11-12).

 

Don Giorgio Ghio