sabato 24 dicembre 2011

“Il Verbo si fece carne e venne ad abitare fra noi”

BUON NATALE!



“Se dunque Verbo significa Dio e carne significa uomo, che cosa significa: il Verbo si è fatto carne se non «Colui che era Dio si è fatto uomo»? e perciò colui che era Figlio di Dio è divenuto figlio dell’uomo assumendo ciò che era inferiore, non mutando ciò che era superiore; prendendo ciò che non era, non perdendo ciò che era” (S. Agostino, Sermone 186,2; NBA XXXII/1, pag. 15).

venerdì 23 dicembre 2011

Mons. Fellay: "In effetti, ci sembra che il fondo del problema attuale si possa riassumere in una perdita della fede nella divinità di Nostro Signore Gesù Cristo"

Cari amici e benefattori,
Fra pochi giorni celebreremo il felice avvenimento della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo.
La santa liturgia dell’Avvento e del tempo di Natale è piena della fede nella divinità di Nostro Signore. Richiamandosi soprattutto al Vecchio Testamento, là ove è profetizzata la sua venuta, essa impregna la nostra intelligenza e il nostro cuore della grandezza infinita delle prerogative e dei diritti del Bambino appena nato.
«Colui che da tutta l’eternità è nato da un padre senza madre, nasce nel tempo da una Madre senza padre!» (Professione di fede dell’XI Concilio di Toledo).
Ricevendo la sua natura umana dalla Santissima Vergine Maria, sua Madre, di cui Egli preserva la Verginità, Egli prova per ciò stesso che non ha perduto alcunché della sua Divinità. «Nel roveto che vedeva Mosè e che non si consumava, noi riconosciamo la vostra lodevole Verginità conservata.» (Antifona delle Lodi, 1° gennaio), Vero Dio, vero uomo, alla Chiesa piace accogliere il Salvatore Gesù onorandolo col titolo di Re.
Il Re della pace. Rex pacificus. Qui ci piace sviluppare un po’ questa verità, che è come al cuore della crisi che scuote la Chiesa e che condiziona le relazioni della Fraternità San Pio X con la Santa Sede.
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In effetti, ci sembra che il fondo del problema attuale si possa riassumere in una perdita della fede nella divinità di Nostro Signore Gesù Cristo. Oh! Certo molti protestano che credono che Gesù è Dio, ma ben pochi sono pronti a trarre le conseguenze concrete di questa verità fondamentale che esploderà agli occhi del mondo intero alla fine dei tempi. In quel momento, Egli lascerà finalmente risplendere la sua gloria in tutta la sua perfezione. L’estensione dei suoi poteri su tutte le creature sarà tale che tutti gli uomini – pagani, cristiani, atei, miscredenti, banditi e fedeli – tutti saranno prostrati davanti a Lui, poiché all’evocazione del suo Nome ogni ginocchio si piegherà sulla terra come in cielo (Cfr. Fil. 2, 10).
Per il breve tempo della sua vita terrena, durante la quale si è compiaciuto di stare tra noi, Egli ha nascosto in parte la sua sovranità. Ma si trattò del tempo della prova, del tempo per compiere la sua missione redentrice: «È morto per i nostri peccati» (1 Cor. 15, 3).
Ma durante questo tempo in cui ha nascosto ai nostri occhi la sua onnipotenza, Egli non l’ha perduta in niente. «Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra» (Mt. 28, 18) è un’affermazione da prendere alla lettera, Lui che crea tutte le cose, per cui tutto è stato creato, senza di cui niente è stato fatto di ciò che è stato creato (Cfr. Gv. 1, 3).
Il rifiuto pratico della divinità di Nostro Signore si manifesta spesso nella storia degli uomini con il rigetto della sua Regalità, che è già il titolo e la ragione della sua condanna: «Jesus Nazarenus, Rex Judaeorum» (Gv. 19, 19).
E nella storia, molto spesso il rigetto di Dio si manifesta col rigetto della sottomissione a Nostro Signore Gesù Cristo.
Bisogna arrivare a metà del XX secolo per assistere a quell’incredibile avvenimento che permette di vedere un concilio che, in nome dell’adattamento alla situazione concreta della società umana in piena decadenza, modifica la proclamazione di tutti i tempi: «Bisogna che Egli regni» (1 Cor. 15, 25). Si pretende che questo modo di fare sia in armonia con i Vangeli, mentre invece è proprio il contrario.


