venerdì 24 giugno 2011

Monsignor Fellay: "Noi non ci aspettiamo dei buoni frutti per la Chiesa ottenuti con dei semplici accomodamenti umani, noi speriamo di ottenerli con i mezzi soprannaturali e proprio la preghiera è il mezzo più potente che possediamo"

 
Seconda parte dell'Omelia
di S. Ecc. Mons. Bernard Fellay
Superiore Generale della Fraternità San Pio X

pronunciata a Winona, USA,
in occasione dell'ordinazione di 5 sacerdoti e 11 diaconi
17 giugno 2011
Fonte: Unavox

Dopo aver ricordato, nella prima parte, la spiritualità sacerdotale di cui si nutriranno i giovani sacerdoti ordinati nel corso di questa cerimonia, Mons. Bernard Fellay ha esposto lo stato della situazione in Vaticano e dei rapporti della Fraternità San Pio X con le autorità romane.

Certo, miei carissimi Fratelli, voi volete avere anche alcuni commenti sulla situazione attuale della Fraternità. A che punto siamo? Che succede?

Mi piacerebbe dire che tutto è luminoso o completamente oscuro, ma purtroppo, come il tempo di oggi, tutto è nuvoloso e soleggiato al tempo stesso!
Fino ad un certo punto, da almeno due anni, noi ci troviamo costantemente di fronte a delle contraddizioni.
Due anni fa, nel 2009, io chiesi udienza al Segretario di Stato, il cardinale Bertone, a causa di questo problema: ci troviamo di fronte a delle contraddizioni. Non esagero: proprio contraddizioni.
Che significa? Significa che da parte di Roma riceviamo dei messaggi contraddittori, uno dice così, l’altro dice cosà, e non si tratta solo di divergenze, ma proprio di contraddizioni.

Riflettendovi, ci chiediamo: perché è così, a cosa è dovuto?
Secondo noi, a Roma, come in tutta la Chiesa, vi sono diverse correnti, che per semplicità possiamo chiamare la corrente progressista e la corrente conservatrice. Certi ecclesiastici ci sono vicini e amerebbero vederci portati avanti, altri ci odiano, sì è la sola parola esatta per definire la loro condotta nei nostri confronti. Essi ci odiano, e sono a Roma. Qualche volta i messaggi vengono da questi, tal’altra dagli altri.

Vorrei farvi un esempio. L’anno scorso, a settembre, un sacerdote si era appena unito a noi. Appartenendo ad un ordine religioso, egli ricevette una lettera dal suo Superiore Provinciale in cui gli diceva che non era più membro del suo ordine e che era scomunicato. A questa lettera era allegata una lettera di conferma della Congregazione per i religiosi, contenente la frase seguente: «Il Padre X non è più membro del vostro ordine, egli è scomunicato per aver abbandonato la fede unendosi formalmente allo scisma di Mons. Lefebvre».
La lettera portava la data di settembre scorso. Sono allora andato a Roma e ho chiesto al Segretario della Commissione Ecclesia Dei cosa fosse successo. Egli non mi fece neanche finire di leggere la lettera: «Lo so – mi rispose – e noi – la Congregazione per la Fede – abbiamo detto alla Congregazione per i religiosi che non avevano il diritto di affermare quello. Essi non sono competenti e devono rivedere il loro giudizio». Poi continuò: «Ecco cosa deve fare con quella lettera» [Mons. Fellay fa il gesto di gettarla], è questo il gesto che ha fatto. In altre parole, prenda la lettera e la butti nel cestino della carta straccia!
Dunque un’autorità a Roma mi dice di gettare una decisione di un’altra autorità romana. Non è una contraddizione?
E il Segretario della Commissione Ecclesia Dei prosegue dicendo: «Lei deve dire ai suoi sacerdoti e ai suoi fedeli che tutto ciò che viene da Roma non viene dal Papa!» Ed io gli ho risposto: «È impossibile, come vuole che i fedeli, i sacerdoti possano pensare una cosa così? Ciò che viene da Roma viene dal Papa! Perché altrimenti si dirà con facilità: ciò che mi piace viene dal Papa e ciò che mi dispiace non viene dal Papa!»

