sabato 14 luglio 2012

Comunicato della Casa Generalizia della Fraternità Sacerdotale San Pio X

(La traduzione è nostra)



Il Capitolo Generale della Fraternità San Pio X si è concluso questo Sabato, 14 Luglio 2012, a Ecône (Svizzera). Riuniti presso la tomba di Mons. Marcel Lefebvre, i capitolari hanno reso grazie a Dio per l'unità profonda che è regnata tra loro durante tutti questi giorni di  lavoro. Il Capitolo Generale preparerà presto una dichiarazione generale per Roma, che sarà resa pubblica. Il Superiore Generale, Mons. Fellay, ringrazia profondamente tutti i sacerdoti e i fedeli per le loro ferventi preghiere nel corso di questo capitolo.

Ecône, 14 Luglio 2012

venerdì 13 luglio 2012

miracoli di nostra Santa Fè

La scala santa di Santa Fe





Sappiamo bene che Dio è “Padre Onnipotente”. Sono le prime parole della nostra professione di fede. Le conosciamo e le crediamo profondamente vere. Tuttavia, capita che quando Dio, al quale “non erit impossibile omne verbum”, ossia nulla è impossibile, decide di sospendere le leggi della natura da lui stesso create, capita, dicevamo, che si resti sorpresi, quasi stupefatti dinanzi alla sua onnipotenza. Forse – parliamo per noi in prima persona – se avessimo più fede certi “prodigi” non ci scomporrebbero minimamente, li riterremmo un modo come un altro utilizzato dal Signore per manifestare il suo amore.
Il caso che stiamo per esporre ne è un esempio. Come doveroso, offriamo qualche connotato storico.
Siamo nel 1872 in America, precisamente a Santa Fe, capitale del New Mexico. Il vescovo locale, Jean Baptiste Lamy, decide di far costruire una cappella, precisamente la cappella di Loretto (sì, con due T, il nome inglese infatti suona come: Sisters of Loretto) per poter fornire un luogo di culto alle suore appena stabilitesi, dopo una peregrinazione che le vide attraversare il Sud-Ovest degli Stati Uniti, il Kentucky, il Missouri ed il Kansas.
Le suore (quattro, la superiora suor Madeleine, Suor Catherine, Suor Hilaire e Suor Robert) appena giunte sul posto iniziarono dunque ad appaltare i lavori adiacenti alla loro semplice abitazione, affinché, oltre al convento, potesse essere eretta una struttura simile alla “Sainte Chapelle” di Parigi, dunque, la prima cappella gotica ad ovest del Mississippi. Il progetto fu affidato all’architetto P. Mouly, noto per la sua perizia e capacità: aveva, tra l’altro, realizzato la cattedrale di Santa Fe. I lavori durarono cinque anni. La cappella misurava 22,5 metri di lunghezza, era larga metri 7,5 ed alta metri 25,5.
L’opera terminata era esteticamente ammirevole. La galleria, gli archi, la navata riuscivano a dare il senso del divino, a coinvolgere e a creare l’idoneo raccoglimento. Ciò che sconvolse le suore fu il doversi accorgere, di colpo, che il coro non era accessibile, dal momento che non era stata né progettata né dunque costruita una scala apposita per potervi accedere dalla tribuna. D’acchito si cercò l’architetto progettista, nel tentativo di riuscire a tamponare l’errore, ma questi era da poco deceduto.
Vennero a questo punto contattati diversi ingegneri, i quali emisero unanimemente un triste verdetto: il danno era irreparabile, lo spazio non era sufficiente alla costruzione di una scala. L’unica alternativa era costituita dalla edificazione di una nuova galleria, o, altrimenti, la costruzione di una scala a chiocciola, sicuramente in usuale.
Le suore si comportarono nell’unico modo nel quale può comportarsi un cristiano dinanzi alle difficoltà: ossia, memori dell’aforisma: «Quando pare non ci sia più nulla da fare, si può ancora pregare», decisero di iniziare una novena a San Giuseppe (sotto il cui patronato era stata posta la cappella), nella sicura speranza che il Cielo non le avrebbe abbandonate in una situazione così incresciosa. Per nove giorni e nove notti, senza sosta, elevarono preghiere al patrono dei falegnami, affinché potesse intercedere in loro favore.