I sofisti del liberalismo hanno fatto dire che lo Stato, la società umana, anch’essa creatura di Dio, doveva trattare alla pari l’unica vera religione e tutte quelle false, accordando ugualmente a ciascuna il diritto di esistere, di svilupparsi senza impedimenti e di esercitare il suo culto.
Con questo si pretende di opporsi agli abusi dello Stato totalitario che schiaccia ingiustamente gli esseri umani ed opprime la coscienza di ciascuno. Gli stessi massoni hanno espresso allora la loro gioia nel sentire risuonare sotto la cupola di San Pietro queste tesi che sono loro proprie (cfr. Yves Marsaudon, L’œcuménisme vu par un franc-maçon de tradition, 1964).
Evidentemente, vi è qualcosa di vero nel male denunciato, ma il rimedio è quello che la Chiesa ha sempre indicato: la tolleranza. Il diritto alla libertà religiosa, così come è proclamato dal Vaticano II, è altra cosa. È questo uno dei punti sui quali siamo in contrasto con la Santa Sede.
Questa libertà religiosa, ponendo su un piano di parità il vero e il falso, dispensa deliberatamente lo Stato e la società umana dai loro doveri di onorare e servire Dio, loro Creatore. Essa apre la strada a tutte le licenze in materia religiosa. È come se nella Chiesa si fosse rinunciato alla prerogativa di essere l’unica via di salvezza per tutti gli uomini. Quelli che vi credono ancora non lo dicono più. Molti fanno pensare perfino il contrario. Questa concessione al mondo di oggi si fa al prezzo della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo.
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Un’altra conseguenza, lungo questa linea che abbiamo appena indicata, si vede nella pratica dell’ecumenismo. Col pretesto di poter essere più vicini ai nostri «fratelli separati», non si proclamano più quelle verità che tuttavia sono salvifiche, perché costoro non vogliono sentirle. E deliberatamente, neanche si cerca più di convertirli. L’ecumenismo NON VUOL PIU’ CONVERTIRE. Questa parola è stata bandita, la si tollera ancora, ma in nome della libertà religiosa! Dov’è dunque la Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo? Dov’è finita la fierezza dei cattolici? E sono i capi che li fanno diventare pusillanimi! Come si è potuto constatare recentemente in Francia, quando si è trattato di biasimare dei lavori teatrali blasfemi. Se simili offese fossero state fatte nei confronti dei musulmani, i paesi sarebbero stati messi a ferro e a fuoco! Oggi i cristiani sono diventati talmente morbidi che lasciano fare di tutto! Si attenta all’onore non di un re di questo mondo, ma del Re dei re, del Signore dei signori, Nostro Salvatore da cui abbiamo ricevuto tutto!
Chiaramente noi abbiamo a cuore la salvezza e il ritorno all’ovile di tutte queste anime così care al Cuore di Nostro Signore, perché Egli le ha riscattate a prezzo della sua vita! Ma l’attuale maniera di fare non ha più niente in comune con la cura dell’unità della Chiesa dei secoli passati. Tutti sono supposti buoni e quindi la prospettiva che certuni potrebbero dannarsi in eterno fa gridare allo scandalo. Si predica che l’inferno è vuoto o quasi. L’insegnamento della Chiesa è tutt’altro…
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Una terza pietra d’inciampo è legata alla diminuzione dell’autorità.
Nostro Signore è il capo della Chiesa. Ma avendo voluto che la sua Chiesa fosse visibile ed essendo salito in cielo, Egli le ha conferito un capo visibile che è il suo Vicario sulla terra, Pietro e i suoi successori… A lui solo Nostro Signore ha dato il potere di pascere agnelli e pecore, lui solo ha un potere pieno, sovrano, immediato su tutti e ciascuno dei membri della Chiesa. È per questo che la Chiesa si è sempre proclamata una monarchia, governata da uno solo. Certo, il carattere umano del governo rende comprensibile la ricerca del consiglio e dei pareri di persone sagge, ma una forma di democrazia importata nella Chiesa con la collegialità e con la parodia parlamentare delle conferenze episcopali, permette ogni sorta di abuso e lascia alla pressione del gruppo le disposizioni di Diritto divino che vuole che ogni diocesi abbia un solo capo, il vescovo del luogo.
Oggi l’autorità è seriamente scossa, non solo dal di fuori per la contestazione dei responsabili laici che pretendono una parte del governo, ma ancor più all’interno della Chiesa, per l’introduzione di una quantità di consigli e commissioni che, nell’atmosfera odierna, impediscono il giusto esercizio dell’autorità delegata da Nostro Signore Gesù Cristo.
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Non è sorprendente constatare come in ciascuna di queste pietre d’inciampo ritroviamo al fondo lo stesso problema? Per piacere al mondo, o quanto meno per adattarvisi e trattare con esso, si è sacrificata in una maniera o in un’altra l’autorità di Nostro Signore Gesù Cristo sui fedeli cristiani, su tutti gli uomini per i quali Egli ha versato il suo Sangue, su tutte le azioni di cui essi sono membri.
Ecco cos’è che mina la Chiesa. Per uscire da questa crisi, bisogna «restaurare tutte le cose in Cristo» (Ef. 1, 10). DarGli il primo posto dappertutto e in tutto, a Lui che vuol essere tutto in tutti. Fino a quando non si vedrà andar via quest’aria liberale che impesta la Chiesa, essa continuerà a deperire.
È a causa di questa dolorosa realtà che le nostre relazioni con Roma sono difficili.
Ecco perché nella Fraternità noi parliamo spesso della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo, poiché essa è nella vita pratica la sintesi del riconoscimento della sua Divinità. Egli ha puramente e semplicemente ogni diritto su di noi.
Ed è a Lui che tutti gli uomini, pagani o cattolici, giovani o vecchi, ricchi o poveri, potenti o deboli, tutti, assolutamente tutti rendono conto della loro vita terrena – a Lui, loro sovrano giudice e loro Dio, da cui hanno ricevuto tutto. Speriamo che queste righe mostrino quanto la dottrina della Regalità di Nostro Signore sia attuale, quanto non sia desueta la battaglia per questa Regalità di Nostro Signore, anzi sia molto necessaria. Oggi, si tratta di un dovere da seguire.
Si degni la Madonna, Madre di Gesù, Madre di Dio, di ascoltare le nostre preghiere per la gloria di suo Figlio. Che Ella ci protegga, che conservi la nostra piccola Fraternità in mezzo ai tanti pericoli, e che sia la nostra guida, la nostra avvocata, la nostra vittoria contro noi stessi e la nostra pusillanimità. Che Ella sia la nostra speranza, in attesa del suo trionfo per il quale preghiamo assiduamente, che sia la nostra gioia da qui all’eternità.

