sabato 10 aprile 2010

Polonia semper fidelis

Ai figli e alle figlie della Nazione Polacca le nostre commosse condoglianze.

Requiem aeternam dona eis Domine

Un altro passo verso la Consacrazione della Russia?

giustizia da elefanti



Dall’India rimbalza sulla rete la notizia di un comportamento assai anomalo di alcuni branchi di elefanti in Orissa: si tratta di un fenomeno di cui si ignorano, almeno fino ad oggi, le cause naturali, se vi sono. L’Orissa è tristemente nota per le terribili persecuzioni perpetrate due anni dagli indù ai danni delle comunità cristiane. Ricordiamo i fatti: nel luglio 2008, una grave persecuzione scoppiata contro i cristiani nello stato indiano di Orissa nell’India orientale provoca numerosi morti e molti danni. Una suora di 22 anni è stata bruciata viva, quando una folla infuriata ha dato alle fiamme un orfanotrofio nel villaggio di Khuntpali, nel Distretto di Barhgarh. Un’altra suora è stata violentata da una banda di Kandhamal. Molte le chiese attaccate, furono anche incendiate e distrutte non poche case di cristiani. Il risultato finale è stato di più di 500 cristiani uccisi in odio alla Fede, migliaia di feriti e senza tetto, dopo che le loro case furono ridotte in cenere.

Ma ora si viene a conoscenza di un evento strano e drammatico che si è verificato in Orissa portando molte persone a riflettere: negli ultimi mesi, branchi di elefanti selvaggi sono scesi nei villaggi dove vivono alcuni dei peggiori persecutori dei cristiani. In un villaggio dove, nei mesi di luglio e agosto del 2008 i cristiani furono costretti a fuggire per salvarsi la vita, mentre le loro case venivano distrutte dai manifestanti, una mandria di elefanti è arrivata dalla giungla circostante esattamente un anno dopo, nello stesso tempo e nello giorno dell’inizio dell’attacco. In primo luogo hanno attaccato una struttura di proprietà di uno dei principali leader della persecuzione anticristiana. Poi si sono trasferiti in città e hanno distrutto la sua casa e fattoria. Nello stato di Orissa, centinaia di abitanti sono stati costretti a rifugiarsi nei campi profughi dopo ripetuti attacchi delle mandrie. Nelle ultime settimane nel distretto di Kandhamal, sette persone sono state uccise e altre ferite in attacchi da parte di un gruppo di una dozzina di elefanti. Il branco sembra aver percorso circa 300 km per arrivare nel Kandhamal. In un crescendo di audacia, gli elefanti attaccano solo le case dei persecutori, lasciando intatte le case cristiane.

Durante questi strani attacchi gli elefanti hanno distrutto oltre 700 abitazioni in 30 villaggi e ucciso cinque persone. Nessuno nella regione aveva mai visto un branco di elefanti selvaggi come questo. Gli elefanti non si comportano normalmente: sembrano perseguire uno scopo. In genere, gli elefanti più piccoli vanno in avanscoperta: dopo il loro ritorno alla mandria, sono poi più grandi elefanti che si impegnano nel "servizio".

Un missionario in India, ha dichiarato: "Crediamo che questo può avere qualcosa a che fare con la vendetta per il sangue dei martiri. In realtà, il timore di Dio è disceso sulla popolazione locale, che chiama gli elefanti "elefanti cristiani". I funzionari governativi ammettono anche confusione e impotenza di fronte a questi elefanti che hanno distrutto selettivamente coltivazioni e abitazioni.

Una domanda: ci sono elefanti a New York?


Perché il Signore ha permesso?


La questione della pedofilia nella Chiesa
tra attacchi strumentali e verità

E’ già da tempo che se ne parla, ma ogni tanto la questione torna alla ribalta prepotentemente. Ci riferiamo alla pedofilia nella Chiesa. E’ bene dunque avere degli argomenti per cercare di capire il perché di tale questione e soprattutto come eventualmente rispondere da un punto di vista apologetico. E’ evidente che in tal senso si tratta tanto di un’apologetica da offrire a chi è lontano quanto a chi -come noi- già ama indegnamente la Chiesa e vuole continuare ad amarla.

La diffusione della pedofilia è esito della “rivoluzione sessuale”

Prima di tutto va detto che la pedofilia è presente in tutti gli ambienti e in tutte le categorie sociali. E’ un fenomeno che -è bene saperlo ed è bene dirlo- è in aumento. La causa è nella cosiddetta rivoluzione sessuale; tanto nella sua dimensione teorica (negazione dell’oggettività della morale e di conseguenza esaltazione di una sessualità da vivere unicamente come fonte di piacere, ovvero in una prospettiva istintiva e ludica) quanto in quella pratica (promuovendo costumi di evidente liberazione sessuale). Nel ’68 si diffuse un celebre slogan che diceva: “Inventate nuove perversioni sessuali!”

Insomma, la rivoluzione sessuale, concependo la sessualità come pura istintività, conduce inevitabilmente anche ad una “giustificazione” di qualsiasi perversione sessuale. Cosa dovrebbe frenare gli istinti sessuali se non la ragione e la volontà, ma come possono la ragione e la volontà operare questo se sono stati già fatti fuori in una concezione della sessualità che non conferisce ad essi più alcuna autorità? Inoltre, venendo meno la norma naturale con la legittimazione dell’omosessualità, non si capisce quale possa essere l’elemento che impedisca altre perversioni sessuali come, per esempio, la pedofilia. Lo stesso argomento che riguardasse l’immaturità dei bambini è un rifarsi a criteri naturali. E’ una contraddizione richiamare criteri di legge di natura dopo che gli stessi criteri sono stati fatti fuori per la pornografia e l’omosessualità. Il noto deputato del parlamento europeo, Daniel Cohn-Bendit, esponente di punta delle rivolte studentesche, processato per abusi su bambini commessi quando era maestro elementare in una scuola di Francoforte, si giustificò dichiarando che la rivoluzione sessuale del ‘68 fece sì che anche le pratiche pedofile rientrassero nell’esaltazione di una completa libertà sessuale. (Cfr. F.MERLO, L’ex del ’68 e il diario di un pedofilo, in Corriere della Sera del 9.3.2001.)

A tal riguardo va anche ricordato che la pedofilia può essere esito di un altro fenomeno: la “saturazione sessuale”. Una volta che si concepisce la sessualità solo ed unicamente sotto la prospettiva del piacere, alcuni soggetti, particolarmente predisposti, possono andare verso una “necessità” di provare esperienze sempre più nuove e diverse per poter rinnovare quel piacere che si ritiene essere l’unico fondamento e l’unica ragione della sessualità stessa.

