venerdì 1 febbraio 2013

"Hanno detto e fatto l'esatto contrario di quello che la Chiesa ha detto e fatto per diciannove secoli... ma... con quale autorità?", Editoriale di “Radicati nella fede”, febbraio 2013 [anno VI, n° 2]



mons. Aurelio Bacciarini
Pubblichiamo
il numero di febbraio 2013
di "Radicati nella fede"

LA TRADIZIONE E' PIU' PASTORALE
DEL CONCILIO

 
Si è così insistito sul Concilio pastorale in questi cinquant'anni, che a molti, nati dopo il Concilio, sarà venuto il dubbio che prima, nel passato, la Chiesa non abbia fatto veramente pastorale. In verità, la dizione “Concilio pastorale” nasconde un cambiamento così profondo che si potrebbe esprimere meglio con la frase “un Concilio per cambiare la pastorale”. Invece di dire “Concilio pastorale”, dovremmo forse dire che dopo il Concilio è cambiata la pastorale della Chiesa così tanto da non riconoscerla quasi più.

Ma certo che si faceva pastorale prima del Concilio Vaticano II, e con che risultati splendidi!: il nostro mondo era diventato tutto cristiano! E nelle terre di missione quante conversioni e che opere! E quante vocazioni! E che famiglie cristiane!

E si parlava con chiarezza e si agiva di conseguenza!

Dopo il Concilio, il Modernismo pratico ha complicato tutto e falsificato tutto: ci si è persi in logorroici discorsi fumosi, con interminabili analisi sulla società moderna, degni dei congressi dei partiti politici, ma non della Sposa di Cristo. E questo deriva dalla reiterpretazione delle verità di fede operata dal modernismo e dal neo-modernismo: si salvano apparentemente le verità del credo, ma le si svuota di contenuto dall'interno, così che non vogliono dire più nulla.

Anni fa sentimmo dire, alla festa dell'Assunta, che la Madonna non era “salita in Cielo” come si intendeva con semplicità una volta, ma era “entrata nella realtà più vera”, “aveva preso coscienza fino in fondo della realtà più vera e che quindi compito dei cristiani era “coscientizzare il mondo sul valore della vita”. Qualche fedele alla fine della messa domandò con semplicità : “...ma per voi c'è ancora il Cielo?” Qualcun altro brontolò: “Speriamo che il prossimo anno si faccia davvero la festa dell'Assunta!”.

E' proprio così: questa terribile predicazione che vuole rendere interessanti i dogmi alla modernità, ha prodotto lo scandalo, la perdita della fede e in ultimo una noia mortale.

Il cristianesimo, quello vero, che accoglie con intelligente ubbidienza la verità rivelata da Dio e trasmessa dalla Santa Chiesa, quello che non vuole rendere alla moda i dogmi, ha prodotto invece una predicazione e una cura d'anime sommamente efficace, che non ha bisogno di adattarsi ai tempi, perché converte i tempi. È tutto un apostolato che parla di verità eterne, di quelle verità che l'uomo di tutti i tempi cerca assetato. È un apostolato che non invecchia perché nasce dalla fede e si nutre della grazia soprannaturale. È un apostolato in cui si permette a Dio di agire nelle anime.

Ci siamo imbattuti in un bella predica di un santo vescovo, mons. Aurelio Bacciarini di Lugano. Una delle tante prediche fatte da questo instancabile Pastore, in visita pastorale in una delle tante parrocchie della sua diocesi.

La predicazione di questo santo vescovo era eminentemente pratica: “Più volte, predicando, come adesso predico, all'ingresso della Visita, mi è capitato di vedere alla porta della chiesa gruppi di uomini che si affacciavano a sentire; poi appena io accennavo alla confessione ed alla comunione, li vedevo ritirarsi uno dopo l'altro e sparire. Certamente quegli uomini ragionavano così: “Ma come? Noi pensavamo di venire a sentire un discorso speciale e solenne, un discorso da Vescovo, ed ecco che viene a dirci la più vecchia e più comune cosa: viene a dirci di andare a confessarci ed a comunicarci! Se è così, tant'è che ritorniamo a casa nostra perfettamente delusi!”

