sabato 26 febbraio 2011

una anno...

Un anno è un buon traguardo per un blog: rigraziamo i nostri lettori e tutti coloro che ci hanno aiutato a iniziare e a continuare... speriamo di poter far meglio in futuro ... sempre...

ad maiorem Dei Gloriam .

ultimi fuochi di una dittatura

Riprendiamo dal blog cordialiter questo testo di grande attualità
I "colonnelli" modernisti

Bisogna pregare molto per la conversione del colonnello Gheddafi. Oggi tutti parlano dei gravi atti che stanno compiendo le milizie fedeli al rais di Tripoli, ma io vorrei che si parlasse (almeno tra i cattolici) anche dei gravi crimini che stanno compiendo i colonnelli modernisti. Se è grave sopprimere indiscriminatamente la vita umana della gente per strada, ancor più grave è assassinare le anime dei fedeli. Ovviamente non dobbiamo odiare i modernisti, bensì le loro tesi eretiche che avvelenano le coscienze.

Se vedessimo soprannaturalmente quello che accade nelle parrocchie al passaggio dei modernisti, vedremmo morti, feriti, devastazioni e macerie, come ai tempi della guerra civile spagnola nelle zone infestate dai rossi. Altro che Bengasi e Tripoli!

Ma come fanno i miliziani modernisti ad uccidere le anime? Semplice, spargendo i nuovi dogmi della nuova religione "politically correct" che hanno inventato. Per la Dottrina Cattolica di sempre, noi siamo stati creati per conoscere, amare e servire Dio su questa terra, per poi potercelo godere in eterno in Paradiso. Da ciò ne deriva che per salvarsi l'anima bisogna impegnarsi a combattere contro le cattive inclinazioni, le tentazioni e i vizi. I modernisti invece narcotizzano le anime distogliendole dalla battaglia per la salvezza dell'anima e le trascinano nel combattimento per la realizzazione di un paradiso sulla terra, così come pretendono di fare i loro amichetti marxisti e tutti i materialisti. Per tranquillizzare le anime, i modernisti le illudono affermando che Dio alla fine perdona tutti, che l'inferno è solo un luogo di purificazione in attesa del paradiso, che per non commettere peccato mortale è sufficiente avere l'opzione preferenziale per il bene, che il demonio non esiste o perlomeno è un innocuo yorkshire, che i rapporti sessuali fuori dal matrimonio sono piccoli peccatucci veniali, che non è necessario confessare i peccati mortali poiché tanto Dio li conosce già, che l'Ostia Consacrata è solo un simbolo di Gesù e che sarebbe idolatria adorarla, che non bisogna pregare troppo la Madonna altrimenti si cade nella superstizione, che divorzio, sodomia e aborto sono diritti civili democraticamente sanciti, che tutte le religioni sono uguali, eccetera, eccetera.

È chiaro che chi si lascia abbindolare dai pifferai modernisti rischia seriamente di allontanarsi dalla vera Religione e di morire spiritualmente.

Sembra che la caduta del colonnello Gheddafi sia imminente. Speriamo che possano "cadere" anche i "colonnelli" modernisti, cioè tutti coloro che uccido le anime della gente con le eresie moderniste. Preghiamo per la loro conversione.

martedì 22 febbraio 2011

Mons. Fellay: "è necessario che giunga il trionfo del Cuore Immacolato della Santissima Vergine! ".

Pubblichiamo la seconda parte dell'intervista concessa da Mons. Fellay al Distretto degli Stati Uniti della FSSPX, il 2 febbraio 2011.

IV La beatificazione di Giovanni Paolo II?

29. L’annuncio della prossima beatificazione di Giovanni Paolo II pone un problema?

Un problema grave, quello di un pontificato che ha fatto fare dei balzi in avanti in senso negativo, nel senso del progressismo e di tutto ciò che si chiama «spirito del Vaticano II». Si tratta dunque della consacrazione, non solo di Giovanni Paolo II, ma anche del Concilio e di tutto lo spirito che l’ha accompagnato.

30. Vi è un nuovo concetto di santità dopo il Vaticano II?

C’è da temerlo! È un concetto di santità per tutti, di santità universale. Non è falso dire che vi è una chiamata, una vocazione alla santità per tutti gli uomini, ma è falso abbassare la santità ad un livello che lascia credere che tutti vadano in cielo.

31. Come potrebbero essere permessi da Dio dei veri miracoli per autenticare una falsa dottrina, in occasione delle molteplici beatificazioni e canonizzazioni fatte in questi ultimi anni?

È questo il problema: sono dei veri miracoli? Sono dei prodigi? Secondo me vi sono dei dubbi. Sono molto stupito della leggerezza con la quale si trattano queste cose, per quanto io possa saperne.

32. Se la canonizzazione impegna l’infallibilità pontificia, possiamo rifiutare i nuovi santi canonizzati dal Papa?

È vero che vi è un problema sulla questione delle canonizzazioni attuali. Tuttavia ci si può chiedere se nei termini utilizzati dal Sommo Pontefice vi sia una reale volontà di impegnare l’infallibilità. Per la canonizzazione, questi termini sono cambiati, e sono divenuti meno forti di un tempo. Penso che questo vada di pari passo con la nuova mentalità che non vuole definire dogmaticamente impegnando l’infallibilità. Tuttavia, riconosciamo che su questo ci troviamo su un terreno problematico… Non v’è risposta soddisfacente, se non quella dell’intenzione dell’autorità suprema di impegnare o meno la sua infallibilità.

33. Si può scegliere tra i nuovi santi proposti alla venerazione dei fedeli? Che ne è di Padre Pio?

Penso che non bisogna scegliere. Tuttavia, si possono sempre conservare i criteri che sono stati riconosciuti universalmente in passato, così, quando vi è una massiccia devozione popolare, come per Padre Massimiliano Kolbe o per Padre Pio, la cosa non dovrebbe presentare delle difficoltà. Ma, ancora una volta, in assenza di un giudizio del Magistero dogmaticamente enunciato, qui si tratta solo di opinioni.

34. Per Mons. Lefebvre, conosce degli esempi di grazie ottenute per sua intercessione?

Si, se ne conoscono, e perfino abbastanza. Ma non so se appartengono veramente all’ordine dei miracoli, forse per l’uno o l’altro caso. Quando si tratta di guarigioni non si hanno, a mia conoscenza, tutti i documenti medici necessari. Per intercessione di Mons. Lefebvre sono ottenute molte grazie, ma non mi spingo oltre.

V – La Fraternità San Pio X

35. La Fraternità ha appena festeggiato un importante anniversario. Come può riassumere questi 40 anni?

Una storia entusiasmante… lacrime, molte, in mezzo a grandi gioie. Una delle gioie più grandi è quella di constatare fino a che punto il Buon Dio ci permette di essere associati a molte delle beatitudini che ha predicato nel Discorso della Montagna, come quella di poter soffrire a causa del Suo Nome. E attraverso tutte le vicissitudini della crisi attuale, vediamo che quest’opera continua a crescere – cosa che, umanamente è prossima all’impossibile. È proprio il segno di Dio sull’opera di Mons. Lefebvre.

36. Vi è un aumento delle vocazioni? E se sì, quali sono le cause?

Credo che vi sia una grande stabilità. Amerei vedere più vocazioni. Penso che bisognerà rilanciare delle crociate per le vocazioni. Il mondo in quanto tale è molto ostile allo sbocciare delle vocazioni, è per questo che occorre provare a ricreare dappertutto un clima nel quale le vocazioni possano nuovamente sbocciare. In effetti vi sono molte vocazioni, ma spesso esse non riescono a maturare a causa di questo mondo materialista.