Il nono giorno, inaspettatamente, si presentò alla porta del loro convento un uomo strano, con i capelli grigi, accompagnato da un asino carico di piccoli e semplici strumenti da lavoro. Questi chiese di poter conferire con su or Maddalena, la superiora, e manifestò la volontà di costruire lui stesso la scala mancante. La religiosa accolse di buon grado la proposta di quest’uomo, anche se non era stato da loro interpellato.
Il falegname iniziò a lavorare dentro la cappella e chiese di essere lasciato solo mentre si adoperava per la riuscita della sua opera. Ogni tanto, però, qualche consorella riusciva a sbirciare e la perplessità era pressoché di tutte: l’uomo, infatti, si serviva soltanto di una sega, un goniometro e un martello. Invece dei chiodi utilizzava cavicchi. Tra le stranezze notavano poi che immergeva dei pezzi di legno in secchi d’acqua: insomma, oggetti poveri e usati in maniera quantomeno atipica. Per rispetto, non vollero intromettersi e restarono ad attendere la conclusione dell’operato.
Dopo tre mesi la scala poteva dirsi pronta e se fino ad ora si poteva parlare di coincidenze, stranezze, atipicità, adesso bisognava ammettere l’inspiegabile. La scala consisteva appunto in una doppia spirale apparentemente sospesa senza punti d’appoggio, assemblata senza alcun chiodo e realizzata con una tipo di legno assolutamente sconosciuto.
Quando madre Maddalena volle pagare il carpentiere per il lavoro svolto, non riuscì a trovarlo, essendo scomparso.
Le suore volevano sdebitarsi e fecero tutto il possibile per rintracciarlo, senza alcun esito positivo. Nessuno, infatti lo conosceva né l’aveva mai visto prima di allora.
Torniamo alla scala, denominata, non dunque senza motivo “scala santa”.
Essa è composta da trentatre gradini (gli anni di Gesù) che girano su due spirali di 3600 esatti. Il fatto inconcepibile è che il tutto è senza alcun sostegno centrale. Non avendo alcun pilastro centrale per sostenerla, significa che tutto il peso deve gravare necessariamente sul primo gradino, un controsenso, assolutamente impensabile secondo le più elementari leggi della fisica e della statica. Le stesse suore temevano non poco a salire, consce del prodigio che le vedeva coinvolte.
Gli enigmi legati a quell’episodio non sono mai stati risolti: chi era quell’uomo? Da dove veniva? Come faceva a conoscere le necessità del convento? Come fece, da solo, a progettare e a realizzare la scala, una scala con la perfezione delle curve dei montanti irrealizzabile in quell’epoca? (il legno è raccordato sui Iati dei montanti da nove spacchi di innesto sull’esterno, e da sette sull’interno). Come riuscì nella sua impresa senza servirsi di chiodi e altri utensili indispensabili alla realizzazione? Come mai nessuno ebbe a sapere chi fosse? Da dove proveniva quel legno unico, che, ad oggi, nessuno sa classificare e appare sconosciuto agli studiosi? Come può una scala reggersi in equilibrio senza sostegno centrale e non crollare istantaneamente ma, al contrario, portare per decenni il peso quotidiano di centinaia di persone senza mostrare il benché minimo cedimento? Di più, senza presentare la minima traccia di usura inevitabile dopo quasi un secolo e mezzo? Le testimonianze parlano inoltre di una sorta di “leggerezza” che si avverte nel percorrere gli scalini.
La ragione non può dare risposta; forse, più semplicemente, bisogna ammettere, con Pascal, che l’ultimo stadio della ragione è riconoscere che vi sono una quantità infinita di cose che la superano.
Che sia stato veramente S. Giuseppe ad edificare quest’opera? Ciò che, in ogni caso, non lascia dubbi è l’inspiegabilità del susseguirsi degli eventi e il fatto che, ad oggi, resta un capolavoro vivente, visitato anche da non credenti i quali non possono che constatare l’oggettiva inspiegabilità della costruzione.
La scala santa attualmente attira oltre duecentocinquantamila visitatori l’anno, è meta di numerosi pellegrinaggi da ogni parte del mondo ed è da centotrentasette anni al centro del più singolare prodigio religioso architettonico mai esistito.