Da ciò va detto che bisogna essere molto cauti nel parlare della pedofilia come una malattia. Se per “malattia” intendiamo ciò che va contro l’ordine naturale delle cose, è evidente che la pedofilia sia una malattia gravissima; ma se con il termine di “malattia” si vuole intendere (così come sembra da parte della cultura dominante) un impulso talmente irrefrenabile da non poter essere controllato dalla ragione e dalla volontà, e che quindi la sua esplicazione sarebbe al di là della responsabilità individuale, allora si afferma qualcosa di totalmente sbagliato. Qualcosa –badate bene- che è esito di convinzioni tipicamente freudiane e post-freudiane: la vita dell’uomo sarebbe del tutto condizionata da impulsi irrazionali, piuttosto che dal dominio della ragione e della volontà.

I casi di pedofilia nel clero

Dette queste cose, veniamo alla pedofilia nella Chiesa. E’ evidente che l’esistenza di tale aberrante fenomeno in tutti gli ambienti non ne rende meno grave l’esistenza nel clero. Anzi, in un certo senso lo rende ancora più grave. Per almeno due motivi. Primo: perché addolora che un sacerdote, che è sacramentalmente alter Christus, possa comportarsi in maniera così indegna da offendere l’innocenza intoccabile dei bambini. Secondo: perché la presenza di un tale fenomeno anche nel clero dimostra come alcuni ambienti ecclesiastici si siano talmente appiattiti sul mondo e sulla cultura dominante da esserne di fatto influenzati. E’ evidente che se si trattasse di un caso, sarebbe un conto. Il problema è che non è solo un caso!

E allora adesso chiediamoci nel dolore (che però non deve mai essere abbattimento paralizzante) cosa si può fare. Forse per poter dare una risposta a questa domanda dovremmo prima di tutto porcene un’altra: perché il Signore ha permesso che la Sua Chiesa si sporcasse talmente? Ricordiamo le parole che l’allora cardinale Ratzinger scrisse in occasione della meditazione per la nona stazione della Via Crucis del 25 marzo 2005: “Signore spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. (…) Con la nostra caduta ti trasciniamo a terra, e Satana se la ride, perché spera che non riuscirai più a rialzarti da quella caduta; (…).”

Perché il Signore ha permesso?

Dunque -dicevamo- perché il Signore ha permesso (il che ovviamente non significa ‘voluto’) tale sporcizia? Diamo indegnamente ed umilmente una riposta. Una risposta che dividiamo relativamente alle accuse e relativamente al fatto in sé.

Per quanto riguarda le accuse, affinché chi è chiamato a maggiori responsabilità capisca che i nemici della Chiesa esistono e stanno facendo di tutto per distruggerla. Come abbiamo già detto la pedofilia è diffusa dappertutto, ma –stando ai media- sembra che sia presente maggiormente se non unicamente nella Chiesa Cattolica. E questa sembra proprio una grande operazione di mistificazione. Soprattutto contro questo Papa si sta organizzando un attacco inaudito. E’ un papa che sta cercando di mettere le cose a posto in merito al rispetto della dottrina di sempre della Chiesa, e lo si attacca per questo. Una prima prova fu in occasione del ritiro della scomunica ai vescovi della Fraternità San Pio X di monsignor Marcel Lefebvre. La famosa intervista ad uno di questi vescovi, monsignor Williamson, rilasciata ad una televisione svedese, intervista in cui il prelato affermava di credere ad un minor numero di ebrei uccisi nei lager, fu tenuta per mesi nel cassetto per poi tirarla fuori in occasione della remissione della scomunica, con il chiaro intento di colpire Benedetto XVI. Adesso si sta cercando l’argomento della pedofilia. Insomma, il Signore vuol far capire che tutto quell’entusiasmo nei confronti del mondo, da addirittura porre la Chiesa in ascolto del mondo stesso (modernismo teologico) ha fallito nei fatti. Il mondo -se può- divorerebbe la Chiesa. Papa Leone XIII, nella enciclica Inimica Vis (8.12.1892), scrive: “(C’è) una forza nemica che, sotto l’istigazione e l’impulso dello spirito del male, non ha smesso di combattere il nome cristiano, e si è sempre associata a certi uomini per riunire e dirigere i loro sforzi distruttori contro le verità rivelate da Dio, e, per mezzo di funeste discordie, contro l’unità della società cristiana. Sono là, come le coorti disposte per l’attacco, e nessuno ignora quanto, in tutti i tempi, la Chiesa ha avuto a soffrire dei loro assalti. Ora, lo spirito comune a tutte le sètte anteriori che sono insorte contro le istituzioni cattoliche, ha ripreso vita nella sètta che si chiama ‘massonica’, e che, fiera di potere e di ricchezza, non teme di attizzare con una violenza inaudita il fuoco della guerra, e di portarlo in tutti i campi più sacri.”

Per quanto riguarda, invece, non le accuse infondate ma il fatto in sé, cioè la sporcizia reale, ci sembra che il Signore la stia permettendo affinché si possa capire quanto la Chiesa sia necessaria per la salvezza. Sembra un paradosso ma è così. Se la Chiesa non fosse l'unica realtà in cui poter davvero incontrare il Salvatore (parlare di pienezza dei mezzi salvifici questo significa) non si capirebbe il motivo per cui doverla amare. Ci sarebbe qualcos’altro per cui davvero amare la Chiesa? No. Solo questo. Ed è per questo che va totalmente amata, costi quel che costi e succeda quel che succeda. La Chiesa va amata perché è il prolungamento di Cristo nella storia degli uomini. La Chiesa va amata perché Cristo stesso l’ha amata e ha dato la sua vita per lei. In un discorso del 3 marzo del 1983 Giovanni Paolo II disse: “La Chiesa è l’opera di Cristo, nella quale Egli si prolunga, si riflette ed è sempre presente nel mondo. Essa è la sua sposa, e ad essa si è dedicato con pienezza…Pertanto, se Gesù amò la Chiesa fino a morire per lei, ciò significa che essa è degna di essere amata da noi.”

Un altro motivo potrebbe essere nel fatto che il Signore vuole che si ritorni ad una fede integra. Benedetto XVI nella lettera recentemente indirizzata al clero d’Irlanda ha detto che alla base di una tale degenerazione vi è soprattutto la perdita della Fede. Quando si parla della perdita della Fede si intende tutto, anche e soprattutto la perdita della Fede nel giudizio di Dio, nella condanna eterna: nell’inferno! Il peccato di pedofilia è di una gravità terribile. Il Signore lo dice: “Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina al collo e venga gettato nel mare.” (Marco 9, 42) Ovviamente il Signore per piccoli intende i “semplici”, ma a maggior ragione tra i “semplici” vi sono i più indifesi che sono i bambini. E’ un peccato che certamente il Signore, nella sua infinita misericordia può perdonare, ma che ha bisogno di una vita di estrema penitenza.