Con questo, miei carissimi Fratelli, dovete capire che a Roma vi è un grave problema.
Se un’autorità ci dice: «Attenzione! Tutto ciò che viene da Roma non viene dal Papa», da dove proviene allora? E com’è possibile? Roma, i servizi del Vaticano normalmente devono essere come la mano del Papa. Questo significa che il Papa non ne ha più il controllo. Ecco il senso di questa frase.
Quando parlo di contraddizioni, significa che certuni, a Roma, sono pronti a considerarci come fuori dalla Chiesa, scomunicati, come se avessimo perso la fede, eretici… E poi ve ne sono altri che ci riconoscono veramente come cattolici.
Mons. de Galarreta e i nostri sacerdoti, quando vanno a Roma per i colloqui dottrinali, dicono la Messa in San Pietro! Come si possono tenere queste due posizioni nello stesso tempo? Voi vedete quanto sia profonda la contraddizione. E da questo potete comprendere quanto noi rimaniamo all’erta. Noi non andiamo a gettarci in questa tormenta, mentre tutto sommato possiamo salutare il sole quando si presenta e proteggerci dalle nubi quando ci minacciano.

Che ci guadagna la Santa Sede? Vi sono così tanti esempi che illustrano il fatto che quando il Papa vuol fare del bene è frenato, impedito.
Un esempio di prima mano tra i tanti.

Un Padre Abate, Superiore dell’unica abbazia trappista in Germania, ha chiesto al Papa l’autorizzazione, non solo di ritornare alla Messa tridentina, ma di poter riprendere la Regola e le Costituzioni anteriori al Vaticano II. Il Papa ha dato l’autorizzazione ed ha esentato questa abbazia dalla giurisdizione della Congregazione dei Benedettini, che segue le regole moderne, così da permettergli di seguire l’uso antico di prima del Vaticano II. Il Papa ha quindi posto questa abbazia direttamene sotto la sua autorità.
Sei mesi più tardi, l’Abate chiama uno dei suoi amici a Roma per chiedergli: «Com’è finita? Io non ho nessuna novità!» E il suo amico gli risponde: «Scrivi di nuovo al Papa, ma manda a me la lettera, che la farò avere personalmente al Papa. Fatto questo, l’amico porta la lettera al Papa e gli chiede com’era finita con questa abbazia. Molto sorpreso, il Santo Padre risponde: «Ma ho già accordato questo permesso, sei mesi fa!» Venne condotta un’inchiesta e si scoprì che qualcuno – noi sappiamo esattamene chi – aveva riposto la lettera del Sommo Pontefice in un cassetto della Segreteria di Stato. Questa volta l’amico dell’Abate – che mi ha raccontato direttamente questa storia, e quindi non si tratta di un «si dice» - ha chiesto al Santo Padre: «Scrivete “concesso” sulla lettera ed io mi incarico di portarla personalmente alla nuova abbazia». In tal modo, per poter portare la novità della decisione del Papa hanno aggirato la Segreteria di Stato.
E questo è solo un esempio.

Per mostrarvi fino a che punto lo stesso Sommo Pontefice è limitato nella sua azione, guardiamo all’ultimo documento a proposito della Messa tridentina. Anche qui abbiamo un bell’esempio delle forze contraddittorie che si muovono a Roma. Da un lato è del tutto evidente che in questo testo è presente la volontà di estendete dappertutto la messa tradizionale, di rendere possibile a tutte le anime l’accesso, non solo alla Messa antica, ma alla maniera in cui venivano amministrati prima i Sacramenti: tutti i libri liturgici sono messi a disposizione di tutti. Ma dall’altro lato e contemporaneamente vi sono delle restrizioni sorprendenti. La prima, parecchio stupefacente, è che i seminaristi diocesani non possono approfittare del rito antico, possono essere ordinati secondo l’antico rito solo quelli che dipendono dalla Commissione Ecclesia Dei.
Perché allora si dice che il Pontificale che contiene l’antico rito per le ordinazioni è reso liberamente disponibile a tutti?
Ma vi è ancora di peggio. Da un lato si constata questa volontà di mettete a disposizione di tutte anime, nel mondo intero, la Messa antica, poi si scopre l’articolo 19, che dichiara che coloro che vogliono beneficiarne non devono appartenere né perfino devono solamente aiutare i gruppi che sono contrari alla Messa nuova. Ma il 95% di coloro che vogliono la Messa antica sono contrari a quella nuova! Perché vogliamo la Messa antica? Se fossimo soddisfatti della nuova, non penseremmo neanche all’antica! Anche quelli che sono contro la validità o la legittimità della nuova Messa sono privati della Messa antica: per loro niente! Niente!
Ma questo non è più un atto di riconciliazione, è un atto di guerra!