37. Ultimamente, in occasione del Congresso del Courrier de Rome, a Parigi, Lei ha parlato di una riunione di una trentina di sacerdoti diocesani in Italia, alla quale ha assistito. Cos’è che oggi i sacerdoti si aspettano dalla Fraternità?

Questi sacerdoti ci chiedono innanzitutto la dottrina, il che è un segno eccellente. Se essi vengono da noi è sicuramente perché vogliono la Messa antica, ma dopo la scoperta di questa Messa, essi vogliono dell’altro. E vogliono di più perché scoprono tutto un mondo che riconoscono essere autentico. Essi non hanno dubbi che si tratta della vera religione. E allora hanno bisogno di rinnovare le loro conoscenze teologiche. E non si sbagliano, e vanno direttamente a San Tommaso d’Aquino.

38. Questo movimento di sacerdoti che si rivolgono alla Fraternità è, per gradi diversi, lo stesso in tutti i paesi?

Vi sono certamente dei gradi diversi e anche delle cifre diverse a seconda dei paesi. Ma si ritrova un po’ dappertutto lo stesso fenomeno. Il sacerdote, in genere giovane, che si accosta alla Messa tradizionale, che scopre con grande entusiasmo questo tesoro, percorre pian piano un cammino verso la Tradizione, che alla fine lo rende del tutto tradizionale.

39. Ha la speranza che un tale interesse possa raggiungere certi vescovi, al punto da intravedere una futura collaborazione?

Noi abbiamo già dei contatti con dei vescovi, ma per adesso tutto è congelato a causa delle conferenze episcopali e delle pressioni circostanti, ma non c’è dubbio che in avvenire vi potrà essere una collaborazione con certi vescovi.

40. È pronto a tentare l’esperienza della Tradizione con un vescovo, a livello diocesano?

La cosa non è ancora matura, non siamo ancora a questo punto, ma penso che potremmo arrivarci. Sarà difficile, bisognerà valutare da vicino in che modo lo si possa realizzare. Sarà indispensabile che questo si faccia con dei vescovi che abbiano compreso realmente la crisi e che veramente vogliano saperne di noi.

41. I fedeli sono sempre più numerosi. Le cappelle si moltiplicano. Lo stato di necessità è sempre presente. Ha preso in considerazione la consacrazione di altri vescovi ausiliari per la Fraternità? Pensa che oggi Roma possa essere favorevole a delle consacrazioni episcopali nella Tradizione?

Per me, la risposta è molto semplice: vi saranno o non vi saranno dei vescovi a seconda che si verifichino o meno le circostanze che hanno prevalso per la prima consacrazione.

VI – L’espansione della Fraternità San Pio X negli Stati Uniti

42. Monsignore, abbiamo la gioia di vederLa spesso negli Stati Uniti. Le piace venirvi. Un commento?

Il mio commento è questo: io amo tutte le anime che il Buon Dio ci affida, e negli Stati Uniti non sono poche. Ecco tutto!

43. Ha già potuto incontrare il cardinale Burke?

Ho cercato di vederlo diverse volte, ma non l’ho ancora visto.

4. Sono stati numerosi i vescovi che hanno manifestato il loro sostegno alla Marcia per la Vita, uno di essi è anche intervenuto energicamente contro un ospedale che favorisce l’aborto. Vi è la speranza che essi comprendano che la crisi attuale tocca anche la Fede?

Io penso che, sfortunatamente, tra i vescovi attuali bisogna distinguere tra i costumi e la fede. Così che si potranno trovare più vescovi ancora sensibili ai problemi morali di quanti ve ne siano legati alle questioni della fede. Tuttavia, si può dire che se qualcuno difende con molto coraggio la morale cattolica, necessariamente deve avere la fede, e la sua fede ne sarà anche rafforzata… Questo è ciò che spero, pur riconoscendo che vi sono alcune eccezioni…

45. I vescovi americani vogliono rivedere insieme le direttive date da Giovanni Paolo II per le Università. Quali dovrebbero essere, secondo Lei, le misure urgenti da prendere per fare delle Università attuali delle vere Università cattoliche?

La misura urgente, la prima, è il ritorno alla scolastica. Occorre sbaragliare queste filosofie moderne, ritornare alla sana filosofia, alla filosofia oggettiva, realista. Come all’inizio del XX secolo, San Tommaso deve tornare ad essere la norma. Un tempo le 24 tesi tomiste erano obbligatorie. Occorre ritornarvi, è assolutamente necessario. E dopo questa restaurazione filosofica si potrà continuare con lo stesso slancio in teologia.

46. Mons. Robert Vasa de Baker (Oregon) ha recentemente ricordato che le dichiarazioni della Conferenza Episcopale non possono obbligare un vescovo nella sua diocesi. È questa una rimessa in questione della collegialità promossa dal Concilio?

Su questa questione della collegialità non è solo un vescovo che ha parlato. Il Papa stesso, rivolgendosi alla Conferenza Episcopale Brasiliana, ha usato delle parole molto forti, rimettendo al suo posto il ruolo della Conferenza Episcopale e insistendo sull’autorità personale dei vescovi e sulle loro relazioni dirette con il Santo Padre.

47. Il seminario di Winona è il più importante come numero di seminaristi. Come lo spiega?

Penso che questo sia dovuto, molto semplicemente, alla generosità di questo paese che si lascia facilmente entusiasmare per una buona causa.

48. Che fare per moltiplicare le vocazioni sacerdotali e religiose?

Pregare, pregare, pregare! E anche sacrificarsi.

49. Quali sono i punti importanti della Tradizione negli Stati Uniti?

Penso che vi sia questa generosità di cui ho detto prima, ed anche le scuole. Vero è che vi è un numero considerevole di sacerdoti e che ne servirebbero ancora di più, ma direi che ad essere indispensabili sono soprattutto le scuole. Occorre anche incoraggiare l’aiuto alle famiglie tradizionali. Occorre mettere in piedi un movimento per le famiglie, per sostenerle, per formarle. La famiglia è la prima cellula della società. Essa è fondamentale nell’ordine naturale e nell’ordine soprannaturale.

50. Qual è secondo Lei, Monsignore, l’importanza delle scuole?

È un’importanza capitale. È il futuro. La giovinezza sarà cattolica se ha ricevuto una buona formazione. E per questo ci servono delle scuole cattoliche.

51. Le famiglie numerose, perché generose, talvolta sono ridotte a fare la scuola a casa. Cosa raccomanda a quelle che hanno accesso a delle buone scuole?

Quelle che hanno accesso a delle buone scuole non esitino un istante: mandino i figli in queste scuole! La scuola in casa non sostituirà mai una buona scuola. Naturalmente la cosa diversa è se non vi sono buone scuole.

52. Pensa, Monsignore, di indire una nuova crociata del Rosario? Cosa raccomanda oggi ai fedeli?

Sì! La situazione del mondo, la situazione della Chiesa – lo si vede proprio – continua ad essere molto cupa, anche se vi sono dei bagliori di speranza, e questi elementi angoscianti ci obbligano più che mai a raddoppiare l’intensità nella preghiera, nel ricorso alla Santa Vergine. Oggi per i fedeli è indispensabile la preghiera, la preghiera in famiglia, rinnovata, frequente, accompagnata da ciò che forma l’anima cristiana: lo spirito di sacrificio.

VII – Per concludere

53. Monsignore, il prossimo anno Lei festeggerà 30 anni di sacerdozio, di cui 20 a capo della Fraternità San Pio X. Quali sono stati gli avvenimenti più importanti in tutti questi anni?