Tutto questo ci fa capire che non ha senso invocare un'eliminazione del celibato sacerdotale. Non solo perché il celibato è elemento costitutivo del sacerdozio (si legga il bel libro del cardinale Alfons Stickler, Il celibato ecclesiastico. La sua storia e i suoi fondamenti teologici, Libreria Editrice Vaticana, Roma 1994), ma perché -come abbiamo già detto- la pedofilia è presente in tutti gli ambienti; e anche perché essa è l’esito della perdita della Fede. Dire il contrario o affermare che la castità completa possa condurre a forme di degradazione sessuale, vuol dire sposare la già citata impostazione post-freudiana secondo cui le nevrosi sarebbero l’esito della repressione degli istinti. Affermazione, questa, che è stata smentita dalla società contemporanea, laddove parlare di repressione degli istinti è un po’ difficile eppure le nevrosi sono in aumento!

Tre punti importanti per concludere

1.A riguardo viene da pensare alle tante sciocchezze che sono state dette negli anni del cosiddetto post-concilio: questa primavera della Chiesa avrà sì come conseguenza una diminuzione di vocazioni sacerdotali, ma è molto meglio puntare sulla qualità che sulla quantità. Altro che: abbiamo perso la quantità ed anche la qualità! Perché? Perché -e torniamo al punto fondamentale- è diminuita la Fede. La qualità delle vocazioni è data dalla vita di Grazia e dalla vita di preghiera, se queste passano in second’ordine a favore di uno snaturamento dei seminari e della vita sacerdotale in senso sociologio è del tutto prevedibile che diminuisca anche la qualità sacerdotale.

2.E qui veniamo ad un punto su cui qualche altra volta abbiamo già insistito. Come è possibile trovare autentiche vocazioni sacerdotali facendo passare implicitamente (e qualche volta anche esplicitamente) la convinzione secondo cui ogni religione sarebbe buona per la salvezza. Facciamo un esempio. Vi è un giovane che pensa di avere la vocazione al sacerdozio. Sa che si tratterà di una vita di rinunce. Poi gli fanno capire che, in realtà, tutti si salvano indipendentemente dalla religione che si professa. E’ naturale che qualche dubbio gli venga. Ma chi glielo fa fare? Se ogni religione è buona, a che serve il sacerdozio cattolico? Si potrebbe obiettare: ma nessuno deve credersi indispensabile. Verissimo. Ma ciò vale per la propria persona, non per la funzione che si ricopre. Ci spieghiamo. Don Tizio deve essere sì consapevole della sua inutilità (siamo tutti “servi inutili”), ma non può ritenere inutile –anzi!- il suo sacerdozio. L’inutilità vale per la propria persona non per il ruolo che si ricopre nella Chiesa. D’altronde la bellezza del sacerdozio cattolico sta proprio nel portare a tutti la Grazia per donare il Paradiso. Il Santo Curato d’Ars diceva: “Quando vedete un sacerdote, dovete dire: ‘Ecco colui che m ha reso figlio di Dio e mi ha aperto il cielo per mezzo del santo Battesimo, colui che mi ha purificato dopo il peccato, colui che nutre la mia anima.’ Il sacerdote è per voi come una madre, come una nutrice per il neonato: ella gli dà da mangiare e il bimbo non deve far altro che aprire la bocca. La madre dice al suo bimbo: ‘Tieni, piccolo mio, mangia’. Il sacerdote vi dice: ‘Prendete e mangiate, ecco il Corpo di Gesù Cristo. Possa custodirvi e condurvi alla vita eterna’. Che belle parole! Il sacerdote possiede le chiavi dei tesori del cielo: è lui ad aprire la porta; egli è l’economo di Dio, l’amministrazione dei suoi beni.” Tolto questo, che rimane? Su cosa si coagulerà l’attrazione di un giovane? Su altro che non costituisce l’essenza del sacerdozio.

3.Non è un caso che la Provvidenza abbia donato alla Chiesa, proprio in questi tempi di forte crisi del sacerdozio, un gigante di santità sacerdotale qual è stato san Pio da Pietrelcina. Un sacerdote che si è santificato non facendo il sociologo, il capo-manifestazione, il sindacalista o il difensore del “politicamente corretto”, ma confessando per ore, celebrando bene la Messa e portando nelle sue carni la sofferenza del Crocifisso per la conversione dei peccatori.

da http://www.itresentieri.it/

venerdì 9 aprile 2010

margaritas ante...

"gli scandali che fanno rumore oggi nascono proprio nel momento in cui vasti settori (della Chiesa) hanno cominciato a predicare l'apertura al mondo. Spazzato via il demonio per essere teologicamente corretti, sradicato il concetto di peccato per essere sociologicamente corretti, eliminato il rigore ascetico per essere pedagocicamente corretti, i cattolici hanno finito per comportarsi come il mondo. E il mondo adesso rimprovera a tutta la Chiesa di essere a sua immagine e somiglianza." (Alessandro Gnocchi, Mario Palmaro, C'è una una Chiesa che vuole il Papa dimezzato, Libero, 8 aprile 2010)

"occorre che le gerarchie ecclesiastiche riconoscano che la deriva pansessualista che ha investito tutta la società, si è infiltrata anche nella Chiesa. Anzitutto per una crisi di fede: la verginità sacerdotale, come la castità degli sposi, sono perle che devono essere custodite gelosamente con estrema cura. Preghiera e senso del soprannaturale sono fondamentali. Se, come è avvenuto nel post Concilio, si perde il senso vero del sacerdozio, attraverso la desacralizzazione della liturgia e la diminutio del valore dei sacramenti, l'eroismo richiesto ai chierici risulta incomprensibile, anzitutto a loro stessi. La figura del sacerdote come operatore sociale non regge più. La seconda causa della crisi è la rinuncia al governo. Nel clima utopico del post concilio molti vescovi hanno cessato di seguire l'ideale tridentino: hanno perso il contatto con i propri seminaristi e sacerdoti, omettendo di vagliarli, di formarli e di fungere loro da padri, da maestri e da sorveglianti. La Controriforma che occorre, allora, è proprio quella indicata dal Papa: ribadire il valore del sacerdote come alter Christus, anzitutto attraverso la centralità dell'Eucaristia e del confessionale. Il curato d'Ars è proprio l'esempio che occorre ad un clero non di rado secolarizzato, e per questo ignaro della sua missione, e quindi smarrito." (Francesco Agnoli, Foro secolarista, il Foglio, 8 aprile 2010)

giovedì 8 aprile 2010

La crisi c’è perchè il prete oggi fa di tutto, fuorchè il prete!

Pubblichiamo questo lungo e approfondito articolo apparso sul sito http://www.pontifex.roma.it: ci complimentiamo con l'autrice e ci auguriamo che aiuti qualcuno a riflettere sul serio su:

La crisi delle Vocazioni


Si sente molto, oggi, parlare della crisi del Sacerdozio che oramai da ben quarant'anni ha investito la Chiesa. Chiariamo subito un punto fondamentale: in crisi NON è il "Sacerdozio" correttamente inteso il quale, appunto è eterno, ed appartiene al Cristo che in quanto tale non conosce affatto alcuna crisi. In crisi è l'Uomo, in crisi sono le sue scelte, in crisi sono le sue Promesse battesimali, in crisi non è la "chiamata di Dio" la quale non ha mai smesso e non smette di sollecitare l'Uomo alla sua sequela, in crisi semmai è il nostro "ascoltare"... di conseguenza la vera crisi delle Vocazioni è racchiusa nella crisi dell'Uomo, nella sua identità offuscata. Non è un caso che Benedetto XVI nell'incontrare i Vescovi d'Austria ebbe a dire: è necessario e indispensabile recuperare l'identità cattolica da tempo perduta! Naturalmente è importante non generalizzare ed essere anche generosi ed onesti nel riconoscere ...

