sabato 12 ottobre 2013

Consacrare il mondo al Cuore Immacolato di Maria: preghiamo perchè il Papa compia quest'atto coraggioso

 



  
L'importanza di consacrare il mondo
al Cuore Immacolato di Maria

Intervista con padre Carlos Cabecinhas, rettore del santuario di Fatima, sull'atto che compirà Papa Francesco domenica 13 ottobre

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Come è nata questa idea del Pontefice?
Padre Carlos Cabecinhas: L’invito del Papa è un grande onore per il Santuario e speriamo che lo sia anche per i tutti i devoti di Nostra Signora del Rosario di Fátima. Su richiesta prima del Santo Padre Benedetto XVI, ribadito poi da Papa Francesco, portiamo a Roma la statua ufficiale Nostra Signora del Rosario di Fátima, quella che viene venerata nella Capelinha das Aparições (Cappella delle Apparizioni). Sarà la prima volta che la statua non si troverà a Fátima durante un grande pellegrinaggio e anniversario, poiché sempre la celebriamo da maggio a ottobre nei giorni 12 e 13. I pellegrini hanno capito l’importanza dell’invito del Papa, anche perché sarà importante per la diffusione del messaggio di Fátima. I fedeli hanno accolto quindi la notizia del trasferimento con gioia.  Durante i due giorni che la statua della Vergine sarà a Roma, nella Cappella delle Apparizioni verrà collocata la prima Statua Pellegrina di Fátima, quella che fu portata in giro per il mondo in pellegrinaggio nel primo decennio degli anni ’40.
Perché Papa Francesco vuole consacrare il mondo al Cuore Immacolato di Maria? In che modo le ha comunicato questa decisione?
Padre Carlos Cabecinhas: La richiesta si deve al desiderio del Papa di avere a Roma la statua della Madonna di Fátima per la Giornata Mariana dell’Anno della Fede, una statua che è espressione della devozione mariana del mondo cattolico. Al vescovo della diocesi di Leiria-Fátima, António Marto, fu comunicato che al termine dell’Eucaristia del giorno 13 avverrà la consacrazione del mondo da parte di Papa Francesco.
Il Santo Padre aveva già voluto consacrare il suo pontificato a Maria il 13 maggio scorso...
Padre Carlos Cabecinhas: Sì, è vero. Dopo la sua elezione, Papa Francesco ha espresso questa richiesta al cardinale patriarca di Lisbona, José Policarpo, di consacrare il suo nuovo ministero alla Madonna di Fátima. “Papa Francesco mi ha chiesto due volte di consacrare il suo nuovo ministero a Nostra Signora di Fátima. E' un mandato che si può compiere solo nel silenzio della preghiera. Ma sarebbe bello se tutta la Conferenza Episcopale si associasse alla realizzazione di questa richiesta. Maria ci guiderà in tutti i nostri lavori e anche nel portare a compimento questo desiderio del Santo Padre”, disse il cardinale Policarpo. Il momento della consacrazione a cui era invitato “tutto il popolo di Dio” è avvenuto al termine dell’Eucaristia Internazionale del 96° pellegrinaggio, nell’anniversario della prima apparizione di Maria a Fátima, il 13 maggio scorso, nel Santuario.
Che significato ha la consacrazione a Maria?
Padre Carlos Cabecinhas: Consacrare alla Madonna il ministero papale significa affidarsi con fiducia a Lei, affinché lo aiuti, protegga e guidi; affinché Ella sia il suo esempio di consegna a Dio, di attento ascolto della sua Parola, di disponibilità verso la sua volontà, di docilità verso lo Spirito Santo, di preghiera. Papa Francesco, consapevole della difficoltà e delle esigenze della missione affidatagli, sente la necessità dell’aiuto materno di Nostra Signora. Come Papa, lui continua nella Chiesa il ministero di Pietro, come colui che presiede nella carità la comunione delle Chiese. Se Dio è il vero principio e fondamento dell’unità della Chiesa, il Successore di Pietro ha la missione di rendere visibile, attraverso il suo ministero, Dio, principio e fondamento dell’unità della fede e della comunione ecclesiale. E questa sua missione è un vero e proprio “ministero”, cioè un servizio, nella sequela di Gesù, venuto non per essere servito ma per servire. Il Papa è il “Servo dei servi di Dio”, al servizio nella Chiesa per l’unità, la verità e la carità. Questa missione è impossibile da realizzare con le sole proprie forze, ragione per cui Francesco ha chiesto di consacrare alla Vergine il suo ministero.  
La Vergine di Fátima chiese ai tre pastorelli la consacrazione della Russia e del mondo al Suo Cuore Immacolato. Qual era il contesto storico? 
Padre Carlos Cabecinhas: Nostra Signora ha chiesto la consacrazione della Russia e del mondo al Suo Cuore Immacolato, come cammino per ottenere la pace in un mondo dilaniato dalle guerre che ha visto emergere regimi che professavano un ateismo militante e che mirava ad espellere Dio dall’orizzonte dell’umanità.
La consacrazione è già stata fatta in passato? Quante volte e da chi?
Padre Carlos Cabecinhas: Papa Pio XII consacrò varie volte il mondo a Maria, ma è stato Giovanni Paolo II che nel 1984, davanti alla statua di Nostra Signora di Fátima, a Roma, consacrò il mondo e la Russia al Suo Cuore Immacolato, in unione con i vescovi del mondo intero (la cosa è contesta n.d.r). Dopo, la veggente Lucia confermò che l’atto di consacrazione era in consonanza con la richiesta di Nostra Signora.  Nel 2000, durante il Giubileo dei Vescovi, lo stesso Wojtyla consacrò il nuovo millennio a Maria, sempre davanti alla stessa effigie, a Roma. 
Come è cambiato il mondo dopo la consacrazione al Cuore Immacolato di Maria? Dopo l’ultima veglia di preghiera e digiuno per la pace in Siria, convocata da Papa Francesco, è evidente che il panorama mondiale sia diverso…
Padre Carlos Cabecinhas: Il Santo Padre è stato veramente ispirato da Dio nel chiedere questo momento universale di preghiera e di digiuno, per la forza della preghiera in sé e perché ciò ha richiamato l'attenzione in tutto il mondo su questa tragedia umana. Quel sabato ho visto con i miei occhi come l'appello del Santo Padre sia stato accolto fermamente dai pellegrini cristiani in questo Santuario. Tutte le messe e i rosari previsti dal programma ufficiale sono stati destinati alla pace in Siria, in Medio Oriente e nel mondo. Il 'pezzo forte' qui a Fatima è stata però la veglia di preghiera, che si è svolta alla presenza di un vasto gruppo di pellegrini provenienti da diversi paesi, nella Cappella delle Apparizioni, presieduta dal Vescovo di Leiria-Fatima.
La veglia è stata un momento davvero intenso che ci ha fatto sentire uniti al Santo Padre a Roma, ma anche con tutte le persone colpite dal flagello della guerra e con tutti i cristiani del mondo che hanno accolto l'invito di Francesco. La preghiera è un'arma potente dalla "efficienza unica" perché garantita da Dio, ed è l'arma dei poveri e dei pacifici che sanno che la violenza non genera mai pace o armonia. La preghiera è l'unica via per l'unità e la pace . Questa è una delle dimensioni irrinunciabili del messaggio di Fatima: la chiamata costante all'orazione, che ci aiuta ad essere consapevoli del potere e dell'importanza che essa possiede.