Io penso che sono proprio le contraddizioni all’interno stesso del Vaticano che spiegano come divergenze così possano trovarsi in uno stesso testo: ogni parte cerca di ottenere qualcosa. E così noi siamo in mezzo a questo disordine.

Ed ecco che si ascolta ogni sorta di voce, assolutamente tutto quello che è possibile ed anche impossibile ascoltare!
Vi prego, miei carissimi Fratelli, non correte dietro a queste voci. Quando sapremo qualcosa ve la diremo. Non abbiamo mai nascosto niente e non abbiamo alcun motivo per nascondere ciò che succede. Se dunque non vi diciamo niente è perché non è successo niente di nuovo.
Certuni dicono che sta per giungere qualcosa. No, non è vero!
La verità è che io sono stato invitato a Roma dal cardinale Levada e questo avverrà a metà settembre. È tutto quello che so. La cosa riguarda i colloqui che abbiamo avuto con Roma e dopo i quali, come è stato detto, «i documenti di sintesi verranno rimessi alle più alte autorità». Sono queste le parole esatte, ed è questa la sola cosa che io conosco del futuro, tutto il resto non è che invenzione. Allora, vi prego, non correte dietro a queste voci.

Tutto ciò dimostra che la battaglia continua.
Ora, vi sono due pericoli oggi. Uno consiste nel dire che tutto è a posto, tutto è finito, la battaglia è terminata: si tratta di un’immensa illusione. Io posso garantirvi, miei carissimi Fratelli, che se un giorno Roma regolarizzerà infine la nostra posizione canonica, la battaglia comincerà, non sarà la fine di essa! Ma ancora non siamo a questo! Quanto tempo dovremo attendere ancora? Non lo so, non ne ho alcuna idea! Quindi continuiamo a dire che vi è una crisi nella Chiesa. Talvolta è proprio noioso, perché a Roma essi danno l’impressione che tutto vada bene, ma il giorno dopo parliamo con loro… Ed ecco le parole che sentiamo dalla bocca del Segretario della Congregazione per la Fede: «Sapete, ci sono i preti, i vescovi, le Università cattoliche che sono piene di eresie!» Ecco cosa ci ha detto, a giugno del 2009, il Segretario della Congregazione della Fede!
Essi sanno dunque che la situazione della Chiesa è drammatica. Se arrivano a dire che è pieno di eresie dappertutto, questo significherà bene qualcosa!
Ma allo stesso tempo essi si comportano come se fosse tutto a posto. È deludente, è preoccupante, lo ammetto, ma è questa la situazione.


Non lasciatevi quindi prendere da tutte queste illusioni, ma non permettete neanche che vi assalga lo scoraggiamento.
Questa battaglia è lunga, è vero, ma noi non possiamo cambiarla.
Il diavolo resta il diavolo e noi non andiamo a fare la pace col diavolo.
Questo durerà tutto il tempo che Dio lo permetterà, ma noi abbiamo tutto ciò che ci serve per questa battaglia, noi abbiamo la grazia, il sostegno di Dio.
Noi dobbiamo solo continuare questa battaglia, senza scoraggiamento, con serenità. È davvero evidente che noi siamo benedetti da Dio. Eredi dello spirito cristiano, la Messa tradizionale che noi celebriamo nutre questo spirito che è in noi, la spirito di Cristo, quello dei discepoli di Cristo, che ci insegna che dobbiamo rimanere lontani dal mondo, utilizzare moderatamente i beni terreni che non sono quello che vi è di più importante. Il più importante è Dio, il Cielo, è il nostro destino eterno.