Nos cum prole pia, benedicat Virgo Maria.
+ Bernard Fellay

giovedì 22 dicembre 2011

mobilitiamoci contro la blasfemia e la cattofobia

 

E' in arrivo a Milano lo spettacolo osceno di Castellucci


Si tratta dello spettacolo, oggettivamente blasfemo, intitolato "Sul concetto di volto nel figlio di Dio" durante il quale appare in scena un lancio di pietre ed escrementi contro il famoso quadro di Antonello da Messina raffigurante Nostro Signore Gesù Cristo.   

L'opera, se così la si vuol definire, è in cartellone dal 24 al 28 gennaio 2012 presso il teatro "Parenti" di Milano.
Difficilmente i cattolici italiani, così abituati da decenni al quieto vivere di stampo "democristiano", saranno in grado di manifestare raggiungendo i numeri d'oltralpe.
Ciò nonostante varrebbe comunque la pena di organizzare qualcosa del genere o almeno qualche pubblica preghiera di riparazione contro l'ennesimo oltraggio perpetrato contro Dio e la Sua Religione.
Se fossimo islamici, lo sappiamo bene, potremmo contare certamente sulla solidarietà di tutta la stampa progressista e "moderata". Quando è invece offeso il Cristianesimo, la musica cambia e forse neppure Avvenire o l'Osservatore Romano se la sentiranno di assumere una posizione ferma, senza "se" e senza "ma"... 
In Francia però i tradizionalisti, con la loro generosa mobilitazione, sono riusciti, in qualche modo, a smuovere anche alcune curie sonnolente. L'arcivescovo di Parigi è giunto sino al punto di guidare una veglia di preghiera in riparazione.

Cerchiamo allora, sul loro esempio, di muoverci anche nel nostro paese, culla del Cattolicesimo e sede del Vicario di Cristo!

Abbiamo un mese di tempo... Non scoraggiamoci!

Marco BONGI

Ecco un articolo di Corrispondenza Romana che ne parla con cognizione di causa:

Proteste cattoliche in Francia contro uno

 

spettacolo blasfemo

di Fabrizio Cannone

Da giorni la stampa internazionale sta dando molto risalto alle proteste scatenatesi a Parigi a causa della pièce teatrale, a dir poco blasfema e provocatoria, del “regista” italiano Romeo Castellucci. Sino a domenica scorsa, in effetti, al centralissimo Théatre de la Ville era in programma uno spettacolo dal titolo alquanto stano e inconsueto, specie nella laicissima Francia: Sul concetto di volto nel figlio di Dio.
L’idea di mettere sullo sfondo di un’opera teatrale nientemeno che una gigantografia di Gesù, come splendidamente immaginato e dipinto da Antonello da Messina, potrebbe parere qualcosa di bello e perfino di spirituale… Ma la pièce non tratta di temi religiosi e descrive il rapporto morboso e ambiguo tra un padre incontinente e l’unico figlio, costretto a svolgere dure mansioni di infermiere e di domestico.
La fine dell’opera, in un crescendo di non-senso, tipico dell’arte moderna, mostra dei bambini che, inopinatamente, lanciano contro il Sacro Volto che giganteggia alle loro spalle, escrementi, liquami vari ed ogni infame sostanza, offendendo evidentemente, oltre allo spirito cristiano, anche il senso naturale di decoro e la stessa dignità dell’arte.
Il quotidiano “Repubblica”, turbato non dalla pubblica bestemmia di Castellucci, ma dalle proteste che giustamente ha suscitato a Parigi e non solo, dedica, nell’edizione del 1 novembre (festa di tutti i santi) 3 pagine alla querelle, distorcendo completamente la realtà dei fatti e trasformando i manifestanti cristiani in violenti integralisti o addirittura in “crociati” (p. 30), e l’intollerante “regista” in spirito pacifico, turbato dagli avvenimenti.