“Miei cari: se io non dovessi morire, e se anche voi non doveste morire, e se né io né voi non avessimo un'anima da salvare, e se non esistesse né un paradiso da conquistare, né un inferno da evitare; allora, sì, invece di esortarvi alla Confessione e alla Comunione vi terrei ben altro discorso, che meglio accarezzi l'orecchio, e meglio soddisfi la umana curiosità. Anzi, allora, sapete che farei? Me ne starei tranquillamente nella residenza vescovile e non mi darei neppure la pena di pellegrinare di parrocchia in parrocchia, e lascerei che ognuno viva a proprio talento.

“Ma invece, miei cari: ho il dovere di salvare l'anima mia non solo, ma anche le anime vostre. Guai a me, se al tribunale di Dio non potrò dire di aver fatto tutto per condurre a salvezza le anime di tutti voi! Per conseguenza io devo, anzitutto, indicare al mio popolo le vie della salvezza che sono i Sacramenti di Dio: la Confessione, la S. Comunione.”

Forse che questa non era pastorale? Anzi, questa è la sola vera, perché parte dalla questione della salvezza delle anime.

Non lasciamoci ingannare: chi pensa che la Chiesa abbia iniziato a fare pastorale con il Concilio, ha voluto in verità cambiare la pastorale cattolica, perché fosse adatta alle nuove ereticali idee che hanno invaso la Chiesa. Non hanno più ricordato le verità eterne agli uomini... e non hanno più insegnato la via della grazia e dei sacramenti.

Hanno iniziato la rivoluzione dicendo che la pastorale non era fatta per salvare le anime, perché quelle le salva Dio, anzi sono già salvate! Hanno detto e fatto l'esatto contrario di quello che la Chiesa ha detto e fatto per diciannove secoli... ma... con quale autorità?

E il mondo e la Chiesa si sono intristiti, perché invasi dalle sciocchezze degli uomini.

Ma di tutto questo la Chiesa e il mondo sono ormai stanchi.
 

mercoledì 30 gennaio 2013

l'Italia s'è desta

la speranza divampa



 

 
METTIAMO FINE AL SACCHEGGIO DELL'ITALIA.
 