... la presenza di molti santi sacerdoti fra di noi, tuttavia è fondamentale non sottovalutare questa crisi e con altrettanta onestà dire le cose come stanno senza più paraventi o paraocchi proprio perchè questo Anno Sacerdotale porti veri frutti di conversione sia per i Sacerdoti quanto per i Laici, ognuno in ordine al proprio ruolo e stato. Padre Massimo Camisasca, superiore generale della Fraternità San Carlo (riporto dall'articolo di Paolo Rodari nel suo Blog), ha pubblicato in questi giorni un libro dal titolo inquietante e santamente provocatorio: “Padre. Ci saranno ancora sacerdoti nel futuro della chiesa?” (San Paolo). Uno scritto dedicato ai preti, come uno “schiaffo” che Camisasca dà alla sua categoria perché, l’ha scritto nella prefazione al volume il segretario della Congregazione per l’educazione cattolica, Jean-Louis Bruguès, “il pronostico è cupo, ma preciso: sono molti i sacerdoti che, in Europa e nell’America del nord, hanno perso il gusto della loro vocazione. La loro vita attraversa gravi difficoltà: la solitudine pesa, il rischio di abbandono li minaccia. Che fare? La risposta è semplice, evidente e nello stesso tempo terribilmente audace: una riforma”.

Frasi come: hanno perso il gusto della loro vocazione ... ci fanno capire che tale crisi sta proprio in questa identità perduta! La "riforma" è auspicabile, ma in quale modo? Perchè, diciamocelo onestamente, abbiamo perso anche la fiducia nella capacità di taluni "formatori" e di taluni "seminari" diocesani dai quali sono usciti non pochi sacerdoti formati forse in tutto fuorchè nel sacerdozio...
Non si perde, infatti, "il gusto alla propria vocazione" così, semplicemente per strada, la si perde se di fatto NON si sapeva neppure di possederla, questo è il dramma!

Non è un caso che il Santo Padre ritorna continuamente a condannare un certo carrierismo ed un frenetico attivismo che coinvolge e stravolge da tempo gli interessi del Sacerdote allontanandolo soprattutto dalla Preghiera... e non è un caso che Benedetto XVI abbia detto nella notte di Natale che per ogni uomo “la liturgia è la prima priorità. Tutto il resto viene dopo”. Occorre “mettere in secondo piano altre occupazioni, per quanto importanti esse siano, per avviarci verso Dio, per lasciarlo entrare nella nostra vita e nel nostro tempo”. E non è questa una evidente sollecitazione a riscoprire la propria identità sacerdotale?
Queste parole del Santo Padre sono assai gravi perchè in teoria sono pensieri che dovrebbero già essere corredo naturale del Sacerdote, e invece a quanto pare non lo sono!

Riporto un altro passo dalla penna di Paolo Rodari:

Camisasca non offre ricette per supplire alla crisi vocazionale dell’oggi ma dà delle indicazioni per uscirne. Indicazioni che sono un ritorno all’essenziale, a ciò di cui la vita di un prete deve essere fatta perché sia piena: silenzio, preghiera, liturgia, messa, studio, vita in comune, amicizia, castità e missione. Tante cose, ma il contrario dell“attivismo: una delle minacce più insidiose per la vita del prete”. “L’attivismo – scrive Camisasca – è un’azione di superficie: vede dei problemi, avverte dei bisogni, cerca di rispondere. Spesso il prete che vive così si disperde in una molteplicità di direzioni e di opere”. E ancora: “Dentro l’attivismo, spesso inconsapevolmente, si nasconde l’illusione di salvare gli altri attraverso il nostro ‘fare’. La carità, invece, ci spinge a entrare nell’azione di Dio, a diventare collaboratori di un’opera che ci precede e ci supera”.
Carrierismo...attivismo: è la medesima crisi che attraversano anche i coniugi: la donna in carriera, per esempio, che mina le fondamenta del nucleo familiare perchè senza la donna in casa non si può costruire una famiglia solida…
Genitori dunque insoddisfatti che crescono figli insoddisfatti che alla fine molti ce li ritroviamo sacerdoti, ergo sacerdoti insoddisfatti …
Certo non è il tutto, ma un piccolo aspetto non meno importante di questa situazione! Il concetto di “solitudine” non può diventare il vero problema, anche i coniugi vivono momenti di solitudine pur essendo in due o in tre o in quattro… la solitudine nel sacerdote è già stata spiegata abbondantemente dagli scritti di molti Santi, peccato che non li si ascolta mai, come per esempio la Notte dell’anima di san Giovanni della Croce… assolutamente assente nei Seminari!

Il problema è che quanto più si è voluto dal sacerdote la sua identificazione con il mondo e non più con la Chiesa e il cielo, tanto più egli ha incarnato i problemi del mondo e non certo l’antidoto che è quell’incarnare Cristo, divenire L’ALTER CHRISTI…

E’ necessario che in una eventuale riforma dei seminari si ritorni ad insegnare al seminarista il Mistero che è destinato ad incarnare per essere a sua volta Servo dell’Uomo come lo fu Cristo il quale NON conosce alcuna crisi…

Il vero Prete infatti serve ed è servo dell'Uomo solo nella misura in cui ha capito ed imparato a servire Dio nella Preghiera, nella Liturgia nei Sacramenti e non il contrario!

Per troppi anni, da dopo il Concilio, si è preteso e voluto un prete UOMO… dove il concetto di servizio fosse tutto di livello SOCIALE, l'attivismo, e i risultati non potevano che essere devastanti! Non a caso già nel 1990 l'allora cardinale Ratzinger, al Meeting di Rimini ebbe a specificare la necessità di riscoprire e rivalutare "una Chiesa più divina che umana"...

Perchè uno dovrebbe farsi prete, infatti, se anche da laico può servire il prossimo?

Ecco che il senso liturgico E’ LETTERALMENTE SCOMPARSO…ed è da qui che è maturata la crisi delle vocazioni non certo dalle situazioni di solitudine o altro, è dalla mancanza di LITURGIA, dalla carenza di preghiera e adorazione davanti al Santissimo, la carenza di preti che dicano il Rosario e che davvero portino il Cristo la dove c’è la disperazione… la crisi è subentrata quando l'Uomo ha smesso di OBBEDIRE a Dio ed ha sposato la mentalità del mondo!

La crisi c’è perchè il prete oggi fa di tutto, fuorchè il prete!