È tutto un romanzo!… Sicuramente, bisogna citare per primo le consacrazioni! Come avvenimenti importanti figurano anche la gioia di essere stato vicino a Mons. Lefebvre, la gioia di essere stato vicino a Don Schmidberger, e di aver imparato molto al loro fianco; anche la gioia di aver potuto lavorare con gli altri vescovi della Fraternità, come anche con tutti i nostri sacerdoti in un grande slancio di zelo per la Fede, per il mantenimento della Chiesa cattolica.

54. Un auspicio per gli anni a venire?

Che la Chiesa ritrovi i suoi binari! È un’immagine, ma è veramente il nostro augurio. E per questo è necessario che giunga il trionfo del Cuore Immacolato della Santissima Vergine! Ne abbiamo tanto bisogno!

Grazie, Monsignore, per aver accettato di rispondere a questa intervista.

Intervista raccolta nel seminario San Tommaso d’Aquino di Winona, USA, il 2 febbraio 2011,
nella festa della Presentazione di Gesù e della Purificazione della Santissima Vergine

"Tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli" (Luca 22, 32).


"Credo del popolo di Dio"


Paolo VI mentre proclama il Credo del popolo di Dio


Tra il 1967 e il 1968, papa Paolo VI dedicò un anno di celebrazioni agli apostoli Pietro e Paolo, in occasione del diciannovesimo centenario del loro martirio. Lo chiamò "Anno della Fede". E lo concluse in piazza San Pietro, il 30 giugno 1968, pronunciando una solenne professione di fede, il "Credo del popolo di Dio". Il testo di questo Credo ricalcò quello formulato al Concilio di Nicea, che si recita in ogni messa, con importanti spiegazioni.
Ecco il testo integrale del Credo del popolo di Dio pronunciato solennemente da Paolo VI il 30 giugno 1968, nella traduzione ufficiale in lingua italiana:


"Νοi crediamo in un solo Dio..."

Νοi crediamo in un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, Creatore delle cose visibili, come questo mondo ove trascorre la nostra vita fuggevole, delle cose invisibili quali sono i puri spiriti, chiamati altresì angeli, e Creatore in ciascun uomo dell'anima spirituale e immortale.

Νοi crediamo che questo unico Dio è assolutamente uno nella sua essenza infinitamente santa come in tutte le sue perfezioni: nella sua onnipotenza, nella sua scienza infinita, nella sua provvidenza, nella sua volontà e nel suo amore. Egli è Colui che è, com'egli stesso ha rivelato a Mosè; e egli è Amore, come ci insegna l'Apostolo Giovanni: cosicché questi due nomi, Essere e Amore, esprimono ineffabilmente la stessa realtà divina di colui, che ha voluto darsi a conoscere a noi, e che abitando in una luce inaccessibile è in se stesso al di sopra di ogni nome, di tutte le cose e di ogni intelligenza creata. Dio solo può darci la conoscenza giusta e piena di se stesso, rivelandosi come Padre, Figlio e Spirito Santo, alla cui eterna vita noi siamo chiamati per grazia di lui a partecipare, quaggiù nell'oscurità della fede e, oltre la morte, nella luce perpetua, l'eterna vita. I mutui vincoli, che costituiscono eternamente le Tre Persone, le quali sono ciascuna l'unico e identico Essere divino, sono la beata vita intima di Dio tre volte santo, infinitamente al di là di tutto ciò che noi possiamo concepire secondo l'umana misura. Intanto rendiamo grazie alla bontà divina per il fatto che moltissimi credenti possono attestare con noi, davanti agli uomini, l'Unità di Dio, pur non conoscendo il mistero della Santissima Trinità.

Νοi dunque crediamo al Padre che genera eternamente il Figlio; al Figlio, Verbo di Dio, che è eternamente generato; allo Spirito Santo, Persona increata che procede dal Padre e dal Figlio come loro eterno Amore. In tal modo, nelle tre Persone divine, coeterne e coeguali, sovrabbondano e si consumano, nella sovraeccellenza e nella gloria proprie dell'Essere increato, la vita e la beatitudine di Dio perfettamente uno; e sempre deve essere venerata l'Unità nella Trinità e la Trinità nell'Unità.

Noi crediamo in nostro signore Gesù Cristo, Figlio di Dio. Egli è il Verbo eterno, nato dal Padre prima di tutti i secoli, e al Padre consustanziale, homoousios to Patri; e per mezzo di lui tutto è stato fatto. Egli si è incarnato per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo: eguale pertanto al Padre secondo la divinità, e inferiore al Padre secondo l'umanità, ed egli stesso uno, non per una qualche impossibile confusione delle nature, ma per l'unità della persona.

Egli ha dimorato in mezzo a noi, pieno di grazia e di verità. Egli ha annunciato e instaurato il Regno di Dio, e in sé ci ha fatto conoscere il Padre. Egli ci ha dato il suo comandamento nuovo, di amarci gli uni gli altri com'Egli ci ha amato. Ci ha insegnato la via delle Beatitudini del Vangelo: povertà in spirito, mitezza, dolore sopportato nella pazienza, sete della giustizia, misericordia, purezza di cuore, volontà di pace, persecuzione sofferta per la giustizia. Egli ha patito sotto Ponzio Pilato, Agnello di Dio che porta sopra di sé i peccati del mondo, ed è morto per noi sulla Croce, salvandoci col suo sangue redentore. Egli è stato sepolto e, per suo proprio potere, è risorto nel terzo giorno, elevandoci con la sua Risurrezione alla partecipazione della vita divina, che è la vita della grazia. Egli è salito al cielo, e verrà nuovamente, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, ciascuno secondo i propri meriti; sicché andranno alla vita eterna coloro che hanno risposto all'Amore e alla Misericordia di Dio, e andranno nel fuoco inestinguibile coloro che fino all'ultimo vi hanno opposto il loro rifiuto. E il suo Regno non avrà fine.

Noi crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dona la vita; che è adorato e glorificato col Padre e col Figlio. Egli ci ha parlato per mezzo dei Profeti, ci è stato inviato da Cristo dopo la sua Risurrezione e la sua Ascensione al Padre; egli illumina, vivifica, protegge e guida la Chiesa, ne purifica i membri, purché non si sottraggano alla sua grazia. La sua azione, che penetra nell'intimo dell'anima, rende l'uomo capace di rispondere all'invito di Gesù: Siate perfetti com'è perfetto il Padre vostro celeste.

Noi crediamo che Maria è la Madre, rimasta sempre Vergine, del Verbo Incarnato, nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo, e che, a motivo di questa singolare elezione, essa, in considerazione dei meriti di suo Figlio, è stata redenta in modo più eminente, preservata da ogni macchia del peccato originale e colmata del dono della grazia più che tutte le altre creature.

Associata ai misteri della Incarnazione e della Redenzione con un vincolo stretto e indissolubile, la Vergine Santissima, l'Immacolata, al termine della sua vita terrena è stata elevata in corpo e anima alla gloria celeste e configurata a suo Figlio risorto, anticipando la sorte futura di tutti i giusti; e noi crediamo che la Madre Santissima di Dio, nuova Eva, Madre della Chiesa, continua in cielo il suo ufficio materno riguardo ai membri di Cristo, cooperando alla nascita e allo sviluppo della vita divina nelle anime dei redenti.

Νοi crediamo che in Adamo tutti hanno peccato: il che significa che la colpa originale da lui commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a tutti gli uomini, in uno stato in cui essa porta le conseguenze di quella colpa, e che non è più lo stato in cui si trovava all'inizio nei nostri progenitori, costituiti nella santità e nella giustizia, e in cui l'uomo non conosceva né il male né la morte. È la natura umana così decaduta, spogliata della grazia che la rivestiva, ferita nelle sue proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini; ed è in tal senso che ciascun uomo nasce nel peccato. Νοi dunque professiamo, col Concilio di Trento, che il peccato originale viene trasmesso con la natura umana, non per imitazione, ma per propagazione, e che esso è proprio a ciascuno.