Matteo SALVATTI

giovedì 12 luglio 2012

tramonto di una novella ostpolitik




Mons. Ma Daqin: «Alla luce degli insegnamenti della nostra Madre Chiesa, che ora servo come vescovo, dovrò concentrami sul lavoro pastorale e di evangelizzazione. Quindi mi risulta scomodo prendere certe responsabilità. Per questa ragione, dal giorno della mia consacrazione, non ritengo conveniente essere un membro dell'Associazione patriottica». (scrosciante applauso di tutta l'assemblea, molti dei fedeli scoppiano il lacrime).


La vendetta dell'Associazione patriottica: Mons. Ma Daqin sotto indagine
di Jian Mei
Il sito ufficiale del Consiglio ha pubblicato oggi una nota, controfirmata dall’Associazione patriottica, accusando il vescovo di aver violato "in modo grave" il regolamento sulle ordinazioni episcopali. Ad Harbin, fonti di AsiaNews denunciano “difficoltà” per due sacerdoti della Chiesa ufficiale che si erano opposti all’ordinazione del 6 luglio scorso.

Shanghai (AsiaNews) - Mons. Thaddeus Ma Daqin, vescovo ausiliare di Shanghai, è indagato per aver violato "in modo grave" il regolamento sulle ordinazioni episcopali in Cina. Lo confermano oggi l'Associazione patriottica e il Consiglio dei vescovi cinesi con una nota. Tuttavia, il documento non spiega in quali termini mons. Ma Daqin avrebbe violato la norma. Inoltre, fonti cattoliche di AsiaNews ad Harbin (Heilongjiang) riferiscono che due sacerdoti della Chiesa ufficiale sotto il controllo del governo stanno avendo problemi con le autorità religiose locali, per essersi opposti all'ordinazione illecita del 6 luglio scorso (v. 06/07/2012, "L'ordinazione illecita ad Harbin rafforza il partito degli 'scomunicati'. Liberato l'amministratore apostolico fedele al papa").
Secondo quanto si legge nel sito ufficiale del Consiglio dei vescovi cinesi, la nota di oggi su mons. Ma dice: "Sui quesiti sollevati nei giorni scorsi circa le regole [da seguire] per l'ordinazione del vescovo coadiutore di Shanghai, il portavoce del Consiglio dichiara: il 7 luglio, le azioni del vescovo coadiutore della diocesi di Shanghai hanno violato in modo grave il regolamento sull'ordinazione episcopale del Consiglio dei vescovi in Cina". Per questo, prosegue, "il Consiglio sta indagando e valutando il caso".
Intanto, mentre i media internazionali continuano a concentrarsi sul "riposo" di mons. Ma (v. 09/07/2012, "Deve 'riposare' in seminario il coraggioso vescovo ausiliare di Shanghai"), la diocesi di Shanghai rompe il silenzio e annuncia sul proprio sito che il vescovo è in "ritiro personale", negando "tutte le accuse che lo indicano detenuto, agli arresti domiciliari o scomparso", che sono "soltanto pettegolezzi". Tuttavia, il messaggio non si riferisce a lui come "vescovo" ma solo come "Ma Daqin".
La nota di Shanghai, apparsa sotto il nome di "portavoce della diocesi di Shanghai", sottolinea che "Ma in persona ha richiesto e ottenuto il consenso del vescovo Aloysius Jin Luxian [per andare in ritiro]. Dall'8 luglio scorso, egli è in ritiro al santuario di Sheshan, dove spera di non essere disturbato".
Ad AsiaNews i webmaster di alcuni siti cattolici della Cina continentale hanno detto che da ieri funzionari religiosi li hanno avvertiti di cancellare ogni notizia legata all'ordinazione di mons. Ma.
Nei giorni scorsi, le discussioni e i commenti apparsi su vari forum online e di gruppi cattolici sono stati molto attivi, in particolare nell'esprimere sostegno alla coraggiosa azione di mons. Ma, e nell'esortare gli altri vescovi di seguire il suo esempio. Tuttavia, altri hanno espresso disaccordo circa la mossa del vescovo (chissà perchè n.d.r.).


apis argumentosa

lib guariniLA CONTINUITA’
DELLA VITA CATTOLICA.
UN SAGGIO DI MARIA GUARINI
di Piero Vassallo