Miei carissimi Fratelli, se vi ho chiamati a questa Crociata del Rosario è proprio per aiutarvi a rimanere fuori da queste trappole, da queste illusioni e da questo scoraggiamento. In questa preghiera, con questa catena di rose che ci unisce alla Santissima Vergine Maria noi siamo certi di essere sotto la sua protezione e di combattere quaggiù la buona battaglia. Ella ci guiderà, siatene certi. La Buona Madre non abbandona i suoi figli, ma siate generosi, molto generosi in queste preghiere.
Noi non ci aspettiamo dei buoni frutti per la Chiesa ottenuti con dei semplici accomodamenti umani, noi speriamo di ottenerli con i mezzi soprannaturali e proprio la preghiera è il mezzo più potente che possediamo.
Vi invito dunque a recitare il Rosario, a recitarlo bene, non è importante la quantità, ma la qualità: il modo di pregare. Perché la Santissima Vergine ha consegnato il Rosario a San Domenico? Qual era il suo scopo? Era quello di unire i fedeli a Dio nella contemplazione, tramite la meditazione dei diversi avvenimenti della vita di Nostro Signore e della Santissima Vergine Maria. Questo è lo scopo del Rosario. Non si tratta solo di recitare quindici dozzine o molti rosari, questa è solo la melodia, la musica di fondo che ci aiuta nella meditazione dei misteri che ci uniscono a Nostro Signore Gesù Cristo e alla Santissima Vergine Maria. Dunque preghiamo bene! Il Rosario ben meditato – possiamo starne certi – è un mezzo potentissimo.
Suor Lucia di Fatima ha osato dire che la Santissima Vergine Maria ha dato un’efficacia speciale a questa preghiera, così che il Rosario diventasse la soluzione per tutti i problemi, per tutte le difficoltà.

Proseguendo questa cerimonia, miei carissimi Fratelli, rimettiamoci sotto la protezione della Santissima Vergine Maria, sotto la protezione dello Spirito Santo, chiedendogli di infiammare questo mondo, di depositare il fuoco della carità sempre più nel cuore di questi nuovi sacerdoti e diaconi. Che essi comunichino a loro volta questo fuoco al mondo, il fuoco invincibile della carità, l’amore di Dio e del prossimo per amore di Dio.

Così sia

giovedì 23 giugno 2011

...custodite il testamento di Gesù Cristo, custodite il Sacrificio di Nostro Signore! Conservate la Messa di Sempre!...


"...Che cosa di più bello Gesù poteva dare all'umanità, che cosa di più prezioso, di più Santo, quando moriva sulla croce? Il Suo Sacrificio. La messa è il tesoro più grande e il più ricco dell'umanità che Nostro Signore ci abbia donato...La Messa è "tutto per Dio". Perciò vi dico: per la gloria della Santissima Trinità, per l'amore di Nostro Signore Gesù Cristo, per la devozione della Santissima Vergine Maria, per l'amore della Chiesa, per l'amore del Papa, per l'amore dei Vescovi, dei Sacerdoti, di tutti i fedeli, per la salvezza del mondo...custodite il testamento di Gesù Cristo, custodite il Sacrificio di Nostro Signore! Conservate la Messa di Sempre!..." (Mons. Marcel Lefebvre)

Si chiede Sandro Magister durante il suo recente viaggio sul monte Athos, davanti agli splendori delle liturgie ortodosse:

“ Quali liturgie occidentali, cattoliche, sono oggi capaci d'iniziare a simili misteri e d'infiammare di cose celesti i cuori semplici? Joseph Ratzinger, ieri da cardinale e oggi da papa, coglie nel segno quando individua nella volgarizzazione della liturgia il punto critico del cattolicesimo d'oggi. All'Athos la diagnosi è ancor più radicale: a forza di umanizzare Dio, le Chiese d'Occidente lo fanno sparire. "Il nostro non è il Dio dello scolasticismo occidentale", sentenzia Gheorghios, igúmeno del monastero athonita di Grigoríu. "Un Dio che non deifichi l'uomo non può avere alcun interesse, che esista o meno. È in questo cristianesimo funzionale, accessorio, che stanno gran parte delle ragioni dell'ondata di ateismo in Occidente".

