venerdì 7 ottobre 2011

la Bella Addormentata do Gnocchi e Palmaro. Chi sarà il Principe che la risveglierà? Lo sappiamo già. E' il giorno che tanto attendiamo ........ che ignoriamo

Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro
La Bella addormentata.
Perché dopo il Vaticano II  la Chiesa è entrata in crisi.
Perché si risveglierà


Recensione del libro a firma di Cristina Siccardi


 
Nel leggere il libro di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, La Bella addormentata. Perché dopo il Vaticano II la Chiesa è entrata in crisi. Perché si risveglierà, edito da Vallecchi, non si può che rimare sconcertati e addolorati nel constatare che la Chiesa è stata scossa nelle sue fondamenta fino a rischiare la profanazione della sua sacralità. Ma la Bella, oggi addormentata, da chi è stata insidiata? È lui, il grande nemico di sempre, vigile e ruggente, diabolico per essenza, Satana.
Il testo spiega in modo lineare e alla portata di tutti la patologia che ha colpito la Chiesa, facendone una diagnosi esplicita e puntuale. La crisi ecclesiale è da decenni che si manifesta, ma tutti tacevano e le poche voci coraggiose venivano subito silenziate, come esponenti di un mondo tradizionalista da perseguitare e demolire come qualcosa di pericolosissimo e settario. Quale giustificazione, allora, i cattolici davano alle cattive pieghe della Chiesa? «si imputava l’origine di tutti i mali alla mancata applicazione del Concilio o, quanto meno, all’annacquamento della sua carica innovativa: in una parola, al tradimento» (1) e i traditori più colpevoli avevano un volto preciso a causa del loro marchio di cattolicità: Monsignor Marcel Lefebvre, Romano Amerio, padre Cornelio Fabro, don Divo Barsotti, padre Pio da Pietrelcina…
Tuttavia la Verità è più forte della menzogna. Gnocchi e Palmaro lo dimostrano con questo loro compendio che sintetizza, in maniera mirabile, a volte con toni ironici, a volte con accenti gravi, ciò che è accaduto negli ultimi tempi: gli studi di grandi personalità come il teologo di Santa Romana Chiesa, Monsignor Brunero Gherardini (2), e del professor Roberto de Mattei (3) sono stati determinanti per rompere, finalmente, la calotta ghiacciata, una calotta costituita dal «superdogma» (4) del Concilio Vaticano II, così compatta e così dura che sembrava infrangibile. Ma di fronte all’evidenza di un’apostasia generalizzata, di una decadenza dei costumi, di un’ignoranza religiosa, nell’a b c della dottrina cattolica, divenuta ormai crassa, di una sete di Fede di credenti ormai insoddisfatti o, addirittura, angosciati, i perché e i punti interrogativi, ormai, sono non soltanto doverosi, ma scontati. Le voci della passata generazione che erano state scandalose e per le quali ci si copriva le orecchie per non sentirle sono state sostituite provvidenzialmente da quelle di intellettuali contemporanei. E allora, come dice don Massimo Vacchetti: «Alla vigilia dei cinquant’anni della convocazione conciliare occorre superare la stagione ideologica che ne ha caratterizzato la recezione, ricomporre le ferite inferte in questi anni e restituire al popolo cattolico quelle certezze di pensiero e di fede su cui, solo, è possibile camminare lieti di ciò che ci attende, grati per ciò che ci ha preceduto» (cfr. http://www.libertaepersona.org/dblog/articolo.asp?articolo=2774).
La
Chiesa, e nessuno può negarlo, si è progressivamente secolarizzata e ciò non è, secondo Gnocchi e Palmaro, un problema di interpretazione del Concilio Vaticano II, ma un problema intrinseco a quei documenti che l’Assise ha prodotto. Ha affermato padre Serafino Lanzetta, teologo dei Francescani dell’Immacolata: «Fino a poco tempo fa, il solo pensare di potersi porre in modo critico dinanzi al Vaticano II, appariva come una cripto-eresia per la coltre di silenzio che necessariamente doveva regnare, ammantandolo solo di lodi […]. Il Vaticano II è un problema? Sì, nel senso che le radici dell’estro postconciliare non sono solo nel postconcilio. Il postconcilio non dà ragione di sé. Per amore della Chiesa e per il futuro delle fede nel mondo, bisogna esaminare la radice del problema» (5).
A stupire, nello scenario intellettuale, non sono più soltanto coloro che seguono la cosiddetta Scuola di Bologna, dove si inneggia alla “benefica” rivoluzione maturata nella Chiesa grazie al Concilio Vaticano II, ma anche la «Balena Bianca ecclesiale votata a un conservatorismo invaghito del presente» (6), si tratta di una lettura neocentrista secondo la quale le ragioni della crisi della Chiesa e, dunque, della Fede sarebbero sorte successivamente al Concilio a causa dell’interpretazione rivoluzionaria dei documenti. Pertanto, la soluzione consisterebbe nel separare il Concilio dal postconcilio. Si tratta, in definitiva, di una posizione di compromesso, un escamotage per far finta di nulla, negando l’evidenza dei fatti. Si sceglie, in pratica, la linea del Peppone di Don Camillo che, ascoltando i terrificanti racconti del parroco a riguardo della Russia sovietica, afferma: «Lasciatemi in pace, preferisco tenermi la mia idea di Russia, voi tenetevi la vostra» (7).