Commissione d'inchiesta per il Monte dei Paschi di Siena

Nel 1995 viene privatizzato il Monte dei Paschi di Siena, chi comanda è la Fondazione MPS (55%) attraverso i rappresentanti del Comune, presenti con membri quasi tutti di area pd, che dal dopoguerra governa la città (8 nominati dal Comune, 5 dalla Provincia, uno da Regione, Unisi e Diocesi). La Fondazione vive solo di dividendi e le sue quote sono vendute nel tempo a vari personaggi come Caltagirone e Gnutti. Per remunerare gli azionisti MPS comincia a vendere le sue proprietà, tra cui le partecipazioni bancarie (San Paolo,Generali), intere banche come la Cassa di Risparmio di Prato e gli immobili (tenuta di Fontanafredda, palazzi Monte Mario a Roma) che remunerano i nuovi azionisti ma sono in realtà frutto del risparmio di secoli dei senesi. MPS viene spolpata. La sinistra ha compiuto la sua missione di consegnare una banca pubblica che funzionava dal 1500 alla Borsa e alla speculazione. Il valore di MPS prima della privatizzazione era di circa 20miliardi di euro, oggi ne vale meno di 2 e ogni giorno il suo titolo diminuisce.
Oggi 10.000 dipendenti rischiano il posto di lavoro. La giunta comunale Ceccuzzi è caduta. La Fondazione non ha più la maggioranza delle azioni (ha dovuto venderle) e si prospetta la nazionalizzazione e il licenziamento di forse 10.000 persone.
Storia di un saccheggio
- Banco Santander compra Antonveneta per 6, 6 miliardi di euro
- Banco Santander si accorge di aver fatto un pessimo affare, scorpora Interbanca da Antonveneta, valutata 1,6 miliardi, e cerca un compratore, il valore della banca reale è di circa 3 miliardi
- Monte dei Paschi compra Antoveneta per 10,3 miliardi pochi mesi dopo
- MPS si accolla anche il passivo di Antoveneta per 7,9 miliardi
- MPS valeva all’epoca 9 miliardi e compra Antoveneta che ha metà dei suoi sportelli (1.000 contro 2.000) per una cifra, 10,3 miliardi, superiore allo stesso valore di MPS
- MPS non ha 10,3 miliardi, quindi si indebita, il titolo crolla
- Per questa operazione il presidente di MPS Mussari (ex presidente anche della Fondazione MPS) viene premiato con la presidenza dell’ABI senza che nessun partito o organo di vigilanza si opponga
- La procura della Repubblica di Siena apre un’inchiesta sull’enorme minusvalenza dell’operazione Antonveneta. Pari circa a circa 14 miliardi di euro, 28.000 miliardi delle vecchie lire, una finanziaria, uno scandalo che rischia di far impallidire la Parmalat
- La Fondazione MPS, azionista di maggioranza di MPS, indica all'assemblea dei soci della banca la nomina di Alessandro Profumo alla carica di presidente. Profumo ex ad di Unicredit è rinviato a giudizio al tribunale di Milano con l'accusa di frode fiscale
- Profumo punta subito sulla riduzione del personale pari a 4.300 senza avviare una causa come MPS contro i responsabili del disastro
- La Fondazione deve vendere parte della sua proprietà azionaria di MPS e passa dal 55% al 35%
- Per evitare il fallimento di MPS Monti eroga un prestito di 3,9 miliardi, cifra equivalente alla Imu sulla prima casa
- Grillo parla di "buco" di 14 miliardi all'assemblea degli azionisti del 25 gennaio 2013, il buco a cui si riferisce era la sottrazione di valore attraverso le operazioni legate ad Antonveneta
- Lunedì 28 gennaio 2013 i pm che indagano sull'affare Antonveneta scoprono bonifici internazionali per 17 miliardi
- Subito dopo emergono somme rilevanti che sarebbero rientrate in Italia con lo Scudo Fiscale voluto dal Pdl e approvato grazie all'assenza in aula di molti deputati del pdmenoelle
Di fronte a questo colossale furto ai danni degli italiani, il cui conteggio finale non è forse ancora concluso, chiedo:
- la verifica dei patrimoni dei segretari del pd e di tutti i nominati nella fondazione MPS dal comune di Siena, della Provincia di Siena, della Regione Toscana dal 1995
- la pubblicazione dei nomi di tutti coloro che hanno goduto dello Scudo Fiscale con l'ammontare degli importi rientrati in Italia
- le dimissioni immediate di Bersani da segretario del pd
Il M5S chiederà l'istituzione di una commissione d'inchiesta su MPS al suo ingresso in Parlamento.

MPS fa impallidire non solo Parmalat, ma anche il fallimento del Banco Ambrosiano, dietro a questo colossale saccheggio, come avvenne allora, ci può essere di tutto. Craxi, in confronto, rubava le caramelle ai bambini
 

lunedì 28 gennaio 2013

Dal Diario di Don Divo Barsotti

 
Chiesa problemi del Magistero - 26 Gennaio 1989

 

La Chiesa da decenni parla di pace e non la può assicurare, non parla più dell'inferno e l'umanità vi affonda senza gorgoglio. Non si parla del peccato, non si denuncia l'errore.
A che cosa si riduce il magistero? Mai la Chiesa ha parlato tanto come in questi ultimi anni, mai la sua parola è stata così priva di efficacia.
« Nel mio nome scacceranno i demoni ... ». Com'è possibile scacciarli se non si crede più alla loro presenza? E i demoni hanno invaso la terra.
La televisione, la droga, l'aborto, la menzogna e soprattutto la negazione di Dio: le tenebre sono discese sopra la terra.
Leggo la vita di Cechov. Era un agnostico, ma il suo amore per gli uomini, la sua semplicità ci conquistano. Mi domando come mai queste biografie che certo non sono di santi, mi prendono tanto.
Non vuole essere un eroe, non è un filosofo, sdegna di affrontare i grandi problemi, è conciliante, crede ingenuamente nel progresso.
Contestazione dei teologi al Papa.
Forse la crisi non sarà superata finché, in vera umiltà, i vescovi non vorranno riconoscere la presunzione che li ha ispirati e guidati in questi ultimi decenni e soprattutto nel Concilio e nel dopo-Concilio.
Essi, certo, rimangono i «doctores fidei» , ma proprio questo è il loro peccato: non hanno voluto definire la verità, non hanno voluto condannare l'errore e hanno preteso di «rinnovare» la Chiesa quasi che il «loro» Concilio potesse essere il nuovo fondamento di tutto.
 