Νοi crediamo che Nostro Signor Gesù Cristo mediante il Sacrificio della Croce ci ha riscattati dal peccato originale e da tutti i peccati personali commessi da ciascuno di noi, in maniera tale che, secondo la parola dell'Apostolo, là dove aveva abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia.

Noi crediamo in un solo battesimo, istituito da Nostro Signor Gesù Cristo per la remissione dei peccati. Il battesimo deve essere amministrato anche ai bambini che non hanno ancor potuto rendersi colpevoli di alcun peccato personale, affinché essi, nati privi della grazia soprannaturale, rinascano dall'acqua e dallo Spirito santo alla vita divina in Gesù Cristo.

Νοi crediamo nella Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica, edificata da Gesù Cristo sopra questa pietra, che è Pietro. Essa è il Corpo mistico di Cristo, insieme società visibile, costituita di organi gerarchici, e comunità spirituale; essa è la Chiesa terrestre, Popolo di Dio pellegrinante quaggiù, e la Chiesa ricolma dei beni celesti; essa è il germe e la primizia del Regno di Dio, per mezzo del quale continuano, nella trama della storia umana, l'opera e i dolori della Redenzione, e che aspira al suo compimento perfetto al di là del tempo, nella gloria. Nel corso del tempo, il Signore Gesù forma la sua Chiesa mediante i Sacramenti, che emanano dalla sua pienezza. E con essi che la Chiesa rende i propri membri partecipi del mistero della Morte e della Risurrezione di Cristo, nella grazia dello Spirito Santo, che le dona vita e azione. Essa è dunque santa, pur comprendendo nel suo seno dei peccatori, giacché essa non possiede altra vita se non quella della grazia: appunto vivendo della sua vita, i suoi membri si santificano, come, sottraendosi alla sua vita, cadono nei peccati e nei disordini, che impediscono l'irradiazione della Sua Santità. Perciò la Chiesa soffre e fa penitenza per tali peccati, da cui ha il potere di guarire i suoi figli con il Sangue di Cristo ed il dono dello Spirito Santo.

Erede delle promesse divine e figlia di Abramo secondo lo Spirito, per mezzo di quell'Israele di cui custodisce con amore le sacre Scritture e venera i Patriarchi e i Profeti; fondata sugli Apostoli e trasmettitrice, di secolo in secolo, della loro parola sempre viva e dei loro poteri di Pastori nel Successore di Pietro e nei Vescovi in comunione con lui; costantemente assistita dallo Spirito Santo, la Chiesa ha la missione di custodire, insegnare, spiegare e diffondere la verità, che Dio ha manifestato in una maniera ancora velata per mezzo dei Profeti e pienamente per mezzo del Signore Gesù. Noi crediamo tutto ciò che è contenuto nella Parola di Dio, scritta o tramandata, e che la Chiesa propone a credere come divinamente rivelata sia con un giudizio solenne, sia con il magistero ordinarlo e universale. Νοi crediamo nell'infallibilità, di cui fruisce il Successore di Pietro, quando insegna ex cathedra come Pastore e Dottore di tutti i fedeli, e di cui è dotato altresì il Collegio dei Vescovi, quando esercita con lui il magistero supremo.

Noi crediamo che la Chiesa, che Gesù ha fondato e per la quale ha pregato, è indefettibilmente una nella fede, nel culto e nel vincolo della comunione gerarchica. Nel seno di questa Chiesa, sia la ricca varietà dei riti liturgici, sia la legittima diversità dei patrimoni teologici e spirituali e delle discipline particolari lungi dal nuocere alla sua unità, la mettono in maggiore evidenza.

Riconoscendo poi, al di fuori dell'organismo della Chiesa di Cristo, l'esistenza di numerosi elementi di verità e di santificazione che le appartengono in proprio e tendono all'unità cattolica, e credendo all'azione dello Spirito Santo che nel cuore dei discepoli di Cristo suscita l'amore per tale unità, noi nutriamo speranza che i cristiani, i quali non sono ancora nella piena comunione con l'unica Chiesa, si riuniranno un giorno in un solo gregge con un solo Pastore.

Noi crediamo che la Chiesa è necessaria alla salvezza, perché Cristo, che è il solo Mediatore e la sola via di salvezza, si rende presente per noi nel suo Corpo, che è la Chiesa. Ma il disegno divino della salvezza abbraccia tutti gli uomini: e coloro che, senza propria colpa, ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, ma cercano sinceramente Dio e sotto l'influsso della sua grazia si sforzano di compiere la sua volontà riconosciuta nei dettami della loro coscienza, anch'essi, in un numero che Dio solo conosce, possono conseguire la salvezza.

Νοi crediamo che la Messa, celebrata dal sacerdote che rappresenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel sacramento dell'Ordine, e da lui offerta nel nome di Cristo e di membri del suo Corpo Mistico, è il Sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari. Noi crediamo che, come il pane e il vino consacrati dal Signore nell'ultima Cena sono stati convertiti nel suo Corpo e nel suo Sangue che di lì a poco sarebbero stati offerti per noi sulla Croce, allo stesso modo il pane e il vino consacrati dal sacerdote sono convertiti nel Corpo e nel Sangue di Cristo gloriosamente regnante nel cielo; e crediamo che la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad apparire come prima ai nostri sensi, è una presenza vera, reale e sostanziale.



Pertanto Cristo non può essere presente in questo Sacramento se non mediante la conversione nel suo Corpo della realtà stessa del pane e mediante la conversione nel suo Sangue della realtà stessa del vino, mentre rimangono immutate soltanto le proprietà del pane e del vino percepite dai nostri sensi. Tale conversione misteriosa è chiamata dalla Chiesa, in maniera assai appropriata, transustanziazione. Ogni spiegazione teologica, che tenti di penetrare in qualche modo questo mistero, per essere in accordo con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino han cessato di esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il Corpo e il Sangue adorabili del Signore Gesù ad esser realmente dinanzi a noi sotto le specie sacramentali del pane e del vino, proprio come il Signore ha voluto, per donarsi a noi in nutrimento e per associarci all'unità del suo Corpo Mistico.

L'unica ed indivisibile esistenza del Signore glorioso nel cielo non è moltiplicata, ma è resa presente dal sacramento nei numerosi luoghi della terra dove si celebra la Messa. Dopo il sacrificio, tale esistenza rimane presente nel Santo Sacramento, che è, nel tabernacolo, il cuore vivente di ciascuna delle nostre chiese. Ed è per noi un dovere dolcissimo onorare e adorare nell'Ostia Santa, che vedono i nostri occhi, il Verbo incarnato, che essi non posso no vedere e che, senza lasciare il cielo, si è reso presente dinanzi a noi.