Fenomeni che nella Chiesa non si erano mai visti, come la rivolta liturgica o l’ecumenismo, sono chiari frutti del giacobinismo conciliare. Entrambi sono da ricondurre ad esigenze protestantizzanti: l’assemblea, la Parola e il memoriale della cena per quanto riguarda la Messa, escludendo il Santo Sacrificio, mentre l’istanza ecumenica nacque da alcuni missionari protestanti all’inizio del Novecento, i quali promossero iniziative atte a dialogare fra le innumerevoli confessioni riformate.
Il Vaticano II fu il primo Concilio ad essere esclusivamente pastorale e non dogmatico, deviando l’attenzione dalla Fede e dalla sua ortodossia, un effetto che riconduce, inevitabilmente, al clima culturale progressista degli anni Sessanta, quando l’ortoprassi prese il posto della filosofia autentica, ovvero quando ci si pose domande non più sull’esistenza (Chi chiamo? Da dove veniamo? Da chi andremo?), ma sulla contingenza esperienziale, personale e terrena.
Fu così che molti, nella Chiesa, «pensarono che quel treno, veloce e moderno, non potesse essere perduto: bisognava salirci sopra a tutti i costi» (8). Un treno che oggi è deragliato, ma che all’epoca nessuno voleva perdere perché troppo allettante era il pensiero di quei teologi che volevano, come stilisti d’avanguardia, disegnare e confezionare un abito alla moda alla Sposa di Cristo, un abito nuovo e con esso un linguaggio à la page. I novatori erano così volenterosi e tronfi delle loro idee che misero persino in dubbio il potere del Papa. Fu così che acquisirono un potere del tutto straordinario e dottrinalmente ingiustificato le Conferenze episcopali, che nacquero i consigli pastorali, le assemblee parrocchiali…
Il libro di Gnocchi e Palmaro offre anche un’interessante disamina sul potere che i media ebbero all’interno dell’Assise: furono loro, oltre che i teologi modernisti, ad influire su quei vescovi che non erano né progressisti, né fortemente legati alla Tradizione. Così accadde che padre Antoine Wenger de «La Croix», Raniero La Valle su «Avvenire d’Italia», Henri Fesquet di «Le Monde», don René Laurentin de «Le Figaro», il redentorista americano Francis X. Murphy sul «New Yorker Magazine» ed altri abbiano avuto influenza nelle decisioni conciliari. E fu così che nel Concilio non si parlò dei problemi e degli errori del mondo (per esempio il comunismo, l’indifferentismo religioso, la secolarizzazione o il modernismo nella Chiesa), bensì di come la Chiesa poteva avvicinare i «lontani», come poteva spalancare il proprio portone al mondo… e l’imprudenza fu immensa, visto che il fumo di Satana (come lo ebbe a definire Paolo VI nel 1972) poté entravi con tutta la sua virulenza.
D’altra parte gli esiti del Concilio sono stati obiettivamente visti dai vincitori di quell’Assise: «Abbiamo in qualche modo contribuito con la nostra azione precedente anche all’esito del Concilio», lascia scritto il «partigiano» (9), Giuseppe Dossetti, «Si è potuto fare qualcosa al Concilio in funzione di un’esperienza storica vissuta nel mondo politico, anche da un punto di vista tecnico assembleare che qualcosa ha contato. Perché nel momento decisivo proprio la mia esperienza assembleare […] ha capovolto le sorti del Concilio stesso» (10). Di fronte a queste dichiarazioni non si può restare indifferenti. Ma proprio da qui presero le mosse personaggi come Enzo Bianchi, che fondò la Comunità di Bose l’8 dicembre 1965, guarda caso, giorno della chiusura del Concilio. Eppure, la realtà ecumenica di Bose, che ha oltrepassato le più rosee speranze dei primi missionari protestanti di cui si è parlato, nonostante l’ampio successo mediatico, non ha a tutt’oggi alcun riconoscimento ecclesiastico. Il fatto che la comunità del “profeta” Bianchi «non possa essere contemplata dentro la struttura di questa Chiesa significa solo che la struttura di questa Chiesa deve mutare: troppo gerarchica, costantiniana, fondata sul potere, vecchia» (11).
Il lettore vedrà snocciolarsi, pagina dopo pagina, le ragioni di una problematicità conciliare chiara ed evidente, così netta che, se il cattolico seriamente intenzionato a comprendere la realtà dei fatti, non potrà che arrivare ad una convinzione tanto cruda quanto amara: la Chiesa è stata ingannata e allora, come disse Paolo VI, il Papa che vide la sciagura, ma non l’arrestò: «Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza» (29 giugno 1972). Tuttavia la Sposa di Cristo troverà la forza di risvegliarsi dal lungo letargo causato dal sonnifero conciliare e a risvegliarla saranno coloro che non usano la Chiesa per i propri fini, siano essi materiali o ideologici, ma coloro che la amano veramente, perdutamente, persino pronti a perdere se stessi per Lei.