Insidiosa novità surrettiziamente introdotta nella cultura cattolica dallo spirito del Concilio, l'oblio e/o la disistima del pensiero di San Tommaso d'Aquino attivano un sentimentalismo che rende i fedeli incapaci di ammettere il primato della Verità.
Nel pensiero cattolico, infatti, circola indisturbata e talora approvata la gioconda convinzione che il Concilio abbia elevato l'amore puro e spensante al di sopra dei princìpi conosciuti dalla ragione e definiti dai dogmi.
Se non che Romano Amerio ha confutato tale illusoria convinzione: "No, non c'è l'amore, perché sopra l'amore c'è un pensiero che afferma Sopra tutto c'è l'amore e che esclude con la sua affermazione che sopra tutto ci sia un sentimento impensato".
Il primato del pensiero sul sentimento, lo sostiene un discepolo di Amerio, Enrico Maria Radaelli, è stabilito affinché "il moto più santo e deiforme, l'amore, non si muti in mera materialità incosciente: se non è pensato neanche l'amore può esistere".
Nella Chiesa cattolica, società che ha radice e fondamento nella rivelazione del Logos increato, rammentare l'ovvia tesi sul primato del pensiero, sarebbe superfluo e quasi imbarazzante, se non fosse continua l'esternazione di opinioni sentimentali da parte di fedeli e sacerdoti emozionati e confusi, ultimamente inclini a festeggiare l'avvenuto transito della carità verso gli erranti nell'apprezzamento o addirittura nella gaudiosa condivisione dell'errore.
La sagace Maria Guarini al proposito afferma: "Il problema è che il cristianesimo ha abbandonato la philosophia perennis anche per un'inedita via: quella dei movimenti. E si è persa la consapevolezza che, in mancanza di un serio impianto teoretico-dottrinale si cade in un sentimentalismo e devozionismo che non portano da nessuna parte perché mettono in secondo piano sia la ragione, massificata da slogan e atteggiamenti e comportamenti indotti, che la volontà, scaduta in volontarismo sostenuto da metodi accattivanti e coinvolgenti l'emozione".
Alterata dal movimentismo, l'amicizia cattolica si rovescia nella smanceria e nel suono sgradevole delle chitarre, che accompagnano insulse rime.
Di qui la caduta delle difese immunitarie dall'antropocentrismo, che, infatti, diluvia dai pulpiti della teologia modernizzante ed erompe nelle liturgie canterine messe in scena per procurare deliziose vertigini agli ecumenisti senza rete.
Per contrastare la diffusione della teologia debole e della liturgia sciatta, Maria Guarini ha pubblicato, nella collana delle Diffusioni Editoriali Umbilicus Italiae (www.edizionideui.com), "La Chiesa e la sua continuità Ermeneutica e istanza dogmatica dopo il Vaticano II", un volume che raccoglie suoi scritti insieme con puntuali interventi di Brunero Gherardini, Antonio Livi, Francesco Colafemmina, Enrico Maria Radaelli, Gianni Battistini e Curzio Nitoglia.
I testi scritti o proposti da Guarini sono un puntuale commento alle parole dettate dall'illuminata intransigenza al cardinale Giacomo Biffi: "La prima misericordia di cui abbiamo bisogno è la luce impietosa della verità".
Il sequestro della verità negli ambulacri del buonismo vieta purtroppo di cogliere il profondo significato dell'ermeneutica della continuità predicata da Benedetto XVI.
Causa dell'incomprensione diffusa è l'oblio o il rifiuto del principio secondo cui "non è il dogma che muta o si evolve, ma la capacità della Chiesa e in essa del singolo credente di approfondirlo, estrarne come lo Scriba del Regno le inesauribili ricchezza: nova et vetera".
Ora il baluginio, fra le righe dei documenti redatti dai padri del Vaticano II, di pensieri aperti alla nuova e inquinata teologia è fuori discussione.
E' proposta l'espressione cenni fra le righe poiché, in base alle chiare indicazioni di Romano Amerio e di Antonio Livi, si deve riconoscere che il tentativo degli eversori teologici, grazie a Dio, non è riuscito.
Tuttavia non si può negare che la presenza in alcuni testi conciliari di formule imprecise o confuse generi legittime perplessità e giustifichi richieste di chiarimento sulle definizioni oscillanti.
Valga ad esempio Gaudiun et spes 24. Il testo latino afferma che l'uomo "in terris sola creatura est quam Deus propter seipsam voluerit". Se non che la traduzione ufficiale recita: "l'uomo è stato voluto da Dio per Se stesso". In quale fra le due contrarie definizioni deve credere il fedele? Chi è nell'errore, l'estensore del testo latino o il traduttore? In quale corno del dilemma risiede l'infallibilità del Vaticano II?
Chiedere il chiarimento, dunque, non è un atto irriguardoso, non è un attentato alla cattedra di Pietro. Si chiede il chiarimento perché si desidera la chiusura della parentesi confusa aperta dalla nuova teologia, quella che Pio XII ha severamente condannato nell'Enciclica Humani generis e che Paolo VI ha definito "fumo di satana".
Solamente una rumorosa fazione di novatori irriducibili nega l'urgenza del chiarimento. L'irritata e superciliosa reazione dei teologi progressisti alle osservazioni critiche dei difensori della tradizione, e severamente contrastata da Antonio Livi, che scrive: "Si potrebbe osservare sconsolatamente che la critica da sinistra, ossia da parte dei progressisti, è recepita come lecita e sempre utile al progresso della comunione ecclesiale, mentre la critica da destra, ossia da parte dei conservatori è recepita come illecita e sempre dannosa per l'unità della Chiesa".
Nessuno ha mai pensato seriamente di denunciare l'esistenza di eresie nei testi del Vaticano II. Da parte dei tradizionisti (opportunamente Maria Guarini propone l'uso di questo termine, che esclude la discendenza da un termine abusato quale tradizionalismo) è avanzata la legittima proposta di chiarimento sui testi nei quali è evidente una certa ambiguità o anfibologia, derivata dal tentativo dei teologi neo modernisti, costituiti in fazione nei corridoi del Concilio Vaticano II e intesi a sovvertire la tradizione
Antonio Livi scrive: "La posizione di Amerio non è un rifiuto degli insegnamenti del Concilio, anzi corrisponde sostanzialmente a quello che Benedetto XVI avrebbe poi denominato ermeneutica della continuità; infatti la denuncia del presunto tentativo di rottura e di discontinuità che sembra risultare dalla lettura di alcuni testi del Vaticano II va unito alla certezza che tale tentativo è di per sé irrealizzabile e che quindi il sensus fidei della comunità cristiana può sempre interpretare le novità dottrinali alla luce di ciò che è sempre stata, nella sua essenza, la fede della Chiesa".
Nella dichiarazione di monsignor Livi è impossibile cogliere l'intenzione di giustificare la rivolta all'autorità del Concilio. Tanto meno quando si considerano le ammissioni di un onesto progressista quale è padre Giovanni Cavalcoli sugli errori riscontrati nelle istruzioni pastorali contenute nei documenti del Vaticano II.
Per ristabilire la pace intorno alle verità cattolica, sarà quindi necessario (giusta l'osservazione di padre Cavalcoli) intraprendere un difficile cammino inteso a stabilire quali sono i testi dogmatici del Vaticano II (e se esistono, dato che il Vaticano II è stato autorevolmente definito concilio pastorale).
Il nodo non è sciolto in via definita, ma si vede finalmente l'epilogo di una stagione infelice e tormentata. Sembra che si possa sostenere in conclusione l'utilità del lavoro amorevolmente compiuto da Maria Guarini al seguito delle opere di Romano Amerio e delle sapienti considerazioni di Antonio Livi.
E' dunque condivisibile il giudizio dell'autorevole Brunero Gherardini, che definisce l'autrice "apis argumentosa, che lancia ai quattro venti, con la costanza dei forti, i frutti della sua intelligenza, del suo studio, del suo impegno per la sana dottrina e la Santa Madre Chiesa".