martedì 21 giugno 2011

mentre il Papa riempie ancora gli stadi, le chiese ancora si svuotano

Pubblichiamo questa bellissima analisi di Magdi Cristiano Allam, il quale si è avvicinato al problema e magari anche intravisto la soluzione: la Chiesa ritorni ad essere se stessa. Una Santa Messa papale in una delle chiese di San Marino con tutto quello che il Papa vuole: altare coram Deo, comunione in ginocchio, silenzio ecc. avrebbe accolto magari meno fedeli, ma che impatto avrebbe dato. Purtroppo però se un Vescovo, quando arriva il Santo Padre, non riempe uno stadio si sente un fallito... E invece così l'idea che passa è che niente è cambiato: le differenze, che pur ci sono, sono dovute - si pensa - al cambiamento tra un Papa e l'altro.  È naturale che ognuno ci metta del suo: e così la Comunione in bocca ed in ginocchio e divenuta il "pallino" di Papa Benedetto XVI, e qualcuno tra i fedeli crede che ci si debba inginocchiare perché si va davanti al Papa. E c'è chi glielo lascia credere. Comunque lodiamo la decisione del Delegato per la Liturgia per la Visita del Papa, il quale dopo aver chiesto al Vescovo Diocesano e - pare - anche all'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice ha fatto leggere il seguente comunicato: «In questa domenica della Santissima Trinità, la nostra Chiesa diocesana si ritrova unita con il successore di Pietro per la celebrazione della Santa Messa, fonte e culmine della vita nuova in Cristo. Vogliamo vivere questo momento in comunione con la Chiesa universale, presieduta nella Carità da Sua Santità il Padre Benedetto XVI. Per questo motivo, richiamiamo ora l’attenzione sulle modalità di ricezione della Santa Comunione. (...) I fedeli che, essendosi confessati, si trovano attualmente in stato di Grazia e che dunque, soli, possono ricevere il Corpo Santissimo del Signore, si avvicineranno al ministro loro più vicino. La Comunione, secondo le disposizioni universali vigenti, sarà distribuita solo ed esclusivamente sulla lingua, al fine di evitare profanazioni ma soprattutto per educarci ad avere una sempre maggiore e più alta considerazione del Santo Mistero che è la Presenza Reale di Nostro Signore Gesù Cristo. Non sarà pertanto consentito a nessuno di ricevere la Comunione sulle proprie mani. Dopo aver fatto la debita riverenza, adoreremo l’Ostia che viene successivamente appoggiata sulla lingua. Per chi non fosse impedito per motivi di spazio o di salute, la Comunione può essere ricevuta anche stando in ginocchio».


Il Papa riempie gli stadi, ma le chiese si svuotano
di Magdi Cristiano Allam

Wojtyla era un fenomeno mediatico, Ratzinger no. Il suo compito è un altro: combattere il relativismo

Ieri mattina per la prima volta ho assistito alla messa del Papa in uno stadio, quello di Serravalle nella Repubblica di San Marino. L’organizzazione è stata perfetta, l’accoglienza buona con tutti, l’attenzione nei miei confronti particolarmente calorosa. Tutto ha funzionato nel migliore dei modi, compreso il tempo, imprevedibile fino all'ultimo, che è stato clemente, con una temperatura calda mitigata da un venticello.

Ci sono andato innanzitutto per il fascino che Benedetto XVI esercita da sempre su di me per la sua straordinaria capacità di incarnare il binomio indissolubile tra fede e ragione, sin da quando era ancora il cardinale Joseph Ratzinger ed io ero ancora un musulmano che inseguiva il sogno di coniugare l’islam con i valori non negoziabili finendo per diventare il nemico numero uno dei fanatici di Allah in Italia; un fascino che mi ha illuminato dentro culminando nel dono della fede in Gesù e nel regalo incommensurabile del battesimo ricevuto dalle stesse mani del Vicario di Cristo.

Così come ci sono andato per la stima e l’amicizia che mi lega a monsignor Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro, uno dei pochi alti prelati «islamicamente scorretti» in seno alla Chiesa, un missionario cristiano che con l’apostolato e le opere è votato alla lotta contro la «dittatura del relativismo», come sapientemente la definisce Benedetto XVI, dedito ad affermare la certezza del primato della verità assoluta in Cristo che non lascia pertanto alcun dubbio circa l’esclusione dell’islam dall’essere una religione rivelata o su Maometto dall’essere un autentico profeta ispirato da Dio.