Così come c’è la crisi matrimoniale da quando i genitori hanno smesso di fare i genitori e i coniugi hanno smesso di fare i coniugi…

Nel momento in cui il Prete ha cominciato ad inseguire UNA IMMAGINE DI CHIESA preconfezionata dalle opinioni, dalle idee, ha smesso di innamorarsi DEL CORPO AUTENTICO della Chiesa inseguendo le sue immagini di chiesa, la sua concezione di ministero vivendo semmai una sorta di amore platonico con la sua Sposa, così come avviene per molti coniugi che credevano di amarsi, ma in verità amavano una idea dell'Amore vero a tal punto che i propri sogni si sono frantumati generando la crisi!

Chiariamo anche un altro punto brevemente.

Il Concilio è diventato il capro espiatorio per coprire una moltitudine di errori di cui oggi si preferisce non parlare...c'è chi difende il Concilio gridando "viva il concilio" ma di fatto non ha ancora capito che se in esso si scardina Calcedonia, Nicea, Firenze, Trento o il Vaticano I tanto per citarne alcuni, si finisce con l'usare l'ultimo Concilio per generare una CHIESA NUOVA che abbia una teologia NUOVA, una liturgia NUOVA, una catechesi NUOVA dove nuovo non sta per riforma come sarebbe più naturale per la Chiesa, ma starebbe per VIA L'ANTICO, VIA LA VECCHIA TEOLOGIA, VIA IL SACERDOZIO PASSATO...ecc.. anche questo modo di pensare ha contribuito alla perdita dell'identità del sacerdote soprattutto a causa di taluni Formatori i quali hanno trasmesso non "il Deposito della fede" come raccomanda lo stesso san Paolo, ma bensì hanno trasmesso le proprie opinioni, la propria immagine di "nuovo", hanno finito per formare sacerdoti a "loro immagine"...

Vogliamo fare un esempio concreto?

...di recente il Seminario maggiore di Torino ha pubblicato una sorta di "specchietto" sui requisiti che dovrebbero avere i "nuovi" candidati al sacerdozio...in esso è una vera offesa alla ragione oltre che alla fede anche volendo leggerci tutta la buona fede, scrivono:

dal blog del predetto seminario, "Il Tesoro nel Campo", leggiamo:

"Pro Vocazione

Qualcuno a volte ci chiede quali siano i requisiti per entrare in seminario. E quali gli eventuali impedimenti. In modo arbitrario e parziale mi soffermo oggi su alcuni aspetti che mi sembrano normalmente sottovalutati.

In seminario, non cerchiamo persone rigide, bloccate sui propri schemi, disinteressate al confronto e al dialogo.

Non stiamo cercando individui che disprezzino questi nostri tempi, e con essi gli uomini e le donne che li abitano.

Non ci interessano censori e giudici, incompetenti della misericordia di Dio,

sempre pronti a condannare e a trovare nemici della fede e della Chiesa.

Non stiamo cercando giovani nostalgici del Concilio di Trento,

a metà strada tra l'immaginario barocco e il narcisismo del postmoderno. E troviamo poco credibili quelle persone che sono contemporaneamente estimatori sinceri del Papa e spietati detrattori del proprio Vescovo.

Non cerchiamo neppure le avanguardie, proiettate sul futuristico Vaticano III, picconatori o bombaroli, troppo spietati e intelligenti per accontentarsi di questa povera santa Chiesa"

E' solo un passo....ma assai eloquente e DRAMMATICO...il bello è che tale Seminario nasce proprio con un Decreto al Concilio di Trento... ma guai a dimostrare nostalgia o amore per quel Concilio, si perderebbe la candidatura...certamente qui si intende una "nostalgia" negativa, probabilmente per colpire i così detti "tradizionalisti".... ma in questa lista suona davvero male, stona quando la stessa Sacrosanctum Concilium cita Trento, quel Concilio, e più di una volta, per riaffermare valori teologici dottrinali nella continuità liturgica...

Si può essere dunque anche favorevolmente nostalgici in modo positivo dopo tanti anni di negatività del nostro passato ecclesiale...

ma... il problema è che loro stessi sono così diventati censori e giudici, lo stesso curriculum è già in se UN GIUDIZIO...e forse non se ne rendono neppure conto!

Tra l'altro questo dimostra che LA CHIAMATA NON VIENE DA CRISTO MA DA UN CURRICULUM IMPOSTO SECONDO UNO SCHEMA... i requisiti infatti, descritti per il sacerdozio, sono già una Norma, una normativa DELLA CHIESA (vedasi il sito vocazione.org) e non implicano affatto quanto sopra riportato, sarebbe del resto la chiusura alla ragione stessa, al confronto e al dialogo, al dibattito per altro tanto invocato proprio da questo modernismo... i requisiti per entrare in seminario sono principalmente:

- LA FEDE e fiducia in Cristo CHE MI HA CHIAMATO ! nonostante, appunto, le mie debolezze e i miei limiti e pronto a farmi correggere (completamente assente nel curriculum)

- L'UMILTA' di capire se questa chiamata che sento è autentica, ergo MI FACCIO AIUTARE ed entro in un ambiente che sostenga LA MIA MEDIZATIONE...che mi aiuti a scoprire questa identità per la quale dovrei essere pronto a rinunciare a tutto, e che mi aiuti nella DISCIPLINA del sacro (completamente assente nel curriculum)

- LA CARITA' SENZA PREGIUDIZI (assente nel curriculum visto che si pone con uno schema della carità PILOTATO) e la Carità NELLA VERITA', la prima forma della Carità è infatti la Verità....

- AMORE PER LA CHIESA..... requisito INDISPENSABILE per attivare le virtù dell'obbedienza e della pazienza...innamorarsi NON di una immagine di Chiesa preconfezionata dalle proprie idee ed opinioni, ma innamorarsi di questo CORPO che sulla Croce si è reso visibile nella pienezza di questo Amore che chiama alla vocazione....

Insomma...il curriculum si premunisce di NON avere tra le sue file delle PERSONE forse anche un pò rigide, magari anche un pò amanti del barocco e del CANTO GREGORIANO....magari anche un pò nostalgici, persone limitate e difficili PER LA LORO MENTALITA', ma potrebbe esserci dietro una AUTENTICA CHIAMATA che grazie al curriculum verrebbe preclusa...

E' evidente che chi ha scritto questo curriculum è sfuggito che gente così NON entrerà MAI, di propria iniziativa, in questo seminario e di fatti i numeri parlano chiaro....ossia che ben altri seminari che si occupano più di altri requisiti son quelli che SI RIEMPIONO e i loro restano scarni... continuando ad alimentare la divisione, la rottura, l'incomprensione...l'astio verso quei giovani attirati anche dal canto Gregoriano e perchè mai vergognarsene? Non è lo stesso Benedetto XVI ad aver detto di amare questo Canto sacro della Chiesa e non ha forse espresso lui stesso il desiderio di sentirlo cantare nelle Parrocchie?