Noi confessiamo che il Regno di Dio, cominciato quaggiù nella Chiesa di Cristo, non è di questo mondo, la cui figura passa; e che la sua vera crescita non può esser confusa con il progresso della civiltà, della scienza e della tecnica umane, ma consiste nel conoscere sempre più profondamente le imperscrutabili ricchezze di Cristo, nello sperare sempre più fortemente i beni eterni, nel rispondere sempre più ardentemente all'amore di Dio, e nel dispensare sempre più abbondantemente la grazia e la santità tra gli uomini. Ma è questo stesso amore che porta la Chiesa a preoccuparsi costantemente del vero bene temporale degli uomini. Mentre non cessa di ricordare ai suoi figli che essi non hanno quaggiù stabile dimora, essa li spinge anche a contribuire – ciascuno secondo la propria vocazione ed i propri mezzi – al bene della loro città terrena, a promuovere la giustizia, la pace e la fratellanza tra gli uomini, a prodigare il loro aiuto ai propri fratelli, soprattutto ai più poveri e ai più bisognosi. L'intensa sollecitudine della Chiesa, Sposa di Cristo, per le necessità degli uomini, per le loro gioie e le loro speranze, i loro sforzi e i loro travagli, non è quindi altra cosa che il suo grande desiderio di esser loro presente per illuminarli con la luce di Cristo e adunarli tutti in lui, unico loro Salvatore. Tale sollecitudine non può mai significare che la Chiesa conformi se stessa alle cose di questo mondo, o che diminuisca l'ardore dell'attesa del suo Signore e del Regno eterno.

Noi crediamo nella vita eterna. Noi crediamo che le anime dl tutti coloro che muoiono nella grazia di Cristo, sia che debbano ancora esser purificate nel purgatorio, sia che dal momento in cui lasciano il proprio corpo siano accolte da Gesù in Paradiso, come egli fece per il Buon Ladrone, costituiscono il Popolo di Dio nell'aldilà della morte, la quale sarà definitivamente sconfitta nel giorno della risurrezione, quando queste anime saranno riunite ai propri corpi.

Νοi crediamo che la moltitudine delle anime, che sono riunite intorno a Gesù ed a Maria in Paradiso, forma la Chiesa del cielo, dove esse nella beatitudine eterna vedono Dio così com'è e dove sono anche associate, in diversi gradi, con i santi Angeli al governo divino esercitato da Cristo glorioso, intercedendo per noi ed aiutando la nostra debolezza con la loro fraterna sollecitudine.

Noi crediamo alla comunione tra tutti i Fedeli di Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la propria purificazione e dei beati del cielo, i quali tutti insieme formano una sola Chiesa; noi crediamo che in questa comunione l'amore misericordioso di Dio e dei suoi Santi ascolta costantemente le nostre preghiere, secondo la parola di Gesù: Chiedete e riceverete. E con la fede e nella speranza, noi attendiamo la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.


Sia benedetto Dio santo, santo, santo. Amen.



Pronunciato davanti alla Basilica di San Pietro, il 30 giugno dell'anno 1968, sesto del Nostro Pontificato.



PAOLO PP. VI

lunedì 21 febbraio 2011

una testimonianza vibrante.....

I "criteri" smossi dalla pazientissima documentazione di Enrico e Redazione di Messainlatino ( su tutta la vicenda che da tempo accompagna il MP sulla Sacra Liturgia, nonchè di Summorum Pontificum del 2007), sono davvero sostanziosi, e altrettanto ragionevoli le ultime domande a chiusura del testo che, proprio perchè domande, ci lasciano sempre un barlume di speranza...

Io non so se davvero in internet possa leggere qualche Vescovo o qualcuno che lavora alla Santa Sede, ma affido ugualmente al mio Angelo Custode questa Testimonianza che si fa anche Supplica, affinchè raggiunga chi deve:
con fiducia in Cristo.... vorrei associare tale speranza a quella provata in questi giorni...

sposata da 27 anni il marito mi è diventato "non praticante"....

tuttavia ha lasciato a me di coltivare in famiglia quella speranza, rispettandola, di poter crescere i figli nella fede Cattolica praticante...e a me di poter realizzare quella forte Vocazione che sentivo nel divenire Catechista, esercitando così questa missione da ben 23 anni e di realizzare persino la vocazione domenicana con santa Caterina da Siena entrando nel Terz'Ordine da 18 anni...

Noi abbiamo "riscoperto" il così detto oramai "mondo della TRADIZIONE", (ben consapevoli di quanto sia errato l'uso di certe etichette) ... soltanto una decina d'anni fa, e soltanto dopo il Summorum Pontificum siamo andati alla Messa nella forma "straordinaria" per la prima volta a Trieste....

L'amico Don Camillo poi ci fece il più bel regalo di Natale due anni fa..... quando celebrò per noi questa Sacra Liturgia nel giorno in cui la Luce della Vita Vera cominciava ad irradiarsi nella nostra Famiglia....

In questo settimo trasferimento siamo approdati a Venezia e non ritengo un "caso" inutile il fatto che ci sia stata data l'opportunità di conoscere la FSSP (san Pietro) e di poter frequentare più "ordinariamente" ciò che viene ripetuto essere (incomprensibilmente) "straordinaria"....

Infatti, soddisfacendo ogni Domenica il Precetto Festivo con la Messa nella forma antica, come si può considerarla "straordinaria" se tale Precetto è nell'ordinarietà del dovere del Cattolico?

Non voglio neppure cercare risposta, la lascio al Buon Dio che a tutto vede e provvede soprattutto alle nostre necessità spirituali.

Venendo al dunque mio marito soffre da anni di attacchi di panico....

ci soffre dall'adolescenza ed è probabile, secondo lui stesso, che questi attacchi di panico invece di avvicinarlo al Signore, lo hanno allontanato e questo perchè, seppur lui stesso ammette la sua pigrizia, non ha trovato nella Liturgia qualche stimolo o qualcosa che potesse aiutarlo....non ha trovato in quelle, seppur rare volte che ha consultato un sacerdote, una soddisfacente risposta, stimolo, che potesse aiutarlo a superare i tanti ostacoli che si sono accumulati lungo il suo cammino.

Quando partecipò a questa prima Messa celebrata da Don Camillo, mi confessò che non c'aveva capito nulla, ma tuttavia quell'amore per il LATINO conosciuto con gli studi classici, lo avevano in qualche modo "risvegliato" se non altro ad una attenzione mai più provata... e per la prima volta si era reso conto che il "protagonista" di quella celebrazione non era l'amico Don Camillo, ma Qualcun Altro che egli rendeva Presente.

Mio marito segue con me spesso le letture qui in internet, e di recente parliamo in casa anche di questi temi ecclesiali, ed ho notato una crescente partecipazione.

Ieri il "miracolo"!

Dopo l'ennesimo attacco di panico ha accettato di venire con me alla Messa celebrata da Padre Konrad....

Al termine della Messa, ringraziando e salutando il reverendo Padre, gli ha detto: "Io non ci capisco molto, ma una cosa è certa! Finalmente una Messa come Cristo comanda!!"

Nel sondare le sue impressioni ha detto esplicitamente che descrivere cosa si prova durante questa Liturgia è impossibile perchè "ti smuove dentro qualcosa che riguarda il senso del sacro fino in fondo, fino a provare quella sensazione che Dio esiste davvero...."

Mio marito ha tenuto subito a dire che non si tratta di emozionalismo (mi è piaciuto questo immediato chiarimento ), tanto meno di sensazionalismo, ma di VERO CULTO...

Lui è "obbligato" istituzionalmente a partecipare, ogni tanto soprattutto nei Precetti Festivi come il Natale, Pasqua, la Festa di san Matteo, ecc... a delle Messe per lavoro....come rappresentante della divisa che indossa....e mi spiegava ieri, appunto, come la Messa moderna sia diventata, a questo punto, una sorta di "obbligo creativo" dove il protagonista è sia il prete che celebrando assume di se ogni attenzione, sia l'assemblea la quale deve rispondere ad una sorta di programma prestabilito, altrimenti la Messa "non fa il suo effetto"....

al contrario, alla Messa nella forma straordinaria ha avvertito che il Protagonista non era Padre Konrad, ma Qualcun'Altro che pur non vedendo, ne "sentiva una Presenza Sacra, MISTICA", una Presenza rivelata dai gesti e DAL SILENZIO del Celebrante che interagiva con l'Assemblea non in quanto protagonista, ma in quanto lì ad ACCOGLIERE il Mistero....