venerdì 11 ottobre 2013

s'ode a destra uno squillo di tromba ... a sinistra risponde uno squillo (Friburgo)

A parte il titolo come non condividere quanto scritto dai due giornalisti cattolici?  Un richiamo alla prudenza: la "Pietra" è importante che ci sia, ma si agiti il meno possibile e solo quando strettamente necessario, perché poi altrimenti l'edificio traballa; vabbè che nostro Signore ha promesso che non crollerà ma non approfittiamocene! Il card. Grech ha fatto bene a mettere in guardia e Collegio e futuro eletto dalla pericolosità della situazione potenzialmente esplosiva prodottasi con le dimissioni di papa Benedetto: se un Papa deve essere sempre prudente, in questa situazione deve essere doppiamente prudente, altrimenti non arrivano solo articoli come quello sotto, ma scismi e non solo minori.
 
Questo Papa non ci piace


Quanto sia costata l’imponente esibizione di povertà di cui Papa Francesco è stato protagonista il 4 ottobre ad Assisi non è dato sapere.
Certo che, in tempi in cui va così di moda la semplificazione, viene da dire che la storica giornata abbia avuto ben poco di francescano. Una partitura ben scritta e ben interpretata, se si vuole, ma priva del quid che ha reso unico lo spirito di Francesco, il santo: la sorpresa che spiazza il mondo. Francesco, il Papa, che abbraccia i malati, che si stringe alla folla, che fa la battuta, che parla a braccio, che sale sulla Panda, che molla i cardinali a pranzo con le autorità per andare al desco dei poveri era quanto di più scontato ci si potesse attendere, ed è puntualmente avvenuto.
Naturalmente con gran concorso di stampa cattolica e paracattolica a esaltare l’umiltà del gesto tirando un sospirone di sollievo perché, questa volta, il Papa ha parlato dell’incontro con Cristo. E di quella laica a dire che, adesso sì, la chiesa si mette al passo con i tempi. Tutta roba buona per il titolista di medio calibro che vuole chiudere in fretta il giornale e domani si vedrà.
Non c’è stata neanche la sorpresa del gesto clamoroso. Ma, anche questa, sarebbe stata ben povera cosa, visto quanto Papa Bergoglio ha detto e fatto in solo mezzo anno di pontificato culminato negli ammiccamenti con Eugenio Scalfari e nell’intervista a Civiltà Cattolica.
Gli unici a trovarsi spiazzati, in questo caso, sarebbero stati i “normalisti”, quei cattolici intenti pateticamente a convincere il prossimo, e ancor più pateticamente a convincere se stessi, che nulla è cambiato. E’ tutto normale e, come al solito, è colpa dei giornali che travisano a bella posta il Papa, il quale direbbe solo in modo diverso le stesse verità insegnate dai predecessori.
Per quanto il giornalismo sia il mestiere più antico del mondo, riesce difficile dare credito a questa tesi. “Santità”, chiede per esempio Scalfari nella sua intervista, “esiste una visione del Bene unica? E chi la stabilisce?”. “Ciascuno di noi”, risponde il Papa, “ha una sua visione del Bene e anche del Male. Noi dobbiamo incitarlo a procedere verso quello che lui pensa sia il Bene”. “Lei, Santità”, incalza gesuiticamente Eugenio, al quale non pare vero, “l’aveva già scritto nella lettera che mi indirizzò. La coscienza è autonoma, aveva detto, e ciascuno deve obbedire alla propria coscienza. Penso che quello sia uno dei passaggi più coraggiosi detti da un Papa”. “E qui lo ripeto”, ribadisce il Papa, al quale non pare vero neanche a lui. “Ciascuno ha una sua idea del Bene e del Male e deve scegliere di seguire il Bene e combattere il Male come lui li concepisce. Basterebbe questo per migliorare il mondo”.
A Vaticano II già concluso e a postconcilio più che ben avviato, nel capitolo 32 della “Veritatis splendor”, Giovanni Paolo II scriveva, contestando “alcune correnti del pensiero moderno”, che  “si sono attribuite alla coscienza individuale le prerogative di un’istanza suprema del giudizio morale, che decide categoricamente e infallibilmente del bene e del male (…) tanto che si è giunti a una concezione radicalmente soggettivista del giudizio morale”. Anche il “normalista” più estroso dovrebbe trovare difficile conciliare il Bergoglio 2013 con il Wojtyla 1993.