Dalla Sacramentum Caritatis dice il Pontefice:

Più in generale, chiedo che i futuri sacerdoti, fin dal tempo del seminario, siano preparati a comprendere e a celebrare la santa Messa in latino, nonché a utilizzare testi latini e a eseguire il canto gregoriano; non si trascuri la possibilità che gli stessi fedeli siano educati a conoscere le più comuni preghiere in latino, come anche a cantare in gregoriano certe parti della liturgia.(184)

Cosa significa per tale seminario di Torino essere "estimatori del Pontefice" se non applicando concretamente quanto richiede?

Non si innamora forse un uomo della propria donna anche dal suo aspetto, magari dalla voce canterina, magari da uno sguardo particolare, magari perchè veste elegantemente?

Chi ha scritto questo curriculum dovrebbe rileggersi Osea, il libro della Bibbia...così come il Cantico dei Cantici... e riscoprire magari il valore autentico anche della Bellezza esteriore....chi non fosse convinto di ciò, si rilegga i tanti interventi di Ratzinger sulla Liturgia...

E ancora un altro grave esempio....a Parma sono in crisi di Vocazioni e cosa si inventano? aprire le porte del Seminario Minore alle RAGAZZE....certo non per farle diventare sacerdoti, ma per fare esperienza vocazionale...

DAL SITO DELLA DIOCESI DI PARMA:

In Seminario Minore (v.le Solferino 25, tel. 0521.960628)

Si tratta di gruppi maschili o femminili che vogliono aiutare chi partecipa a vivere il cammino della crescita con proposte concrete di vita comunitaria, di servizio, di spiritualità, di dialogo e accompagnamento personale. L’obiettivo ultimo è l’approdo alla maturità umana e cristiana che corrisponde alla scoperta e alla adesione generosa alla propria specifica, originale, personale vocazione.

I cammini sono segnati da tappe intermedie che tengono conto dei dinamismi di crescita, in particolare di quelli legati all’adolescenza, età delicata, decisiva e difficile.

Per cui ogni giovane è aiutato:

•a scoprire se stesso senza chiudersi in se stesso

•ad aprirsi agli altri senza diventare dipendente o succube degli altri

•a scegliere i valori autentici della vita e del Vangelo senza superficialità, ambiguità o confusione.

I cammini sono pensati per integrare e supportare quelli ordinari, parrocchiali o associativi, dove ogni ragazzo/a è invitato/a a portare la propria testimonianza di cammino e scoperta personale della fede.

I gruppi sono diversificati per età e cadenza degli incontri.

Gruppi maschili

"Venite e vedrete": per ragazzi dalla 5a elementare alla 3a media. Un week-end al mese, campo invernale e campo estivo.

"Seguimi": per giovani dalla 1a alla 5a superiore. Un appuntamento settimanale, il mercoledì, con pranzo insieme, gioco e incontro formativo. A questo si aggiungono esperienze di servizio insieme e alcune settimane nell’anno di vita comunitaria più intensa.

Gruppi femminili

" Se conoscessi il dono di Dio" - arancioni - : per ragazze dalla 4a elementare alla 1a media. Un week-end al mese e campo estivo.

"Se conoscessi il dono di Dio" - blu - : per ragazze dalla 2a media alla 1a superiore. Un week-end al mese; campo invernale, campo estivo, esperienze di servizio.

"Se conoscessi il dono di Dio" - blu-issime - : per ragazze dalla 2a alla 5a superiore. Un appuntamento settimanale, il giovedì, con pranzo insieme, gioco e incontro formativo. A questo si aggiungono esperienze di servizio insieme e alcune settimane nell’anno di vita comunitaria più intensa.

Chiariamo subito l'errore devastante dell'iniziativa...il termine stesso SEMINARIO MINORE, inteso cattolicamente e gestito dalla Diocesi ha come compito NON una sorte di "PSICANALISI" DEL BAMBINO/A E DELL'ADOLESCENTE e la sua formazione "nel mondo", MA LA FORMAZIONE specifica ALLA VITA SACERDOTALE

Nessuno discute l'iniziativa in se e i gruppi di attività della Diocesi aperti a tutti, anzi, ben vengano, ma NON dentro UN SEMINARIO equiparando alla fine i corsi, c'è scritto chiaro, con delle attività che non hanno nulla a che vedere con la formazione al Sacerdozio vero e proprio....

equiparare la VOCAZIONE SACERDOTALE A QUALSIASI ALTRA VOCAZIONE (per quanto lodevole) LA SNATURALIZZA...

il fatto che i ragazzi, come si legge:

"quanto alla difficoltà di molti giovani, oggi, nel ricercare ed accettare la propria vocazione. Molti hanno paura a prendersi dei rischi, hanno paura a sposare il Signore, anche se sentono che è ciò che vogliono. E su questo ha decisamente inciso il mondo di oggi”.

non è solo "paura" o un problema del "mondo di oggi" giacchè in ogni epoca il mondo ha sempre generato i propri problemi, i giovani di oggi sono invece molto più DECISIONISTI di quanto lo fossimo noi alla loro età...quanto piuttosto non si decidono PERCHE' SONO CONFUSI.... a cosa mi serve diventare sacerdote se la vocazione sacerdotale equivale ALLO STESSO PERCORSO DI UNA QUALSIASI VOCAZIONE INTRAPRESA ANCHE DALLE RAGAZZE?

FUGGIRE LE TENTAZIONI E LE OCCASIONI è un modo di EDUCARE IL GIOVANE ALLA RINUNCIA PER UNA CHIAMATA PIU' GRANDE... per questo è indispensabile che all'interno del Seminario, anche e soprattutto Minore, le attività siano rivolte esclusivamente a gruppi maschili!

Un genitore e specialmente donna che diventa appunto madre, sa perfettamente (se veramente cattolica) che tale vocazione è grande, ma sa che senza Sacerdote le verrebbe a mancare il sostentamento per la sua Famiglia, non avrebbe i Sacramenti della salvezza e senza sante Famiglie non ci sarebbero sacerdoti...

Vocazione al Sacerdozio e Vocazione al Matrimonio sono appunto due Sacramenti distinti con percorsi diversi, con problematiche diverse, con supporti ed esigenze diverse, con risoluzioni diverse, è impossibile pertanto che tale attività confluisca e conviva all'interno di un Seminario Minore con la presenza appunto di gruppi femminili...con una identità diversa, con ruoli diversi uno a servizio dell'altro, ma ben separati!

Sta cosa di EQUIPARARE TUTTO con l'uguaglianza è devastante...confonde i giovani...a tal proposito suggerisco la lettura del libro: "Cattivi Maestri" di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro edito dalla Piemme, molto interessante ed illuminante!

All'appello di queste attività, infine, mancano gli incontri DI PREGHIERA, DI ROSARIO E DI ADORAZIONE EUCARISTICA, certamente, nessuno dubita che ciò sarà fatto, ma non viene messo nella lista delle priorità, saranno un RIEMPITIVO perchè il supporto principale è l'aggregazione e l'attivismo:

- il gioco;
- il pranzo insieme;
- la formazione...