Le sue non sono state semplici "impressioni" ma potrei dire "apprensione" nel senso più positivo possibile.

Un uomo che nella sua vita ha raggiunto i massimi livelli di grado.... che ha messo su una famiglia Cattolica, che combatte la "buona battaglia" non solo per le Istituzioni e per i cittadini, ma anche verso se stesso per placare gli attacchi di panico e per vincere la sua scommessa con la vita per comprendere cosa ci sia davvero dopo la morte, ha saputo riconoscere il valore e la ricchezza del Summorum Pontificum per il quale mi dice: " è un ATTO storico che senza dubbio è stato fatto anche per quelli come me, lontani dall'essere praticanti, ma non senza speranza...".

E' incredibile come, pur senza essere liturgisti, il vero ed autentico DIALOGO (specialmente in casa) su questi argomenti, abbia suscitato in noi ed in particolare in mio marito, non semplicemente un interesse legato come spesso si dice negativamente ai "pizzi e merletti", ma bensì associato ad una vera COMPRENSIONE della Liturgia Cattolica, del Culto a Dio, della Tradizione autentica.... è lui che niente meno mi spiegava ieri di come avesse compreso perfino il perchè Benedetto XVI si stia occupando così energicamente "di una Riforma Liturgica che solo apparentemente potrebbe interessare esclusivamente piccoli gruppi interni alla Chiesa!"

Infatti, mi spiegava: non può interessare solo piccoli gruppi, la "Forma" è fondamentale già di per se in ogni Istituzione, a maggior ragione è fondamentale per la Chiesa e non semplicemente per "piccoli gruppi".

Lui che di Istituzioni non solo se ne intende, ma ha dato la sua vita ricoprendone alti incarichi, comprende perfettamente l'importanza dell'Obbedienza, della Fedeltà, della corretta interpretazione, ma soprattutto il valore della TRADIZIONE senza la quale il ruolo stesso che lui ricopre a servizio dello Stato, perderebbe ogni attrattiva, ogni buon senso e perfino la credibilità.

In tal senso la distinzione autentica fra Stato e Chiesa non può che trovare un punto di vero incontro proprio nella Tradizione e per loro, militari che obbediscono e partecipano anche a delle iniziative della Chiesa, non può che trovare un punto di incontro davvero efficace che quello della Liturgia, nella quale si NUTRE il laico che messo nel mondo opera nelle Istituzioni dello Stato le quali, come afferma lo stesso Cristo: ricevono perfino il loro potere da Dio stesso al quale non devono far altro che lasciarGli il sacrosanto diritto di operare nel mondo...

In tutto ciò, mi spiegava, il valore della Liturgia e le discussioni che si sono accese attorno ad essa, non sono altro una legittima azione della Chiesa di riappropriarsi di quel "senso del Sacro" che si è perduto, e se un laico che è anche praticante Cattolico, non trova più i legami con la propria Tradizione, difficilmente potrà essere di vero aiuto allo Stato, in poche parole è quella connaturale situazione che si è venuta a creare e che identifichiamo nel "catto-progressismo" ....

La Liturgia, in questa sua Forma nella Tradizione, mi spiegava: "consente al laico che vive nel mondo, di staccare davvero la presa con il mondo, e di vivere un momento "mistico" e di Preghiera dalla quale ne esci davvero ricaricato e pronto per ritornare al lavoro quotidiano...."

E infine mi spiegava quanto segue: " tanto per fare un esempio, ogni tanto mi capita di dover andare a rapporto dai miei superiori, oppure, in quanto superiore io stesso, devo ricevere altri a rapporto, in questo contesto si ascolta il "capo", si memorizzano le sue richieste, si obbedisce agli ordini impartiti....

Con la Messa moderna ciò non mi sovviene! senza dubbio che sono cosciente che il sacerdote che ho davanti mi dice ciò che il "Capo" vuole dirmi, ma è anche vero che manca tutto il contesto nel quale questo "incontro mistico" deve avvenire trattandosi, in questo caso, di Dio, di un evento soprannaturale che la grazia rende palese e reale. Nella Messa antica infatti sembra di vivere un "rapporto personale" un "Tu" fra me e Dio, e se è vero che l'incontro comunitario è importante, è assai più importante che ci sia però anche quel "Tu" nel quale il mio "io" si fa da parte, almeno una volta la settimana, per imparare che esiste quel "TU" al quale devo obbedienza, fedeltà, credibilità, ma soprattutto visibilità.

Nel mio lavoro io non do mai visibilità a me stesso, così dovrebbe essere e così spero che sia, la divisa che porto non solo mi rammenta che io sto lavorando per un "Altro", ma da ai cittadini la garanzia che quello che faccio con tutto il contorno del lavoro, è per loro che hanno il diritto di ricevere il miglior servizio!

Compito del cittadino non è certo quello di organizzare il mio lavoro, ma di riceverlo dignitosamente!

Così credo sia per un Sacerdote, o così almeno dovrebbe essere.

La Messa che celebra è a mio parere l'incontro fondamentale con questo "Tu" dove il mio "io" arriva a piegare le proprie ginocchia di fronte al Mistero, dove forse è l'unico momento soprannaturale attraverso il quale la grazia insegna la vera umiltà e dove il mio "io" finalmente TACE, trova ristoro, impara qualcosa di essenziale, e spera ancora di convertirsi a ciò che il mondo ci ha fatto credere di non esistere...

Ma per giungere a questo io credo davvero che la Messa nella Forma antica, sia davvero più efficace e più eloquente di tanti mille discorsi, o di tanti progetti di evangelizzazione, se infatti un uomo, perfino prosaico come mi ritengo, non riesce a piegarsi o a provare sensibilità soprannaturale di fronte a questa forma di Liturgia, allora si che ogni speranza sarebbe davvero conclusa.... tuttavia il fatto che proprio questa Messa e non altre forme, ha saputo risvegliare in me quel seme, come voi dite, piantato da Dio dentro ognuno di noi, allora significa che c'è speranza e questa speranza alla Messa di ieri si è riaccesa...."

APPELLO AI VESCOVI

Amati Vescovi, carissimo Santo Padre, non abbandonateci!

Non abbandonate questa strada intrapresa, non uccidete la Speranza! Non vogliate imporre l'ingiustizia! Se è vero che si prendono più mosche con il miele, la Messa nella forma antica è quel MIELE, quel nettare che attira molte anime che seppur stordite dai veleni del mondo, non hanno ancora perduto la speranza di salvarsi e di trovare ciò che cercano....

A Voi, amati Vescovi, non si chiede l'obbligo di celebrare con quella Forma, ma lasciate davvero che Anime come queste possano ritornare a Dio attraverso LA BELLEZZA di una Tradizione che essendo anche una forma "istituzionale" può smuovere oggi anche i cuori più induriti e difficili che non vogliono "concelebrare una Messa" ma desiderano solo ASSAPORARNE IL MISTERO IN SILENZIO MEDITATIVO....

Invochiamo san Giuseppe e san Michele Arcangelo a difesa della Chiesa Orante attraverso questa Liturgia Sacra, e l'Angelo Custode affinchè si faccia postino Celeste di queste speranze del "piccolo gregge"...

In Cristo Nostro Signore, Gesù Cristo +

e Maria santissima!

LDCaterina63









domenica 20 febbraio 2011

intervista a Mons. Fellay: "In termini di diritto, il fatto di aver riconosciuto che l’antica legge, quella della Messa tradizionale, non è mai stata abrogata è un passo capitale per ridare il suo posto alla Tradizione"

Pubblichiamo la prima parte dell'intervista concessa da Mons. Fellay al Distretto degli Stati Uniti della FSSPX, il 2 febbraio 2011, nella quale sono affrontate tutte le questioni relative alla vita della Chiesa e a quella della Fraternità San Pio X.