Al cospetto di tale inversione di rotta, i giornali fanno il loro onesto e scontato lavoro. Riprendono le frasi di Papa Francesco in evidente contrasto con ciò che i papi e la chiesa hanno sempre insegnato e le trasformano in titoli da prima pagina. E allora il “normalista”, che dice sempre e ovunque quello che pensa l’Osservatore Romano, tira in ballo il contesto. Le frasi estrapolate dal benedetto contesto non rispecchierebbero la mens di chi le ha pronunciate. Ma, ed è la storia della chiesa che lo insegna, certe frasi di senso compiuto hanno senso e vanno giudicate a prescindere. Se in una lunga intervista qualcuno sostiene che “Hitler è stato un benefattore dell’umanità”, difficilmente potrà cavarsela davanti al mondo invocando il contesto. Se un Papa dice in un’intervista “io credo in Dio, non in un Dio cattolico” la frittata è fatta a prescindere. Sono duemila anni che la chiesa giudica le affermazioni dottrinali isolandole dal contesto. Nel 1713, Clemente XI pubblica la costituzione “Unigenitus Dei Filius” in cui condanna 101 proposizioni del teologo Pasquier Quesnel. Nel 1864, Pio IX pubblica nel “Sillabo” un elenco di proposizioni erronee. Nel 1907, San Pio X allega alla “Pascendi dominici gregis” 65 frasi incompatibili con il cattolicesimo. E sono solo alcuni esempi per dire che l’errore, quando c’è, si riconosce a occhio nudo. Una ripassatina al “Denzinger” non farebbe male.
Per altro, nel caso delle interviste di Bergoglio, l’analisi del contesto può persino peggiorare le cose. Quando, per esempio, Papa Francesco dice a Scalfari che “il proselitismo è una solenne sciocchezza”, il “normalista” subito spiega che si sta parlando del proselitismo aggressivo delle sette sudamericane. Purtroppo, nell’intervista, Bergoglio dice a Scalfari: “Non voglio convertirla”. Ne scende che, nell’interpretazione autentica, quando si definisce “solenne sciocchezza” il proselitismo, si intende il lavoro fatto dalla chiesa  per convertire le anime al cattolicesimo.
Sarebbe difficile interpretare il concetto altrimenti, alla luce delle nozze tra Vangelo e mondo, che Francesco ha benedetto nell’intervista alla Civiltà Cattolica. “Il Vaticano II”, spiega il Papa, “è stato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea. Ha prodotto un movimento di rinnovamento che semplicemente viene dallo stesso Vangelo. I frutti sono enormi. Basta ricordare la liturgia. Il lavoro della riforma liturgica è stato un servizio al popolo come rilettura del Vangelo a partire da una situazione storica concreta. Sì, ci sono linee di ermeneutica di continuità e di discontinuità, tuttavia una cosa è chiara: la dinamica di lettura del Vangelo attualizzata nell’oggi che è stata propria del Concilio è assolutamente irreversibile”. Proprio così, non più il mondo messo in forma alla luce del Vangelo, ma il Vangelo deformato alla luce del mondo, della cultura contemporanea. E chissà quante volte dovrà avvenire, a ogni torno di mutamento culturale, ogni volta mettendo in mora la rilettura precedente: nient’altro che il concilio permanente teorizzato dal gesuita Carlo Maria Martini.