Cristina Siccardi


Note
1. A. Gnocchi - M. Palmaro, La Bella addormentata. Perché dopo il Vaticano II la Chiesa è entrata in crisi. Perché si risveglierà, Vallecchi, Firenze 2011, p. 15.
2. B. Ghereradini, Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Casa Mariana Editrice, Frigento 2009. B. Gherardini, Concilio Vaticano II. Il discorso mancato, Lindau, Torino 2011.
3. R. de Mattei, Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, Lindau, Torino 2010.
4. «La verità é che questo particolare Concilio [Vaticano II] non ha definito alcun dogma, e ha deliberatamente scelto di rimanere a un livello modesto, come un concilio meramente pastorale; eppure molti lo considerano quasi come fosse un super-dogma, che priva di significato tutti gli altri concili» (Cardinale Joseph Ratzinger, Santiago del Cile 1988).
5. A. Gnocchi - M. Palmaro, op. cit., p. 16-17.
6. A. Gnocchi - M. Palmaro, op. cit., p. 20.
7. A. Gnocchi - M. Palmaro, op. cit., pp. 30-31.
8. A. Gnocchi - M. Palmaro, op. cit., p. 57.
9. A. Gnocchi - M. Palmaro, op. cit., p. 109.
10. A. Gnocchi - M. Palmaro, op. cit., p. 110.
11. A. Gnocchi - M. Palmaro, op. cit., pp. 120-121.

A. Gnocchi - M. Palmaro, La Bella addormentata. Perché dopo il Vaticano II la Chiesa è entrata in crisi. Perché si risveglierà, Vallecchi, Firenze 2011, pp. 243, € 12,50.