mercoledì 11 luglio 2012

La Norvegia non ha debito pubblico. Come mai?

di Edoardo Capuano



La Norvegia non ha debito pubblico, per svariate ragioni che ora vi esporrò.
Il motivo principale però resta principalmente uno ed uno solo: non ha aderito al sistema schiavista della moneta debito e, udite udite,la sua banca centrale è una delle ultime in Europa in mano ad uno stato.
Insomma la sintetizzo così: una sola moneta, la Corona, una sola banca. E tutto quanto statale.
La Banca Centrale Norvegese non solo è rimasta una delle ultime banche europee controllate dallo Stato, e non dai banchieri Privati, ma gestisce perfino il Fondo Pensioni norvegese in attivo,un altro miracolo specie in tempi di crisi!
Ed è per questi fatti che la Norges Bank non vuole far parte del sistema Euro. Ovviamente non sono scemi i Norvegesi.
Beati loro… Ma vediamo gli altri punti di forza che fanno della Norvegia un paese simbolo da emulare:
Non ha aderito all’euro. La moneta Norvegese è la Corona. E l’avevamo detto.
Non ha privatizzato le aziende energetichepetrolio (Statoil), energia idroelettrica (Statkraft), alluminio (Norsk Hydro),
la principale banca del paese (DnB NOR), e le telecomunicazioni (Telenor).
Qui da noi invece, la legge 111 del 15 luglio permette la dismissione del capitale pubblico!
E visti i precedenti, Iri ad esempio, non c’è da star tranquilli…
Circa il 30% di tutte le aziende quotate alla borsa di Oslo è statale.
I titoli di stato rendono il 6,75% netto ai risparmiatori.

Pur essendo il principale produttore di petrolio europeo, non fa parte dell’OPEC. (Per la cronaca, l’Italia è il secondo produttore europeo e in Basilicata è stato individuato il più grande giacimento d’Europa su terraferma).
Tornando alla Norvegia, spulciando un attimo si scopre che il petrolio del paese è controllato dal governo tramite i maggiori operatori come il 62% in Statoil nel 2007, la controllata statale al 100% Petoro, e SDFI, oltre al controllo delle licenze di esplorazione e produzione. Una sorta di ENI alla Mattei, prima del fatale “incidente”.
Poi se spulciate ancora un altro po’ sai che potreste scoprire?
Non ci crederete ma la Norvegia ha fondato un Fondo Pensioni Sovrano nel 1995 per ridistribuire i proventi del petrolio, del fisco, dei dividendi, delle cessioni e delle royalties.

Ahhh! E noi non potremmo fare lo stesso dato che l’Italia è il secondo produttore europeo e in Basilicata è stato individuato il più grande giacimento d’Europa su terraferma?
Ovviamente si, manca la materia prima che prenda le decisione.. Comunque alzo proprio le mani….
Perché questi Norvegesi sono davvero forti. E mica si sognano di privatizzare l’acqua o la raccolta dei rifiuti, come vorrebbero fare i nostri politici…
Vedete, la scusa del debito pubblico legata ai costi dello stato è una SCUSA! Il problema è la moneta debito..
Ed è così evidente specie ora che vi cito un altro dato: la Norvegia ha un avanzo di bilancio statale del 10%, mentre noi, che abbiamo privatizzato quasi tutto, abbiamo un debito pubblico pari al 119% del nostro PIL…
Finisce qui? Ma manco per sogno! Proseguiamo! C’è da segnalare che la Norges Bank è la prima banca Centrale in assoluto ad aver citato in giudizio nel 2009 per truffa sui derivati la City Group, il più grande gruppo d’affari del Mondo. Immaginiamoci gli esiti delle sentenze che il Tribunale amministrativo di Stato norvegese dovrebbe emettere…
Va poi ricordato che il Governo norvegese ha firmato qualche mese fa un importante Trattato con accordi del confine acqueo nel Mare del Nord con la Federazione Russa, al fine di un congiunto sfruttamento gas-petrolifero, escludendo di fatto le “7 sorelle” multinazionali globali, storicamente “coinvolte” in tali frangenti e rappresentanti gli interessi primari di Canada e USA, ovviamente contrarie a tale accordo.
Sottolineo poi che la Norvegia dopo un iniziale appoggio ha ritirato le truppe dalla Libia,aggiungendo alla Nato un’ulteriore difficoltà “politica”.
Il Governo norvegese è stato il primo ad aver evidenziato un futuro riconoscimento della Palestina come Stato sollevando molti consensi ma anche dure e aspre critiche.

Dopo aver elencato così tanti aspetti positivi della Norvegia viene naturale chiedersi:
ma se l’Italia fosse come la Norvegia monetariamente sovrana cioè fuori dall’euro?