Su questa scia, si sta alzando sull’orizzonte l’idea di una nuova chiesa, “l’ospedale da campo” evocato nell’intervista a Civiltà Cattolica dove pare che i medici fino a ora non abbiano fatto bene il loro mestiere. “Penso anche alla situazione di una donna che ha avuto alle spalle un matrimonio fallito nel quale ha pure abortito”, dice sempre il Papa. “Poi questa donna si è risposata e adesso è serena con cinque figli. L’aborto le pesa enormemente ed è sinceramente pentita. Vorrebbe andare avanti nella vita cristiana. Che cosa fa il confessore?”. Un discorso costruito sapientemente per essere concluso da una domanda dopo la quale si va capo e si cambia argomento, quasi a sottolineare l’inabilità della chiesa di rispondere. Un passaggio sconcertante se si pensa che la chiesa soddisfa da duemila anni tale quesito con una regola che permette l’assoluzione del peccatore, a patto che sia pentito e si impegni a non rimanere nel peccato. Eppure, soggiogate dalla straripante personalità di Papa Bergoglio, legioni di cattolici si sono bevute la favola di un problema che in realtà non è mai esistito. Tutti lì, con il senso di colpa per duemila anni di presunte soperchierie ai danni dei poveri peccatori, a ringraziare il vescovo venuto dalla fine del mondo, non per aver risolto un problema non c’era, ma per averlo inventato.
L’aspetto inquietante del pensiero sotteso a tali affermazioni è l’idea di un’alternativa insanabile fra rigore dottrinale e misericordia: se c’è uno, non può esservi l’altra. Ma la chiesa, da sempre, insegna e vive esattamente il contrario. Sono la percezione del peccato e il pentimento di averlo commesso, insieme al proposito di evitarlo in futuro, che rendono possibile il perdono di Dio. Gesù salva l’adultera dalla lapidazione, la assolve, ma la congeda dicendo: “Va, e non peccare più”. Non le dice: “Va, e sta tranquilla che la mia chiesa non eserciterà alcuna ingerenza spirituale nella tua vita personale”.
Visto il consenso praticamente unanime nel popolo cattolico e l’innamoramento del mondo, contro il quale però il Vangelo dovrebbe mettere in sospetto, verrebbe da dire che sei mesi di Papa Francesco hanno cambiato un’epoca. In realtà, si assiste al fenomeno di un leader che dice alla folla proprio quello che la folla vuole sentirsi dire. Ma è innegabile che questo viene fatto con grande talento e grande mestiere. La comunicazione con il popolo, che è diventato popolo di Dio dove di fatto non c’è più distinzione tra credenti e non credenti, è solo in piccolissima parte diretta e spontanea.
Persino i bagni di folla in piazza San Pietro, alla Giornata mondiale della gioventù, a Lampedusa o ad Assisi sono filtrati dai mezzi di comunicazione che si incaricano di fornire gli avvenimenti unitamente alla loro interpretazione.
Il fenomeno Francesco non si sottrae alla regola fondamentale del gioco mediatico, ma, anzi, se ne serve quasi a diventarne connaturale. Il meccanismo fu definito con grande efficacia all’inizio degli anni Ottanta da Mario Alighiero Manacorda in un godibile libretto dal godibilissimo titolo “Il linguaggio televisivo. O la folle anadiplosi”. L’anadiplosi è una figura retorica che, come avviene in questa riga, fa iniziare una frase con il termine principale contenuto nella frase precedente. Tale artificio retorico, secondo Manacorda, è divenuto l’essenza del linguaggio mediatico. “Questi modi puramente formali, superflui, inutili e incomprensibili quanto alla sostanza” diceva “inducono l’ascoltatore a seguire la parte formale, cioè la figura retorica, e a dimenticare la parte sostanziale”.
Con il tempo, la comunicazione di massa ha finito per sostituire definitivamente l’aspetto formale a quello sostanziale, l’apparenza alla verità. E lo ha fatto, in particolare, grazie alle figure retoriche della sineddoche e della metonimia, con le quali si rappresenta una parte per tutto. La velocità sempre più vertiginosa dell’informazione impone di trascurare l’insieme e porta a concentrarsi su alcuni particolari scelti con perizia per dare una lettura del fenomeno complessivo. Sempre più spesso, giornali, tv, siti internet, riassumono i grandi eventi in un dettaglio.