Quando fui inaspettamente invitato quale esperto di questioni islamiche da Bruno Vespa, durante l’agonia di Giovanni Paolo II a pochi giorni dalla sua morte il 2 aprile 2005, a dibattere alla trasmissione Porta a Porta su chi avrebbe potuto essere il successore, mi sorpresi sentirmi rispondere: «Papa Wojtyla è stato il Papa che più di altri è riuscito a riempire le piazze, il suo successore dovrà essere capace di riempire le chiese». Mi sorpresi perché pur non essendo un vaticanista o comunque un esperto della Chiesa cattolica, intuii che il male profondo era il relativismo religioso che aveva trasformato Giovanni Paolo II in una sorta di divo internazionale percepito come affascinante per la sua straordinaria maestria comunicativa capace di farsi amare e di infondere l'amore ovunque nel mondo. Ma al tempo stesso il cristianesimo si riduceva ad essere un fenomeno mediatico, con la conseguenza che è calato l'interesse per la dimensione spirituale, è venuta meno la pratica religiosa dei cattolici e sono crollate le vocazioni. Ho pertanto salutato con gioia e considerato un dono della Provvidenza l'elezione di Benedetto XVI quale paladino della difesa dei dogmi della fede.

Ebbene ieri mi sono sentito in difficoltà percependo un clima da tifoseria nell'accoglienza riservata al Sommo Pontefice al suo ingresso nello stadio, all'inizio e alla fine della Santa Messa. Mi ha colpito il richiamo fatto all'altoparlante da una responsabile dell'organizzazione a non interrompere la cerimonia religiosa con gli applausi. Significativa è stata la sua raccomandazione a non richiedere l'ostia benedetta in mano, di accoglierla direttamente in bocca, per evitare il rischio della «profanazione». Effettivamente constato che in tante chiese in varie parti d'Italia i sacerdoti danno indifferentemente l'ostia in bocca o in mano a secondo della richiesta del fedele. Ebbene se l'indicazione del Papa è che l'ostia va data direttamente in bocca, dovrebbero essere i sacerdoti a saperlo e a farlo. Persino ieri ho visto un sacerdote che, nonostante ci fosse stato un richiamo pubblico, ha dato l'ostia in mano ad un fedele!

L'insieme della cerimonia religiosa è stata uno spettacolo riuscitissimo, con una mirabile sintonia di quattro cori, con l'esercito dei fotografi e teleoperatori che accresce la suggestione per la straordinarietà dell'evento. Ma come fedele il livello della mia partecipazione è stato parziale. È difficile competere, oltretutto in uno spazio immenso, con tenori e soprani. Li si ascolta con ammirazione come si farebbe andando ad un concerto, ma viene meno il coinvolgimento del fedele e il suo sentirsi parte di una comunità dedita alla preghiera e al raccoglimento in vista della comunione con Cristo nato, morto e risorto.

E poi ho avuto la netta sensazione che quel ruolo non si addice proprio al Papa filosofo e teologo impegnato nella sfida epocale contro la dittatura del relativismo. Fa tenerezza e rabbia vederlo chiuso in un gabbiotto anti-proiettile per il pericolo, sempre in agguato, che possa essere assassinato dai terroristi islamici. Ma si tocca con mano il limite personale nell'essere un uomo di spettacolo, capace di affascinare ed entusiasmare per come ti guarda o si muove a prescindere da ciò che dice. Benedetto XVI non lo è e non lo sarà.

Cosa voglio dire? Che se veramente vogliamo vincere la battaglia contro il relativismo religioso e riscattare la solidità della fede in Cristo, non distraiamo il Papa coinvolgendolo in questi spettacoli negli stadi e nelle piazze. Perché più saranno di successo sul piano mediatico e più allontaneranno i fedeli dalle chiese. Il posto del Papa è nelle chiese a diretto contatto con i sacerdoti e con i fedeli, affinché i sacerdoti riscoprano il precetto dell'obbedienza al Vicario di Cristo che hanno sostituito con quello del seguire la propria coscienza, ed affinché i fedeli si sentano confortati dalla bontà della propria scelta di fede in virtù della presenza di testimoni che risultano credibili se ciò che proclamano dal pulpito corrisponde a ciò in cui credono e si traduce in ciò che concretamente fanno.