E se non fosse trivellata da cima a fondo da multinazionali estere e/o finanziarie per i suoi giacimenti di idrocarburi, i secondi per ordine di importanza in Europa?
E se per le nostre preziose risorse elettriche non fosse sfruttata da scatole cinesi della multinazionale di stato francese EDF?

E se le nostre risorse idriche, tra le maggiori al mondo, non fossero in mano alle multinazionali dell’acqua in bottiglia tipo Nestlé, e dai due colossi francorotti Suez Gaz de France e Veolia?
E se i proventi di dette risorse pubbliche li gestissimo per ridistribuirli al popolo come nei paesi dove esiste un social welfare?
Avremmo un debito pubblico inesistente come la Norvegia?

martedì 10 luglio 2012

Don Divo Barsotti e il Concilio

Don Divo Barsotti lesse per intero i documenti del Concilio Vaticano II. Non ne fu entusiasta. Ebbe da ridire sull’ambiguità dei testi e delle espressioni. Barsotti fu tutt’altro che un nostalgico integralista. Fu un precursore, anzi, di un rilancio della liturgia, dello studio sui Testi Sacri e dell’attenzione alla teologia ortodossa orientale.
Criticò certamente il post Concilio, ma evidenziò che i problemi erano in parte frutto degli stessi documenti conciliari.

È scritto tutto molto chiaramente in: Serafino Tognetti, Divo Barsotti. Il sacerdote, il mistico, il padre, Edizioni San Paolo, Alba (Cuneo) 2012.

«Barsotti si dimostrò infastidito dalla continua esaltazione del Concilio […]» e ne stigmatizzò «la visione troppo ottimista della storia umana».

Don Divo disse inoltre:

«non sono stati impediti gli equivoci, l’ambiguità e soprattutto non è stata impedita la presunzione, non l’ambizione e il risentimento, non la superficialità e la volontà di un rinnovamento che voleva essere uno scardinamento, uno sradicamento della tradizione dogmatica, una diminuzione della tradizione spirituale».
Tognetti dice che «se dunque è vero che lo Spirito Santo assicura l’infallibilità del Concilio, non ne assicura però l’efficacia: egli [Barsotti] per questo criticò i Padri conciliari che non vollero impegnare l’infallibilità del loro magistero […]».
Ancora Don Divo:
«Non hanno voluto [i Padri conciliari] condannare l’errore e hanno preteso di “rinnovare” la Chiesa, quasi che il “loro” Concilio potesse essere il nuovo fondamento di tutto».
«[…] la pletora dei documenti, la loro lunghezza, spesso il loro linguaggio, mi fanno paura».
Don Divo Barsotti, dice Tognetti, «arrivò a pensare che la paurosa crisi della Chiesa post-conciliare fosse proprio derivata “dalla leggerezza di aver voluto provocare e tentare il Signore”».
Disse tutto ciò un profeta - vero.

 

lunedì 9 luglio 2012

una religione regredita in neo-paganesimo

tratto da: http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2012/07/realismo-e-soprannaturalita-nella-vita.html
(si ringrazia il blog Chiesa e post Concilio per la preziosa opera svolta per mettere a disposizione questi, ed altri, così preziosi testi)



Il fatto che la Chiesa sia di Dio, che viva di vita soprannaturale, viene fatto coincidere oggi con un divieto quasi assoluto di preoccuparsi della sua sorte nel mondo.
Chi osa oggi esprimere pubblicamente le proprie preoccupazioni per la sorte della Sposa di Cristo nel mondo, viene immediatamente raggiunto da un coro poderoso di voci giudicanti che gli dicono: “Come ti permetti di essere così pessimista, la Chiesa è del Signore, non è giusto che ne parli così, essa non viene abbandonata da Dio!”.
Non si può, in ambito cattolico, quasi più esprimere un giudizio realista sulla situazione della Chiesa. In questi giorni, ad esempio, un'indagine del Cesnur rivela che il 70% degli italiani è “lontano dalla religione” e frequenta la Chiesa solo in occasione di matrimoni e funerali.
E, aggiungiamo noi, l'assoluta maggioranza di questi frequentatori occasionali della Chiesa si trova di fronte a matrimoni e funerali nei quali non si parla più di Dio e di Grazia, perchè occupati a celebrare gli uomini e le donne che si sposano o muoiono, col risultato di non incontrare il Cristianesimo nemmeno in queste sporadiche circostanze.
Ebbene, se uno osa esprimere una forte preoccupazione sulla permanenza del Cristianesimo nelle nostre terre, viene immediatamente bollato con l'etichetta di pessimista e di uomo di poca fede!