I titoli sono i soliti eccessivi slogan del più squallido giornalismo nostrano. Un solo esempio basta a darne un chiaro saggio: «Assalti per giorni al Théatre de la Ville al grido di “Basta cristianofobia”. Opere distrutte a colpi di martello. E cortei nelle strade di Parigi avvolti in mantelli rossi e con il crocefisso in mano. Gli ultracattolici di Action Française compiono azioni sempre più clamorose.
“La libertà di espressione non è più un argomento valido”, dicono. E annunciano una guerra contro l’arte trasgressiva e le “bestemmie della società”». In una breve intervista a Castellucci, il regista ha l’impudenza di dichiarare, con larvato razzismo culturale, che i manifestanti, da lui «visti fuori dal teatro» sono «spaventosi, paiono diavoli e da quello che urlano, si capisce: non conoscono le Sacre Scritture» (p. 31)!! Beh, le sacre Scritture dicono chiaramente che Deus non irridetur… Addirittura, per la stessa opera teatrale il regista afferma che in «Italia alcuni mi hanno semmai incolpato di essere troppo cristiano«; in ogni caso, non teme gli «integralisti», come chiama con odio i cattolici, perché «bisogna mantenere le posizioni di fronte a tanto oscurantismo». Il razzismo illuminista-razionalista, con-causa di migliaia di vittime, è sempre vivo in Francia.
In sede di commento, facciamo anzitutto notare che proprio “Repubblica” sembra concordare con l’idea attribuita ai cattolici che «la libertà di espressione non è più un argomento valido»: perché altrimenti voler vietare a dei cristiani indignati di manifestare in piazza?
Da parte nostra poi, e senza entrare nei dettagli circa il numero dei manifestanti e delle prassi specifiche adottate (le quali paiono del tutto conformi al bene comune e alla legalità), vogliamo ribadire alcuni concetti fermi: 1. Senza dubbio la cristianofobia esiste, in Francia come in Italia, come esiste la disparità di trattamento tra le diverse religioni: quotidiani laicisti come “Repubblica” inculcano l’odio alla Chiesa cattolica e alla sua storia quasi ogni giorno;
2. La libertà di espressione non può essere un principio assoluto, altrimenti anche l’antisemitismo, il razzismo e l’elogio del crimine dovrebbero essere ammessi a norma di legge. Ma di fatto non lo sono, dunque il Vangelo e il Cristianesimo non debbono patire alcuna offesa in nome di questo principio, né in nome dell’arte o della creatività;
3. La società laica si segnala per una arroganza sempre meno tollerabile verso tutto ciò che è sacro: la distruzione della statua della Madonna avvenuta platealmente il 15 ottobre scorso a Roma ne è un segno emblematico e inquietante. Ma questi accadimenti, quando colpiscono simboli cristiani, sembrano non spiacere troppo “al sistema”;
4. È dovere di tutti i cristiani, oltre che loro pieno diritto, quello di lottare per una società conforme al piano di Dio ovvero, tanto per essere chiari, in cui si vieti e proibisca tutto quanto ripugna alla sua Legge e alla sana moralità. L’indolenza dei buoni, infine, è la migliore arma dei cattivi. (Fabrizio Cannone)
La tremenda offesa a Nostro Signore - alla Sua persona attraverso la Sua Immagine - ha suscitato comprensibili e accese reazioni in Francia. I cattolici si sono mobilitati, come si può vedere qui sotto
 L'8 dicembre, la chiesa Saint-Nicolas-du-Chardonnet (FSSPX) organizza una grande processione di riparazione a Parigi contro le offese al Figlio di Dio.