I – I colloqui dottrinali

1. Monsignore, Lei ha scelto di intraprendere dei colloqui dottrinali con Roma. Ce ne può ricordare lo scopo?

Occorre distinguere lo scopo romano dal nostro. Roma ha indicato che esistevano dei problemi dottrinali con la Fraternità e che bisognava chiarirli prima di un riconoscimento canonico, - problemi che chiaramente sarebbero da parte nostra, trattandosi dell’accettazione del Concilio. Ma per noi si tratta di altra cosa, noi desideriamo dire a Roma ciò che la Chiesa ha sempre insegnato e, per ciò stesso, intendiamo evidenziare le contraddizioni che esistono fra questo insegnamento plurisecolare e ciò che si pratica nella Chiesa da dopo il Concilio. Per quanto ci riguarda, è questo il solo scopo che perseguiamo.

2. Qual è la natura di questi colloqui: negoziati, discussioni o esposizione della dottrina?

Non si può parlare di negoziati. Non si tratta affatto di questo. Vi è, per un verso, un’esposizione della dottrina, e per l’altro una discussione, poiché abbiamo effettivamente un interlocutore romano col quale discutiamo su dei testi e sul modo di comprenderli. Ma non si può parlare di negoziati, né di ricerca di un compromesso, poiché si tratta di una questione di Fede.

3. Ci può ricordare il metodo di lavoro utilizzato? Quali sono i temi che sono già stati affrontati?

Il metodo di lavoro è quello dello scritto: vengono redatti dei testi sui quali si baserà il colloquio teologico ulteriore. Sono già stati affrontati diversi temi. Ma per adesso lascio questa domanda in sospeso. Posso dire semplicemente che siamo alla conclusione, poiché abbiamo fatto il giro delle grandi questioni poste dal Concilio.

4. Può presentarci gli interlocutori romani?

Sono degli esperti, cioè dei professori di teologia che sono anche consultori della Congregazione per la Dottrina della Fede. Si può dire dei «professionisti» di teologia. Vi è uno svizzero, il Rettore dell’Angelicum, il Padre Morerod; un gesuita, un po’ più anziano, il Padre Becker; un membro dell’Opus Dei, nella persona del suo Vicario generale, Mons. Ocariz Braña; poi Mons. Ladaria Ferrer, Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, e infine il moderatore, Mons. Guido Pozzo, Segretario della Commissione Ecclesia Dei.

5. Vi è un’evoluzione nel pensiero dei nostri interlocutori, dopo che hanno letto le esposizioni dei teologi della Fraternità?

Non penso che si possa dirlo.

6. Mons. De Galarreta, nel corso dell’omelia per le ordinazioni a La Reja, a dicembre 2010, ha detto che Roma aveva accettato che il Magistero anteriore al Vaticano II fosse assunto come «unico criterio comune e possibile» in questi colloqui. Vi è qualche speranza che i nostri interlocutori rivedano il Vaticano II o si tratta di una cosa impossibile per loro? Il Vaticano II è veramente una pietra d’inciampo?

Penso che bisogna porre la domanda in altro modo. Dalle distinzioni fatte da Papa Benedetto XVI nel suo discorso del dicembre 2005, si capisce molto bene che una certa interpretazione del Concilio non è più permessa e dunque, senza parlare direttamente di una revisione del Concilio, vi è malgrado tutto una certa volontà di rivedere il modo di presentare il Concilio. La distinzione può sembrare sottile, ma è proprio su questa distinzione che si basano coloro che non vogliono toccare il Concilio e che nondimeno riconoscono che, a causa di un certo numero di ambiguità, vi è stata un’apertura in direzione di strade proibite, di cui bisogna ricordare che sono proibite. – Il Vaticano II è una pietra d’inciampo? Per noi sì, senza alcun dubbio!

7. Perché è così difficile per loro ammettere una contraddizione tra il Vaticano II e il Magistero anteriore?

La risposta è molto semplice. Dal momento in cui si riconosce il principio secondo il quale la Chiesa non può cambiare, se si vuole fare accettare il Vaticano II si è obbligati a dire che esso non ha cambiato niente. È per questo che non accettano di riconoscere delle contraddizioni tra il Vaticano II e il Magistero anteriore. E tuttavia sono a disagio nello spiegare la natura del cambiamento che è effettivamente accertato.

8. Al di là della testimonianza della Fede, è importante e vantaggioso per la Fraternità recarsi a Roma? È pericoloso? Pensa che questo possa durare a lungo?

È molto importante che la Fraternità porti questa testimonianza, è anche la ragione di questi colloqui dottrinali. Si tratta veramente di far risuonare a Roma la fede cattolica e – perché no? – ancor meglio farla risuonare in tutta la Chiesa.

Un pericolo esiste, ed è quello di nutrire delle illusioni. Si capisce che certi fedeli hanno potuto nutrire delle illusioni. Ma gli ultimi avvenimenti hanno provveduto a dissiparle. Penso all’annuncio della beatificazione di Giovanni Paolo II o a quello di una nuova Assisi nella linea delle riunioni interreligiose del 1986 e del 2002.

9. Il Papa segue da vicino questi colloqui? Li ha già commentati?

Penso di sì, ma non so nulla di preciso. Li ha commentati? In occasione della riunione dei suoi collaboratori, a Castel Gandolfo, ha detto che era soddisfatto. È tutto.

10. Si può dire che il Santo Padre, che da più di venticinque anni ha trattato con la Fraternità, oggi si dimostri nei suoi confronti più favorevole che nel passato?

Non ne sono sicuro. Sì e no. Penso che in quanto Papa egli abbia il fardello di tutta la Chiesa, la preoccupazione per la sua unità, il timore di vedere dichiarato uno scisma. Lui stesso ha detto che erano questi i motivi che lo spingevano ad agire. Oggi egli è il capo visibile della Chiesa ed è questo che può spiegare perché agisce così. Questo significa che manifesta una maggiore comprensione per la Fraternità? Io credo che egli abbia una certa simpatia per noi, ma con dei limiti.

11. Riassumendo, che direbbe oggi di questi colloqui?

Se occorresse rifarli, li rifarei. È molto importante. È capitale. Se si spera di correggere tutto un movimento di pensiero, non si può fare a meno di questi colloqui.

12. Da qualche tempo si fanno sentire le voci di ecclesiastici, come Mons. Gherardini o Mons. Schneider, che nella stessa Roma pronunciano delle vere critiche sui testi del Vaticano II, non solo sulla loro interpretazione. Si può sperare che questo movimento si amplifichi e penetri all’interno del Vaticano?

Io non dico che lo si può sperare, ma che bisogna sperarlo. Bisogna veramente sperare che questi inizi di critiche - diciamo: obiettive, serene – si sviluppino. Fino ad oggi si è sempre considerato il Vaticano II come un tabù, e questo rende quasi impossibile la guarigione da questa malattia che è la crisi nella Chiesa. Occorre poter parlare dei problemi e andare al fondo delle cose, altrimenti non si arriverà mai ad applicare i rimedi giusti.

13. La Fraternità può svolgere un ruolo importante in questa presa di coscienza? Come? Qual è il ruolo dei fedeli in questo contesto?

Da parte della Fraternità sì, essa può svolgere un ruolo, e precisamente quello di presentare ciò che la Chiesa ha sempre insegnato e di porre delle obiezioni sulle novità conciliari. Il ruolo dei fedeli consiste nel dare una prova con l’azione, poiché essi sono la prova che oggi la Tradizione è vivibile. Ciò che la Chiesa ha sempre chiesto, la disciplina tradizionale, è non solo attuale, ma realmente vivibile anche oggi.