No, non siamo d'accordo con questo modo di ragionare e di muoversi (anzi... di non muoversi): il disastro è sotto gli occhi di tutti!
Certo, vi diranno che i pochi cristiani che restano sono infinitamente più maturi, più “adulti” nella fede di quelli di un tempo... noi ne abbiamo qualche dubbio, visto che i cristiani di un tempo hanno fatto la società Cristiana, la Cristianità, quelli di oggi non producono se non un moralistico sostegno a un mondo, stanco e liberale, non più cristiano sotto tutti gli aspetti.
È ora di dire basta con questa apparente tranquillità, di chi nega l'evidenza del disfacimento della presenza della Chiesa nelle nostre terre.
È una crisi senza precedenti, non più fedeli e non più sacerdoti: il deserto della Religione, che è regredita in neo-paganesimo: un po' di religione naturale per tranquillizzare le coscienze in alcuni momenti della vita e niente più. È contro la virtù della Speranza parlare così? Non crediamo proprio!
Soffrire per la situazione penosa della Chiesa non è non credere al libero intervento di Dio, che dalle macerie del nostro peccato può far risorgere la Cristianità. Anzi, è responsabilità del cristiano, dei sacerdoti prima e dei fedeli poi, registrare il triste momento ed invocare la misericordia del Signore sulla sua Chiesa e su di noi.
Ogni serio emendamento della vita inizia da questo realismo: guarda dove sei finito dimenticando Dio, e allora con la sua Grazia convertiti! Questo è vero per la vita personale, ma è vero anche per la vita della Chiesa tutta.
Così hanno fatto tutte le anime che hanno amato Dio e la Chiesa, sua Sposa. Così hanno fatto i Santi. Così vorremmo fare anche noi. Unire, e non dividere, il realismo sulla situazione drammatica della Chiesa, ad una fede incrollabile nella Potenza della Grazia di Dio, che non abbandona gli umili pentiti.
Proponiamo in questo bollettino un brano sintetico che parla della storia della Chiesa, pubblicato nel 1929 su “Il Cavaliere dell’Immacolata” dal padre Massimiliano Kolbe: da vero santo, il francescano innamorato dell'Immacolata parla della Storia della Chiesa drammaticamente confrontata al male che l'assedia, ma parlandone così esprime la fiducia incrollabile sulla sua perennità per Grazia di Dio.
Questo è l'unico modo veramente cattolico per seguire i fatti attuali della vita della Chiesa, prendendo responsabilmente a cuore la sua sorte che, pur essendo nelle mani di Dio, è anche affidata alla nostra responsabilità di Cristiani, di sacerdoti prima e di fedeli poi.

 La Chiesa di Cristo di fronte ai suoi nemici  
dagli scritti di San Massimiliano Kolbe
La situazione attuale
Su tutta la terra, la guerra è condotta contro la Chiesa e il bene delle anime. Il nemico si mostra sotto diverse vesti e sotto differenti nomi. Non è un mistero che il socialismo approfitta della miseria degli operai per innoculare loro il veleno dell'incredulità.
Vediamo come i bolscevichi abbattano alla radice la religione. Sentiamo le dottrine dei materialisti, che riducono il mondo a ciò che si può conoscere immediatamente con i sensi e che così si persuadono che non ci sia né Dio né anima immortale. La teosofia diffonde l'indifferentismo religioso, i testimoni di Geova e gli altri protestanti arruolano sempre più nuovi membri con grosse somme di dollari. Tutti questi battaglioni si uniscono in un fronte comune contro la Chiesa (“Il Cavaliere dell’Immacolata” n° 2, 1923, p. 2; P. Jerzy Domanski, Co dzien ze sw. Maksymilianem, Niepokalanow 1994, p. 83-84).

Ma è solo dopo questa avanguardia che arriva il grosso dell'armata nemica: il primo nemico, che è nello stesso tempo il più forte e il più pericoloso, è la massoneria. Che la flotta delle sette protestanti sia effettivamente l'avanguardia della massoneria, l'organo “Wolna Mysl” lo riconosce esplicitamente: “Essendo ammessa la nostra piena indipendenza nel riconoscimento dei valori della Chiesa del popolo (nome dei “vecchi cattolici” in Polonia), noi possiamo comunque sostenere la loro battaglia, come
quella delle altre sette protestanti contro la supremazia della Chiesa romana”.
(Manoscritto: I nemici attuali della Chiesa; P. Jerzy Domanski, o.c., p. 84).

la Chiesa di Cristo di fronte ai suoi nemici.
Ci sconvolge, ci riempie di paura e di oscuri pensieri, questa onda nera dell'odio che sommerge oggi la Chiesa Cattolica...

I primi nemici della Chiesa furono i giudei increduli. Crocifissero il Cristo e pensarono di poter distruggere facilmente la sua opera nel suo germe. E così si gettarono con un accanimento, di cui solo loro sono capaci, sui primi cristiani: calunnie, imprigionamenti, ghettizzazioni, lapidazioni... Così morì Santo Stefano, ma la Chiesa non morì nonostante questo.

In seguito i pagani si sforzarono di sradicare il giovane virgulto di Cristo. Cosa non è successo a Roma durante i tre primi secoli, con quale crudeltà coloro che confessavano il nome di Cristo furono trattati dagli imperatori romani Nerone, Domiziano, Traiano, Marco Aurelio, Diocleziano e Giuliano l'Apostata! Tutto questo si può solo appena esprimere a parole.
Questo popolo, credendo che i cristiani fossero la causa di tutte le catastrofi, poteva fare di loro quello che voleva. Così si gridava: “I cristiani ai leoni!”. I sacerdoti pagani sollevavano il popolo, i filosofi attizzavano quest'odio, il sangue colava a fiumi, ma questo sangue fece sortire non la distruzione della Chiesa, come pensavano veramente i pagani, ma un suo sviluppo sempre più potente, e una prosperità sempre più fiorente. “Il sangue dei martiri è seme dei cristiani”, affermava Tertulliano, contemporaneo di quest'epoca.