L' 11 dicembre l'Istituto Civitas organizza una manifestazione nazionale
anche a Parigi contro gli spettacoli blasfemi.




Parigi, Domenica 11 dicembre 2011
Manifestazione per difendere l'onore di N. S. Gesù Cristo





I vescovi riuniti a Lourdes si sono mostrati preoccupati più delle reazioni che del resto: una posizione che non possiamo che commiserare.....


“Riuniti a Lourdes per l’Assemblea plenaria d’autunno, i vescovi francesi in margine ai loro lavori hanno richiamato l’attualità. Essi prendono sul serio le manifestazioni di gruppi di giovani contro una rappresentazione teatrale data a Parigi. Mettono in guardia contro la «risposta aggressiva » utilizzata da certi cristiani quando si sentono denigrati. Senza pertanto accettare la banalizzazione degli attacchi contro la figura del Cristo.


ma una voce è uscita dal coro del gregge del "politicamente corretto" e dell'"insopportabile ecclesialese"


Il Vescovo di Tolone incoraggia la protesta antiblasfema dei cattolici


S. E. Mons. Dominique Rey, vescovo di Tolone, ha appoggiato la protesta dei cattolici in Francia con una lettera indirizzata il 2 novembre a Bernard Antony, presidente dell’Agrif, associazione che ha iniziato una campagna di mobilitazione dell’opinione pubblica cattolica contro la pièce teatrale Golgota Picni, rappresentata in Francia in questi giorni, sulla medesima linea blasfema degli spettacoli di Remo Castellucci.
La lettera, di cui riportiamo il testo integrale, costituisce un autorevole incoraggiamento episcopale a tutti coloro che non esitano a manifestare la loro indignazione nei confronti dell’aggressione mediatica ai principi cristiani tuttora in corso in Europa.