Manca tutto il resto e soprattutto manca per i giovani maschi la loro caratteristica vocazionale che non si distingue per nulla dagli incontri al femminile...

E ci lamentiamo ancora della crisi delle VOCAZIONI? E' davvero questa la riforma a cui mira la Chiesa? E' in questo modo che il Prete potrà davvero riscoprire la propria identità?

Il 26.6.2009 così diceva all'Udienza Benedetto XVI ai Sacerdoti:

"In un mondo in cui la visione comune della vita comprende sempre meno il sacro, al posto del quale, la "funzionalità" diviene l’unica decisiva categoria, la concezione cattolica del sacerdozio potrebbe rischiare di perdere la sua naturale considerazione, talora anche all’interno della coscienza ecclesiale.

Non di rado, sia negli ambienti teologici, come pure nella concreta prassi pastorale e di formazione del clero, si confrontano, e talora si oppongono, due differenti concezioni del sacerdozio. Rilevavo in proposito alcuni anni or sono che esistono "da una parte una concezione sociale-funzionale che definisce l’essenza del sacerdozio con il concetto di ‘servizio’: il servizio alla comunità, nell’espletamento di una funzione… Dall’altra parte, vi è la concezione sacramentale-ontologica, che naturalmente non nega il carattere di servizio del sacerdozio, lo vede però ancorato all’essere del ministro e ritiene che questo essere è determinato da un dono concesso dal Signore attraverso la mediazione della Chiesa, il cui nome è sacramento" (J. Ratzinger, Ministero e vita del Sacerdote, in Elementi di Teologia fondamentale. Saggio su fede e ministero, Brescia 2005, p.165).

Anche lo slittamento terminologico dalla parola "sacerdozio" a quelle di "servizio, ministero, incarico", è segno di tale differente concezione. Alla prima, poi, quella ontologico-sacramentale, è legato il primato dell’Eucaristia, nel binomio "sacerdozio-sacrificio", mentre alla seconda corrisponderebbe il primato della parola e del servizio dell’annuncio.
A ben vedere, non si tratta di due concezioni contrapposte, e la tensione che pur esiste tra di esse va risolta dall’interno". (...)
La predicazione cristiana non proclama "parole", ma la Parola, e l’annuncio coincide con la persona stessa di Cristo, ontologicamente aperta alla relazione con il Padre ed obbediente alla sua volontà. Quindi, un autentico servizio alla Parola richiede da parte del sacerdote che tenda ad una approfondita abnegazione di sé, sino a dire con l’Apostolo: "non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me". Il presbitero non può considerarsi "padrone" della parola, ma servo. Egli non è la parola, ma, come proclamava Giovanni il Battista, del quale celebriamo proprio oggi la Natività, è "voce" della Parola: "Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri" (Mc 1,3).
Ora, essere "voce" della Parola, non costituisce per il sacerdote un mero aspetto funzionale. Al contrario presuppone un sostanziale "perdersi" in Cristo, partecipando al suo mistero di morte e di risurrezione con tutto il proprio io: intelligenza, libertà, volontà e offerta dei propri corpi, come sacrificio vivente (cfr Rm 12,1-2). Solo la partecipazione al sacrificio di Cristo, alla sua chènosi, rende autentico l’annuncio! E questo è il cammino che deve percorrere con Cristo per giungere a dire al Padre insieme con Lui: si compia "non ciò che io voglio, ma ciò che tu vuoi" (Mc 14,36). L’annuncio, allora, comporta sempre anche il sacrificio di sé, condizione perché l’annuncio sia autentico ed efficace.

Alter Christus, il sacerdote è profondamente unito al Verbo del Padre, che incarnandosi ha preso la forma di servo, è divenuto servo (cfr Fil 2,5-11). Il sacerdote é servo di Cristo, nel senso che la sua esistenza, configurata a Cristo ontologicamente, assume un carattere essenzialmente relazionale: egli è in Cristo, per Cristo e con Cristo al servizio degli uomini. Proprio perché appartiene a Cristo, il presbitero è radicalmente al servizio degli uomini: è ministro della loro salvezza, della loro felicità, della loro autentica liberazione, maturando, in questa progressiva assunzione della volontà del Cristo, nella preghiera, nello "stare cuore a cuore" con Lui. È questa allora la condizione imprescindibile di ogni annuncio, che comporta la partecipazione all’offerta sacramentale dell’Eucaristia e la docile obbedienza alla Chiesa.

Il santo Curato d’Ars ripeteva spesso con le lacrime agli occhi: "Come è spaventoso essere prete!". Ed aggiungeva: "Come è da compiangere un prete quando celebra la Messa come un fatto ordinario! Com’è sventurato un prete senza vita interiore!".

"Ognuno di voi sa benissimo quanto sia importante per la Chiesa, soprattutto in tempi tanto avversi, avere ministri idonei, che non possono venire se non da chierici ottimamente formati. Perciò, venerabili fratelli, non desistete mai dal dedicare tutte le vostre cure e i vostri pensieri con indefesso zelo, affinché gli adolescenti chierici, fin dai primi anni, siano tempestivamente educati ad ogni pietà, virtù e spirito ecclesiastico, e siano accuratamente istruiti sia nelle umane lettere, sia nelle più severe discipline, specialmente quelle sacre…’”.
(Lettera sulla disciplina del Clero in Irlanda, Nemo certe ignorat del beato Pio IX del 25 marzo 1852)

E... concludiamo queste riflessioni con un altro capolavoro, di san Pio X:

"Teniamo quindi come cosa certa e definita che il sacerdote, per sostenere degnamente il grado e ufficio, deve essere dedito in maniera esimia alla preghiera. Troppo sovente c’è da dolersi che egli si dedichi alla preghiera più per abitudine che per zelo, che a certe ore stabilite salmeggi con sonnolenza o preferisca preghiere piuttosto brevi o pochine, né poi consacri più alcun frammento della giornata a parlar con Dio, innalzandosi piamente alle cose del cielo. Mentre invece il sacerdote più di tutti gli altri deve obbedire al precetto di Cristo: "Si deve sempre pregare" (Lc 18,1); conformandosi al quale san Paolo tanto inculcava: "Siate perseveranti nell’orazione vegliando in essa, e nei rendimenti di grazie" (Col 4,2): "Orate sine intermissione" (1Ts 5,17). E invero quante occasioni si offrono di elevarsi a Dio ad un’anima desiderosa della propria santificazione non meno che della salute degli altri! Le angustie interiori, la forza e insistenza delle tentazioni, la povertà di virtù, la piccolezza e sterilità delle nostre fatiche, i difetti e le negligenze frequenti, infine il timore dei giudizi divini, tutti questi sono stimoli a farci piangere dinanzi a Dio, col vantaggio di arricchirci di meriti al suo cospetto, oltre che di aver impetrato la grazia, l’aiuto divino. Né solamente per noi dobbiamo piangere. Nella colluvie di colpe che ovunque si diffonde, a noi specialmente si addice di pregare e muovere la divina pietà e di insistere presso Cristo, prodigo benignissimamente di ogni grazia nel mirabile sacramento dell’altare: Perdona, Signore, perdona al tuo popolo" (Haerent Animo - san Pio X - 4.8.1908).