Le persecuzioni erano appena terminate che si produsse una nuova catastrofe, ancora più pericolosa: l'arianesimo. Quest'eresia sommerse così violentemente il mondo da poco rinato al cristianesimo, che tutti i popoli l'adottarono, anche gli imperatori bizantini. Questi non solo l'abbracciarono, ma in più utilizzarono tutta la loro potenza per estenderlo, scacciarono i vescovi cattolici e stabilirono vescovi ariani nei vescovadi divenuti vacanti. Uno scrittore contemporaneo dice che il mondo intero, un bel giorno, si risvegliò non più cattolico ma ariano.

Oggi, non vi è più traccia di questa setta, mentre la Chiesa esiste sempre. Altre sette apparvero: macedoniani, monofisiti, nestoriani, monotelisti, ma di queste sette resta appena qualche traccia.
Più pericoloso fu lo sforzo degli imperatori bizantini per esercitare sulla Chiesa la più grande influenza possibile. Quante e quali persecuzioni e pene vennero dal “cesaro-papismo”, come la storia lo chiama. Più tardi, gli imperatori tedeschi ripresero a loro volta questo medesimo pensiero: gli Ottone, Enrico IV, Federico Barbarossa, Enrico VI, e soprattutto Federico II; e tutti vollero assolutamente esercitare il loro
dominio sulla Chiesa. E comunque caddero presto o tardi, sconfitti dall'indistruttibile potere della Chiesa. Una sorte simile toccò più tardi ai loro imitatori: Giuseppe II, Napoleone ecc.

La Chiesa fu superiore anche a quest'ultimo! Ma i colpi più dolorosi sono quelli che la Chiesa ricevette dagli scandali e dalle divisioni interne, che l'oppressero già nei secoli IX e X. I vescovi erano sovente dei cortigiani e dei guerrieri piuttosto che dei servitori di Dio; anche qualche Papa si rese indegno della funzione di vicario di Cristo. Poi vennero gli anni dolorosi, nei quali c'erano due o tre papi, che si combattevano a vicenda, ma, intendiamoci bene, non vi era che un solo vero Papa! Furono dei tempi terribili per la Chiesa! Ogni altra istituzione sarebbe crollata sotto la cenere e le macerie. Ma la Chiesa si liberò da tutto questo e non affondò. Il mondo intero aveva giurato la sua distruzione, ma la promessa di Cristo non fu smentita.

Il XVI secolo fu testimone della comparsa sulla scena di Lutero, Calvino, Zwingli, Enrico VIII, e di molti altri ancora. Le eresie fecero a pezzi il corpo della Chiesa. Paesi e nazioni intere finirono col soccombere. Fino ad oggi ancora, vi sono differenti paesi nei quali non si incontrano quasi più membri della Chiesa. La Chiesa stessa, nonostante questo, non cadde, continuò a restare in piedi; anzi, anche dopo tali perdite, conobbe una nuova prosperità, e fu ancora più potente di prima. Si volse verso i pagani per convertirli, e ricevette nel suo seno milioni di uomini.

I protestanti introdussero un rilassamento morale. Lo sforzo della setta chiamata giansenismo era direttamente contro natura. Anch'essi volevano decidere tutto: il ridere, la gioia, l'allegria, tra di loro era considerato un tradimento dello spirito di Cristo. Ma anch'essi passarono!

Il XVIII secolo, inferse alla Chiesa i colpi più duri: il razionalismo, che vi prosperò, combatteva adesso non più semplicemente contro questo o quel dogma della religione, ma contro la religione in quanto tale. L'incredulità! L'uomo creato unicamente per una felicità terrena! Non creato, ma... apparso non si sa come, per caso. Per liberarlo da ogni responsabilità, è chiaro, ... si disse che discende dalla scimmia. Una scimmia non ha bisogno di religione, una scimmia non sarà giudicata... Principi comodi, certamente, ma anche quanto degradanti! Oggi i razionalisti continuano a fare rumore. Ma nel presente rimpiazzano la religione con lo spiritismo, l'ipnosi ecc., e combattono la Chiesa!

Ma questa, indistruttibile, immutabile, resta sempre in piedi. Attorno ad essa, tutto passa: non solamente le istituzioni più geniali, ma anche i paesi e i popoli; quanto ad essa, essa resta. È meraviglioso!
E così essa affronta ugualmente gli attacchi attuali. I suoi membri presi singolarmente possono fallire, se non hanno l’attenzione di restare in un'intima unione con la Chiesa; ma la Chiesa in sé non cadrà mai. Più ancora, dei paesi interi possono separarsi dall'unico ovile di Cristo che conduce alla salvezza... ma l'ovile in sé, la Chiesa, non sarà mai distrutto.
Possa la Madre santissima, Regina della Polonia, preservarci da questo male, di tutti il più grave! (“Il Cavaliere dell’Immacolata” n° 7 1929, p. 195-197)