"Signor Presidente,

ha voluto sollecitarmi circa l’azione legale dell’associazione AGRIF, da lei presieduta, per chiedermi l’interdizione dello spettacolo di Rodrigo García intitolato Golgota Picnic e programmato dal 16 al 20 novembre 2011 presso il teatro della Garonna a Tolosa e dall’8 al 17 dicembre presso il Théâtre du Rond Point a Parigi.

Gli elementi raccolti nella citazione preparata dal suo avvocato corrispondono alle informazioni che circolano nei media da qualche settimana, provenienti in particolare dalla Spagna, riguardanti sia lo spettacolo stesso che le dichiarazioni del suo autore, García.

Da quando è stata resa nota la programmazione dello spettacolo, molti cristiani della mia diocesi e di altre zone della Francia mi hanno espresso la profonda pena, incomprensione, esasperazione e talvolta collera di fronte a una notizia che oltraggia il cuore della nostra fede cristiana e della religione cattolica. L’identità di ogni fedele cattolico è, infatti, costituita dalla persona stessa di Cristo e dal suo sacrificio sulla Croce, al Golgota, dove Egli ci ha riscattati dai nostri peccati e aperto, nel suo sangue, la via della riconciliazione con Dio. Minacciare la persona di Cristo in Croce significa altresì minacciare la religione cristiana nel suo insieme, ma anche insultare gravemente e nel più intimo della sua coscienza e del suo cuore ogni fedele.

In questo caso dare a Cristo in Croce del «pazzo», «piromane», «messia dell’aids» e «porco diavolo», paragonarlo a un terrorista, comparare la moltiplicazione dei pani che annuncia il dono rinnovato di Lui stesso nell’Eucaristia, in ogni Messa e in ogni comunione e la Crocifissione mediante la quale Egli ci salva a rappresentazioni che rinchiudono gli uomini nella crudeltà, tutto questo supera di molto la misura di ciò che un cristiano può ascoltare senza sentirsi fortemente aggredito su ciò che ha di più caro e di più intimo. Il progetto di García di provare che la vita di Cristo ha creato un’iconografia del terrore si oppone nettamente alla fede di tutti quelli che vedono nel sacrificio di Cristo sulla Croce la fonte di ogni pace e riconciliazione.

Un tale spettacolo non può che ferire violentemente le coscienze cristiane come quelle di tutti gli uomini di buona volontà legati al rispetto reciproco degli uni per gli altri. Spero vivamente che il successo delle sue azioni permetterà a tutti quelli che hanno già espresso il loro sgomento e la loro rivolta di comprendere che la società nella quale viviamo li protegge nell’identità, nella coscienza e nella volontà di dialogare nella pace, senza offesa né violenza, insieme a quanti non condividono la loro fede o che si pongono legittimamente domande su Cristo e sulla Chiesa. Le assicuro, signor Presidente, la mia preghiera fedele e il mio sostegno alla sua azione fiduciosa nella giustizia del nostro Paese."

martedì 20 dicembre 2011

toh.... avevan ragione Dionigi e la Tradizione (e torto biblisti e liturgisti)

La vera data di nascita di Gesù

Nell'avvicinarsi del Natale, ripropongo un post sulla vera data della nascita di Gesù :

E’ da tempo ormai che viene fatta passare una interpretazione che metterebbe in dubbio la nascita di Gesù il 25 dicembre del 1° d.C.
Infatti si sente dire che essendo morto Erode il Grande il 4 a.C., siccome costui è legato alla nascita di Gesù per il fatto della strage degli innocenti, allora Gesù non sarebbe potuto che nascere il 6 o 7 avanti Cristo.

Ebbene questa interpretazione è falsa e Gesù è in realtà nato proprio nel dicembre del 1° d.C, così come tramandato dalla tradizione.

Vediamo infatti di mettere le due tesi a confronto.