II – L’effetto Motu Proprio

14. Monsignore, pensa che il Motu Proprio, malgrado le sue deficienze, sia un passo in favore della restaurazione della Tradizione?

È un passo capitale. È un passo che si può chiamare essenziale, anche se fino ad oggi praticamente non ha avuto effetto, o molto poco, perché vi è un’opposizione massiccia dei Vescovi. In termini di diritto, il fatto di aver riconosciuto che l’antica legge, quella della Messa tradizionale, non è mai stata abrogata è un passo capitale per ridare il suo posto alla Tradizione.

15. Concretamente, a partire dal Motu Proprio, Lei ha visto nel mondo degli importanti cambiamenti da parte dei Vescovi sulla Messa tradizionale?

No. Qui o là alcuni obbediscono al Papa, ma sono rari.

16. E per quanto riguarda i sacerdoti?

Sì, vedo un grande interesse da parte loro, ma molti di essi sono perseguitati. Occorre un coraggio straordinario per osare semplicemente applicare il Motu Proprio così com’è stato emanato. Certo, vi sono sempre più sacerdoti che si interessano alla Messa tradizionale, soprattutto tra le giovani generazioni. E questo è consolante!

17. Vi sono delle comunità che hanno deciso di adottare l’antica liturgia?

Forse ve ne sono diverse, ma ve n’è una che si conosca, in Italia, quella dei Francescani dell’Immacolata, che ha deciso di ritornare all’antica liturgia. Per il ramo femminile questo è già stato fatto. Per i sacerdoti che sono implicati nella vita delle diocesi la cosa non è sempre facile.

18. Cosa consiglia ai fedeli che, a partire dal Motu Proprio e grazie ad esso, hanno una Messa tradizionale più vicina per loro di quanto lo sia una cappella della Fraternità San Pio X?

Per prima cosa io consiglio di chiedere il parere dei sacerdoti della Fraternità, di non andare alla cieca a qualunque Messa tradizionale celebrata vicino a loro. La Messa è un tesoro, ma vi è anche il modo di dirla e tutto quello che l’accompagna: l’omelia, il catechismo, il modo di amministrare i Sacramenti… Ogni Messa tradizionale non è automaticamente accompagnata dalle condizioni richieste perché porti tutti i suoi frutti e protegga l’anima dai pericoli della crisi attuale. Dunque, si chieda prima consiglio ai sacerdoti della Fraternità.

19. La liturgia non è l’elemento di fondo della crisi nella Chiesa. Lei pensa che il ritorno della liturgia sia sempre l’inizio di un ritorno all’integrità della Fede?

La Messa tradizionale ha una potenza di grazia assolutamente straordinaria. Lo si vede nell’azione apostolica, lo si vede soprattutto nei sacerdoti che ritornano ad essa, è veramente l’antidoto alla crisi. Essa è realmente molto potente, a tutti i livelli, quello della grazia, quello della fede… Penso che se si lasciasse una vera libertà alla Messa antica la Chiesa potrebbe uscire assai presto da questa crisi, ma nondimeno questo comporterebbe parecchi anni!

20. Da lungo tempo, il Papa parla della «riforma della riforma». Lei pensa che egli voglia tentare di conciliare la liturgia antica con la dottrina del Vaticano II, in una riforma che sarebbe una via di mezzo?

Ascolti, per adesso non se ne sa niente! Si sa che egli vuole questa riforma, ma fin dove andrebbe? E alla fine tutto sarebbe fuso insieme, «forma ordinaria» e «forma straordinaria»? Non è quello che troviamo nel Motu Proprio, che chiede che si distinguano bene le due «forme» e che non le si mischi: il che è molto saggio. Occorre aspettare e vedere, per adesso atteniamoci a ciò che dicono le autorità romane.

III – Assisi 2011

21. Il Santo Padre ha annunciato la prossima riunione di Assisi. Lei ha reagito nella sua omelia a Saint-Nicolas, del 9 gennaio 2011, e ha fatto sua l’opposizione che fu di Mons. Lefebvre in occasione della prima riunione di Assisi, 25 anni fa. Pensa di intervenire direttamente presso il Santo Padre?

Se me ne sarà data l’occasione e se essa potrà portare dei frutti, perché no?

22. È così grave chiamare le altre religioni ad operare per la pace?

Sotto un certo aspetto, e solo sotto tale aspetto, no. Chiamare le altre religioni ad operare per la pace – una pace civile – non è un problema; ma in questo caso non si tratterebbe del livello religioso, ma di quello civile. Non sarebbe un atto di religione, ma molto semplicemente l’atto di una società religiosa che opera civilmente in favore della pace. E non sarebbe la pace religiosa ad essere ricercata, ma la pace civile tra gli uomini. Invece, chiedere che in occasione di questa riunione si pongano degli atti religiosi è un’assurdità, perché tra le religioni vi è un’incomprensione radicale. In queste condizioni non si capisce cosa significhi tendere alla pace, quando non si è neanche d’accordo sulla natura di Dio, sul significato che si dà alla divinità. Ci si chiede veramente come si possa giungere a qualcosa di serio.

23. Si può pensare che il Santo Padre non intenda l’ecumenismo alla stessa maniera di Giovanni Paolo II. Non si tratterebbe di una differenza di grado nello stesso errore?

No, io credo che egli l’intenda alla stessa maniera. Egli dice proprio: «È impossibile pregare insieme». Ma bisogna vedere cosa intenda con questo esattamente. Ne ha data una spiegazione nel 2003, in un libro intitolato «La fede, la verità, la tolleranza, la cristianità e le religioni del mondo». Trovo che egli tagli il capello in quattro. Cerca di giustificare Assisi. Ci si chiede proprio come questo sarà possibile il prossimo ottobre.

24. Degli intellettuali italiani hanno manifestato pubblicamente la loro inquietudine sulle conseguenze di una tale riunione. Conosce altre reazioni all’interno della Chiesa?

Hanno ragione. Vediamo altre reazioni all’interno della Chiesa? Negli ambienti ufficiali, no. Da noi, evidentemente sì.

25. Vi sono state delle reazioni dalle comunità Ecclesia Dei?

Che io sappia, no.

26. Come spiega che il Santo Padre che denuncia il relativismo in campo religioso e che si era anche rifiutato di assistere alla riunione di Assisi del 1986, possa voler commemorare tale riunione reiterandola?

Per me è un mistero. Non lo so. Penso che forse egli subisca delle pressioni o delle influenze. Probabilmente è spaventato per le azioni anticristiane, le violenze anticattoliche: le bombe in Egitto, in Iraq. Forse è questa la ragione che lo ha spinto ad attuare quest’atto di una nuova Assisi, atto che non voglio chiamare disperato, ma che è stato posto in maniera disperata… Prova a fare qualcosa. Non mi stupirei se fosse così, ma non so niente di più.

27. Vi è la possibilità che il Santo Padre rinunci a questa manifestazione religiosa?

Non si sa molto bene come verrà organizzata. Bisognerà vedere. Suppongo che cercheranno di provare a minimizzarla, poiché, ancora una volta, per l’attuale Papa è impossibile che dei gruppi differenti possano pregare insieme quando non riconoscono lo stesso Dio. Ci si chiede quindi ancora e sempre cos’è che possano fare insieme!

28. Che devono fare i cattolici di fronte a quest’annuncio di un’Assisi III?

Pregare che il Buon Dio in un modo o in un altro intervenga perché la cosa non avvenga, e in ogni caso incominciare già a riparare.