Da questo punto di vista, sembra che Papa Francesco sia stato fatto per i mass media e che i mass media siano stati fatti per Papa Francesco. Basta citare il solo esempio dell’uomo vestito di bianco che scende la scaletta dell’aereo portando una sdrucita borsa di cuoio nera: perfetto uso di sineddoche e metonimia insieme. La figura del Papa viene assorbita da quella borsa nera che ne annulla l’immagine sacrale tramandata nei secoli per restituirne una completamente nuova e mondana: il Papa, il nuovo Papa, è tutto in quel particolare che ne esalta la povertà, l’umiltà, la dedizione, il lavoro, la contemporaneità, la quotidianità, la prossimità a quanto di più terreno si possa immaginare.
L’effetto finale di tale processo porta alla collocazione sullo sfondo del concetto impersonale di Papato e la contemporanea salita alla ribalta della persona che lo incarna. L’effetto è tanto più dirompente se si osserva che i destinatari del messaggio recepiscono il significato esattamente opposto: osannano la grande umiltà dell’uomo e pensano che questi porti lustro al Papato.
Per effetto di sineddoche e metonimia, il passo successivo consiste nell’identificare la persona del Papa con il Papato: una parte per il tutto, e Simone ha spodestato Pietro. Questo fenomeno fa sì che Bergoglio, pur esprimendosi formalmente come dottore privato, trasformi di fatto qualsiasi suo gesto e qualsiasi sua parola in un atto di magistero. Se poi si pensa che persino la maggior parte dei cattolici è convinta che quanto dice il Papa sia solo e sempre infallibile, il gioco è fatto. Per quanto si possa protestare che una lettera a Scalfari o un’intervista a chicchessia siano persino meno di un parere da dottore privato, nell’epoca massmediatica, l’effetto che produrranno sarà incommensurabilmente maggiore a qualsiasi pronunciamento solenne. Anzi, più il gesto o il discorso saranno formalmente piccoli e insignificanti, tanto più avranno effetto e saranno considerati come inattaccabili e incriticabili.
Non a caso la simbologia che sorregge questo fenomeno è fatta di povere cose quotidiane. La borsa nera portata in mano sull’aereo è un esempio di scuola. Ma anche quando si parla della croce pettorale, dell’anello, dell’altare, delle suppellettili sacre o dei paramenti, si parla del materiale con cui sono fatte e non più di ciò che rappresentano: la materia informe ha avuto il sopravvento sulla forma. Di fatto, Gesù non si trova più sulla croce che il Papa porta al collo perché la gente viene indotta a contemplare il ferro in cui l’oggetto è stato prodotto. Ancora una volta la parte si mangia il Tutto, che qui va scritto con la “T” maiuscola. E la “carne di Cristo” viene cercata altrove e ciascuno finisce per individuare dove vuole l’olocausto che più gli si confà. In questi giorni a Lampedusa, domani chissà.
E’ l’esito della saggezza del mondo, che san Paolo bandiva come stoltezza e che oggi viene usata per rileggere il Vangelo con gli occhi della tv. Ma già nel 1969, Marshall McLuhan scriveva a Jacques Maritain: “Gli ambienti dell’informazione elettronica, che sono stati completamente eterei, nutrono l’illusione del mondo come sostanza spirituale. Questo è un ragionevole fac simile del Corpo Mistico, un’assordante manifestazione dell’anticristo. Dopo tutto, il principe di questo mondo è un grandissimo ingegnere elettronico”.
Prima o poi ci si dovrà pur risvegliare dal grande sonno massmediatico e tornare a misurarsi con la realtà. E bisognerà anche imparare l’umiltà vera, che consiste nel sottomettersi a Qualcuno di più grande, che si manifesta attraverso leggi immutabili persino dal Vicario di Cristo. E bisognerà ritrovare il coraggio di dire che un cattolico può solo sentirsi smarrito davanti a un dialogo in cui ognuno, in omaggio alla pretesa autonomia della coscienza, venga incitato a proseguire verso una sua personale visione del bene e del male. Perché Cristo non può essere un’opzione tra le tante. Almeno per il suo vicario.
Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro
(Giornalista e studioso di letteratura il primo, canonista e docente di Bioetica il secondo, gli autori sono espressione autorevole del mondo tradizionalista cattolico)