Dal volume "Fissi gli occhi nel sole" Ed. Messaggero Padova

 

 

tratto da L'Eco dell'Eremo Santuario B.V del Soccorso Minucciano (Lu) n.62 Dicembre 2012

domenica 27 gennaio 2013

un Papa contro l’internazionalismo bancario

La chiarezza esemplare di queste parole è straordinaria. Questa sì è modernità, nel senso migliore del termine!


Contro la finanza, le parole di Papa Pio XI 

«In primo luogo ciò che ferisce gli occhi è che ai nostri tempi non vi è solo concentrazione della ricchezza, ma l’accumularsi altresì di una potenza enorme, di una dispotica padronanza dell’economia in mano di pochi, e questi sovente neppure proprietari, ma solo depositari e amministratori del capitale, di cui essi però dispongono a loro grado e piacimento.

Questo potere diviene più che mai dispotico in quelli che, tenendo in pugno il danaro, la fanno da padroni; onde sono in qualche modo i distributori del sangue stesso, di cui vive l’organismo economico, e hanno in mano, per così dire, l’anima dell’economia, sicché nessuno, contro la loro volontà, potrebbe nemmeno respirare.

Una tale concentrazione di forze e di potere, che è quasi la nota specifica della economia contemporanea, è il frutto naturale di quella sfrenata libertà di concorrenza che lascia sopravvivere solo i più forti, cioè, spesso i più violenti nella lotta e i meno curanti della coscienza.

A sua volta poi la concentrazione stessa di ricchezze e di potenza genera tre specie di lotta per il predominio: dapprima si combatte per la prevalenza economica; di poi si contrasta accanitamente per il predominio sul potere politico, per valersi delle sue forze e della sua influenza nelle competizioni economiche; infine si lotta tra gli stessi Stati, o perché le nazioni adoperano le loro forze e la potenza politica a promuovere i vantaggi economici dei propri cittadini, o perché applicano il potere e le forze economiche a troncare le questioni politiche sorte fra le nazioni.

Funeste conseguenze

Ultime conseguenze dello spirito individualistico nella vita economica sono poi quelle che voi stessi, venerabili Fratelli e diletti Figli, vedete e deplorate; la libera concorrenza cioè si è da se stessa distrutta; alla libertà del mercato è sottentrata la egemonia economica; alla bramosia del lucro è seguita la sfrenata cupidigia del predominio; e tutta l’economia è così divenuta orribilmente dura, inesorabile, crudele.

A ciò si aggiungono i danni gravissimi che sgorgano dalla deplorevole confusione delle ingerenze e servizi propri dell’autorità pubblica con quelli della economia stessa: quale, per citarne uno solo tra i più importanti, l’abbassarsi della dignità dello Stato, che si fa servo e docile strumento delle passioni e ambizione umane, mentre dovrebbe assidersi quale sovrano e arbitro delle cose, libero da ogni passione di partito e intento al solo bene comune e alla giustizia.

Nell’ordine poi delle relazioni internazionali, da una stessa fonte sgorgò una doppia corrente: da una parte, il nazionalismo o anche l’imperialismo economico; dall’altra non meno funesto ed esecrabile, l’internazionalismo bancario o imperialismo internazionale del denaro, per cui la patria è dove si sta bene». 

Pio XI, Quadragesimo Anno, 105-109, enciclica emanata il 14 maggio 1931, in piena Grande Depressione