La prima tesi, sostenuta dall’Ottocento in avanti, pone la nascita di Gesù al 7 a.C., in base ad un calcolo previo che contempla la morte di Erode il Grande nel 4 a.C., nonché della congiunzione, proprio in quell’anno, dei pianeti Giove e Saturno, fenomeno astronomico ritenuto all’origine della stella vista dai Magi.
La seconda, invece, già indicata dal monaco Dionigi il Piccolo nel VI secolo, e tornata in auge da una decina d’anni, in particolare per gli studi di Giorgio Fedalto, grazie all’uso dei risultati dell’U.S. Naval Observatory di Washington, che pone la nascita di Gesù nel 1° anno della cosiddetta Era volgare.
È utile sottolineare che per i sostenitori della prima ipotesi Gesù vive dal 7 a.C. al 30 d.C., quindi per 37 anni; per la seconda, dal 1 a.C. al 33 d.C., per 33 anni.
La seconda ipotesi , cioè che Gesù è nato il 1° d.C. , nell’anno 36° di Erode, nell’anno 42° di Augusto, nel 3°dell’olimpiade 194ª è praticamente ormai scientificamente incontestabile.
Come sostenere, però, la nascita di Gesù nel 1° d.C. se Erode muore nel 4 a.C.?

Secondo lo stesso Giuseppe Flavio, Erode compiva 15 anni quando Ircano era giunto al nono anno dalla sua nomina, da quando Pompeo l’aveva ordinato Sommo sacerdote a Gerusalemme. Sappiamo che Erode morì a 71 anni circa, quindi nel 2 o 3 d.C. - esattamente 55 anni dopo il 54 a.C. - e non quindi nel 4 a.C., come comunemente ancora si sente ripetere. Tra l’altro l’eclissi a cui fa riferimento Giuseppe Flavio, come evento legato alla morte di Erode, si è verificata sia nel 4 a.C. che nel 3 d.C. Va a questo punto osservato, ai fini dei calcoli, che l’anno zero è stato introdotto molti secoli dopo lo stesso calendario preparato dal monaco scita Dionigi, fino ad allora computando, senza soluzione di continuità, dall’1 a.C. all’ 1 d.C.
In più, va aggiunto, che le reggenze dei figli di Erode eccedono di tre anni le rispettive date di abdicazione o di morte: Archelao è cacciato dalla Giudea nel 7 d.C. dopo 10 anni di reggenza; Filippo muore nel 34 d.C. dopo 37 anni di reggenza e Antipa muore nel 40 d.C. dopo 43 anni di regno. Fatto che induce a sostenere un periodo di almeno tre anni di co-reggenza del padre con i figli. In tal modo bisogna posticipare al 2 o 3 d.C. la data di morte di Erode, perché quella del 4 a.C. è in realtà la data del testamento con cui suddivide il regno tra i tre figli.

Alla luce di quanto abbiamo detto, si può ritenere fondatamente che Gesù nacque nel 1 d.C. e che Erode morì tra il 2 e il 3 d.C., confermando la tradizione delle Chiese orientali registrata dai calendari giuliani e gregoriano

Inoltre è nato il 25 dicembre, infatti:

Dionigi recepì la data del 25 dicembre che non era stata introdotta arbitrariamente dalle Chiese cristiane. Secondo Tertulliano Gesù sarebbe nato nel 752 di Roma, 41° anno dell’impero di Augusto. I moderni strumenti di indagine permettono di collegare i dati con gli elementi astronomici che ne garantiscono la sicurezza; si superano così i contrasti tra mondo ebraico e cultura cristiana che possono aver condizionato gli storici. La cronologia può essere ricostruita, come ha fatto l’insigne storico Giorgio Fedalto, comparando tavole cronologiche differenti (cfr. Storia e metastoria del cristianesimo. Questioni dibattute, Verona 2006, pp 39-58 e Carsten Peter Thiede, La nascita del cristianesimo, Milano 1999, pp 267-322).