Fonte >  Il Foglio.it





los reyes eran católicos

PRINCIPESSA DI SPAGNA: NO A RELIGIONE PER LE FIGLIE

La monarchia fu cattolica di Spagna. La principessa delle Asturie Letizia Ortiz, l'ex giornalista consorte di Felipe di Borbone, erede al trono di Spagna, ha chiesto al Collegio di Santa María de los Rosales a Madrid, dove le sue  figlie Leonor y Sofía frequentano le scuole elementari, che queste vengano escluse dalle lezioni di religione e da qualsiasi attività formativa cattolica.
 
2 gennaio 1492.: l'emiro di Granada consegna la città ai Re cattolici Isabella e Ferdinando
 

mercoledì 9 ottobre 2013

Rimini, 25-27 otttobre 2013: Convegno di Studi Cattolici,

Grazie alla cortese comunicazione di Marco Bongi pubblichiamo il comunicato stampa ed il programma del Convegno di Studi Cattolici che si svolgerà a Rimini da venerdì 25 a domenica 27 ottobre 2013.
 
 
Quest'anno il convegno di Rimini vuole tornare a tratteggiare i grandi scenari della Chiesa e del mondo, che sembra entrato in una perpetua crisi, economica, militare, religiosa. Ogni riferimento a un ordine oggettivo, dato dal Creatore, viene sistematicamente cancellato, mentre le società e gli individui ricercano in se stessi ii proprio fine, secondo la logica del peccato originate.
Davanti a questo, i rappresentanti della Chiesa sembrano ritirarsi e rinunciare a proporre il Regno del Cristo come l'unico ordine sociale e personale possibile per il mondo redento: il Papato stesso fa appello alla "coscienza" come regola ultima dell'agire, prescindendo dal dovere di adeguarsi all'ordine naturale e a quello della grazia come dati da Dio Creatore e Redentore. E l'apparente vittoria della gnosi, la filosofia anticristica che vuole creare "uomo ultimo", che non ha più Dio per Padre e per fine. Nel nuovo ordine mondiale, che la guerra e il caos organizzato cercano di imporre, ogni uomo si dovrà trovare libero di costruire proprio se senza alcun riferimento esterno: la legislazione omosessualista serve proprio a mettere tale concetto alla portata del volgo. A questo noi contrapponiamo la vera dottrina cattolica e la regalità del Figlio di Dio incarnato, culmine dell'ordine naturale e datore della grazia.
 
Convegno di Studi Cattolici di Rimini  :
 
Dalla rivoluzione al disordine perpetuo: il mondo uscito dal crogiuolo gnostico
 

dedicato a Sant'Ireneo, grande combattente contro la Gnosi. 
Da venerdì 25 a domenica 27 ottobre 2013. 


" Quest’anno il convegno di Rimini vuole tornare a tratteggiare i grandi scenari della Chiesa e del mondo, che sembra entrato in una perpetua crisi, economica, militare, religiosa. 
Ogni riferimento a un ordine oggettivo, dato dal Creatore, viene sistematicamente cancellato, mentre le società e gli individui ricercano in se stessi il proprio fine, secondo la logica del peccato originale. 
Davanti a questo, i rappresentanti della Chiesa sembrano ritirarsi e rinunciare a proporre il Regno del Cristo come l’unico ordine sociale e personale possibile per il mondo redento. 
È l’apparente vittoria della gnosi, la filosofia anticristica che vuole creare l’”uomo ultimo”, che non ha più Dio per Padre e per fine. 
 Ad essa noi contrapponiamo la vera dottrina cattolica e la regalità del Figlio di Dio incarnato". 

Programma 

Venerdì 25 ottobre 

ore 21.00 Stefano Colombo : La massoneria, prodotto della modernità, portatrice e “soluzione” del disordine 

Sabato 26 ottobre 

ore 9.00 saluto ai partecipanti e inizio dei lavori ore 9.30 
Giovanni Turco :  Modernità e naturalismo politico 
ore 10.30 Don Mauro Tranquillo : Dalla Monarchia pontificia al fantasma del Papato. Vecchie eresie per una nuova immagine della Chiesa  
 ore 11.30 Andrea Giacobazzi :  Modernità e mondializzazione Geopolitica del caos 
ore 12.30 pausa pranzo 
ore 15.30 Domenico Savino :  Coito ergo sum: modesta eclissi della “conoscenza chiara e distinta” in coscienza “semplicemente discinta” 
ore 16.30 Matteo D’Amico :  Il primo nemico: l’illusione gnostica.
Durante il convegno l’Avvocato Stefano Gizzi presenterà la mostra San Pio X: storia di un pontificato in immagini, ad apertura delle celebrazioni del centenario del beato transito del Santo Pontefice. 

Conclusione di Don Pierpaolo Maria Petrucci 

Domenica 27 ottobre Festa di Cristo Re 
Ore 10.30 Santa Messa al Priorato Madonna di Loreto

Via Mavoncello 25 - Rimini (frazione Spadarolo)

ore 12.30 Pranzo ufficiale presso il Priorato Madonna di Loreto (offerta libera, iscrizione obbligatoria presso la Segreteria dell’Hotel Carlton) 


*** Sede dei lavori: Hotel Carlton Viale Regina Margherita, 6 (* * *) Marebello di Rimini (RN) 0541.37.23.61 - Fax 0541.37.45.40

martedì 8 ottobre 2013

un commissario per il Santuario dell'Aparecida no vero?

Quando dunque vedrete l’abominio della desolazione,
di cui parlò il profeta Daniele, stare nel luogo santo – chi legge comprenda – … Pregate perché la vostra fuga non accada d’inverno o di sabato.
(Mt. 24, 15-20)
Sull’ala del tempio porrà l’abominio della desolazione e ciò sarà fino alla fine, fino al termine segnato sul devastatore
(Dn. 9, 27)
 
Sotto la statua della “ dea Minerva” portata in processione e intronizzata da due vescovi in Basilica per onorare la Magistratura nel terzo giorno della novena in preparazione della festa della Madonna di Aparecida. U
 
n fedele ha così commentato : “ Ecco la ragione per cui io non vado più al Santuario di Aparecida ( il più frequentato santuario mariano del Brasile ) Vuoi perdere la fede? Vai a Aparecida!”)
 
 
 
e battono pure le mani!!!!!!!!!!!!!
 
e nessuno che abbia gettato a terra quell'idolo immondo!!!!!!!
 
 
 

lunedì 7 ottobre 2013

"In disparte per custodire la fede": omelia di Don Alberto Secci ad Oropa


"Terzo Pellegrinaggio
della Tradizione
alla Madonna di Oropa":
Omelia di don Alberto Secci nella Santa Messa solenne in rito antico.
Santuario di Oropa, sabato 5 ottobre 2013.