Anche sugli annunci che precedono la nascita di Gesù possiamo fare alcune considerazioni. Luca, intendendo inquadrare storicamente Gesù e la sua venuta, fornisce un’altra coordinata: comincia il suo vangelo riportando una tradizione giudeo-cristiana gerosolimitana, un fatto apparentemente marginale ma storicamente verificabile dai suoi contemporanei, ancor prima del 70 d.C. Secondo l’evangelista, l’angelo Gabriele aveva annunziato al sacerdote Zaccaria, mentre “esercitava sacerdotalmente nel turno (taxis) del suo ordine (ephemeria)” (1,8), quello di Abia (1,5) che la sua sposa Elisabetta avrebbe concepito un figlio. Luca rimanda pertanto ad una rotazione disposta da David (1Cr 24,1-7.19): le 24 classi si avvicendavano in ordine immutabile nel servizio al tempio da sabato a sabato, due volte l’anno. Questo era noto tra i giudei e almeno in ambiente giudeo-cristiano. Il turno di Abia, prescritto per due volte l’anno, cadeva dall’8 al 14 del terzo mese del calendario (lunare) ebraico e dal 24 al 30 dell’ottavo mese (cfr Shemarjahu Talmon, The Calendar Reckoning of the sect from the Judean Desert. Aspects of the Dead Sea Scrolls, in Scripta Hierosolymitana, vol IV, Jerusalem 1958, pp 162-199 e Antonio Ammassari, Alle origini del calendario natalizio, in Euntes Docete, 45, 1992, pp 11-16). Questa seconda volta, secondo il calendario solare corrisponde all’ultima decade di settembre.

In tal modo è storica anche la data della nascita del Battista (Lc 1,57-66) corrispondente al 24 giugno, nove mesi dopo. Così anche l’annuncio a Maria “nel sesto mese” (1,28) dalla concezione di Elisabetta, corrispondente al 25 marzo. Ultima conseguenza è dunque storica la data del 25 dicembre, nove mesi dopo.

Invece, soprattutto nella seconda metà del secolo scorso, si divulgò da parte di liturgisti l’idea che il 25 dicembre fosse una data convenzionale, scelta dai cristiani di Roma per sostituire il Natale del Sole invincibile, cioè una festa del dio Mitra o dell’imperatore, che cadeva intorno al solstizio invernale. In realtà, soprattutto dopo l’editto di Costantino, la Chiesa avrebbe potuto pure essere mossa dal desiderio di valorizzare qualche festa del paganesimo decadente, ma non inventare di sana pianta una data così centrale. Si pensi che nel rito bizantino la data dell’Annunciazione abolisce la domenica e il giovedì santo, e se coincide con la Pasqua si canta metà canone, la composizione poetica propria delle due feste. Dunque, la memoria ininterrotta fu sanzionata con la liturgia, ma il Vangelo di Luca con i suoi accenni a luoghi, date e persone vi ha contribuito in modo fondamentale.

Quindi la festa cristiana del Natale non ha la sua origine storica in Roma ma in Terra Santa: nella seconda metà del IV secolo Egeria racconta che a Gerusalemme si celebrava il 6 gennaio. Si può supporre che tale data, oggi l’Epifania - attestata per quanto si sa in Alessandria nell’ambiente gnostico di Basilide - sia rimasta festa del Natale nei calendari bizantini fino al 1583, data della riforma gregoriana, in seguito alla quale il calendario giuliano è in ritardo di 13 giorni rispetto al gregoriano.
Con ciò non si vuol dire che tutto sia chiarito, però “Le vecchie ipotesi, secondo cui il 25 dicembre era stato scelto a Roma in polemica con il culto mitraico o anche come risposta cristiana al culto del sole invitto, che era stato promosso dagli imperatori romani nel corso del terzo secolo come tentativo di stabilire una nuova religione di stato, oggi non paiono più sostenibili” (J.Ratzinger, Introduzione allo spirito della liturgia, Ed. San Paolo, Cinisello B. 2001, p 104).

(Le notizie e i brani citati sono tratti per intero dagli articoli "Le date del Natale e dell'Epifania" e "Le date del Natale: Dionigi non ha sbagliato" di don Nicola Bux e don Salvatore Vitiello pubblicate su Fides e Forma e dal saggio "Il 25 dicembre è data storica" del prof. Tommaso Federici, tutti reperibili in rete).
tratto da: http://mi-chael.blogspot.com/2010/12/la-vera-data-di-nascita-di-gesu.html