Dorotea L.



L’errore di fondo

Romano Amerio risponde ad Enzo Bianchi
di Francesco Agnoli

Sono reduce dalla lettura dell’ultimo libro di Enzo Bianchi, Per un’etica condivisa (Einaudi), e non posso non riflettere sulla spaventosa distanza che esiste tra il pensiero di questo famoso monaco mediatico e l’ortodossia cattolica.

L’errore di fondo, che inficia tutto il ragionamento di Bianchi, è quell’ottimismo mondano che si è insinuato profondamente nel pensiero ecclesiastico e cattolico nell’epoca del post Concilio. Mondano, intendo, perché ignora o sminuisce del tutto l’esistenza del peccato.

“Quando la Chiesa, scriveva parecchi anni fa il Cardinal Journet al cardinal Siri, prenderà coscienza sino a che punto lo spirito del mondo è penetrato dentro essa, si spaventerà”.

Ma come è penetrata questa mentalità, di cui Bianchi è oggi uno dei massimi alfieri? A mio modo di vedere all’epoca del Concilio, allorché in molti si diffuse l’idea che col mondo, inteso in senso evangelico, occorresse trovare un modus vivendi pacifico e conciliante, sempre e comunque.

Bisognerebbe anzitutto ritornare a quegli anni, per evitare di costruire leggende e miti come quelli che piacciono ai vari Melloni, Mancuso e, appunto, a Enzo Bianchi: il concilio non fu una pacifica e simpatica riunione di vescovi e periti, tutti in perfetto accordo tra loro, ma fu una lotta dura, che vide la presenza di posizioni problematiche e critiche, rispetto alla volontà di “aggiornamento” e “innovazione”, di molti uomini di grande spessore, dal cardinal Siri, più volte papabile, ai cardinali Ottaviani, Ruffini, Bacci, sino al Coetus Internationalis patrum, formato da centinaia di padri conciliari, e raccolto intorno a mons. Marcel Lefebvre.

I documenti conciliari sorsero dunque in mezzo alla tempesta, agli scontri, talora veramente aspri, tra “conservatori” e “progressisti”, con correzioni, emendamenti, e ambiguità, inevitabili laddove un documento nasca come mediazione, come compromesso tra posizioni divergenti. A mio modo di vedere, l’ambiguità più grande fu quella sull’atteggiamento da tenere, appunto, rispetto al mondo, allo spirito moderno e alle sue filosofie.

Il concilio volle essere pastorale, e quindi soffermarsi proprio e soprattutto, in questo caso senza godere dell’infallibilità, sui modi, le strategie, per una nuova evangelizzazione, efficace e fruttuosa. Il principio guida, che fu indicato da Giovanni XXIII, fu quello di utilizzare, rispetto alla “severità” del passato, la “medicina della misericordia”.

Ci fu insomma un cambio di passo, che Romano Amerio, oggi riscoperto e finalmente ristampato da Fede & Cultura, commentò tra l’altro con queste profetiche parole: “Questo annuncio del principio della misericordia contrapposto a quello della severità sorvola il fatto che, nella mente della Chiesa, la condanna stessa dell'errore è opera di misericordia, poiché, trafiggendo l'errore, si corregge l'errante e si preserva altrui dall'errore. Inoltre verso l'errore non può esservi propriamente misericordia o severità, perché queste sono virtù morali aventi per oggetto il prossimo, mentre all'errore l'intelletto ripugna con un atto logico che si oppone a un giudizio falso. La misericordia essendo, secondo S. theol., II, II, q. 30, a. 1, dolore della miseria altrui accompagnato dal desiderio di soccorrere, il metodo della misericordia non si può usare verso l'errore, fatto logico in cui non vi può essere miseria, ma soltanto verso l'errante, a cui si soccorre proponendo la verità e confutando l'errore. Il Papa peraltro dimezza un tale soccorso, perché restringe tutto l'officio esercitato dalla Chiesa verso l'errante alla sola presentazione della verità: questa basterebbe per sé stessa, senza venire a confronto con l'errore, a sfatare l'errore. L'operazione logica della confutazione sarebbe omessa per dar luogo a una mera didascalia del vero, fidando nell'efficacia di esso a produrre l'assenso dell'uomo e a distruggere l'errore” (Romano Amerio, Iota unum, Fede & Cultura).

Questo brano magistrale mi sembra possa essere utile per far fronte anche oggi a questo ottimismo mondano, che nasce all’interno del mondo cattolico, e che si presenta con alcune caratteristiche costanti: la condanna più o meno aspra delle decisioni e della pastorale della Chiesa del passato; il ripudio della Tradizione e il tentativo di presentare il Vaticano II come una sorta di nuova Pentecoste, di vero e proprio atto di nascita della cosiddetta “Chiesa conciliare”.

Ottimismo mondano di cui il citato Bianchi costituisce uno degli esempi più solari, in quanto espressione di un tipo di cattolicesimo adulterato che ritiene che l’essenziale sia raggiungere una posizione condivisa, una mediazione, un punto di incontro, quale esso sia, tra la Verità di Cristo e le posizioni, anticristiche, del mondo.

Se analizziamo il libro citato ne troviamo subito, nell’incipit, il significato di fondo: Bianchi vuole fare pulizia, anzitutto all’interno del mondo cattolico, mettere i puntini sulle i, spiegare quale debba essere il comportamento dei suoi fratelli di fede. Costoro, scrive Bianchi, debbono smetterla di riunirsi in “gruppi di pressione (sic) in cui la proposta della fede non avviene nella mitezza e nel rispetto dell’altro, per diventare intransigenza e arrogante contrapposizione a una società giudicata malsana e priva di valori”.

La lettura del seguito fa capire bene il significato di queste parole, del tutto simili a quelle di un Augias o di un Odifreddi: esse sono una condanna chiara, anche se un po’ ipocrita nelle modalità, della posizione della Chiesa e dei cattolici, riguardo al referendum sulla legge 40 e alla questione dei pacs-dico. Una condanna, in generale, di ogni tentativo legale e leale da parte dei cattolici, e non solo, di affermare valori non negoziabili in politica. Bianchi lo ripete più volte, spiegando quello che è ovvio, e cioè che “il futuro della fede non dipende da leggi dello stato”, ma dimenticando che i cattolici, come tutti gli altri cittadini, sono chiamati ad esprimere la loro visione di società, qui e oggi, e non a ritirarsi nelle sagrestie.

Il cattolicesimo che Bianchi vorrebbe è invece insignificante e inesistente sul piano culturale e politico, e finisce addirittura per delineare una religiosità amorfa, astratta, spiritualista, che è lontanissima dall’idea originaria del cattolicesimo.

Ogni scontro e polemica attuale, ogni rinascita odierna dell’anticlericalismo, continua il monaco, è sempre colpa dei credenti, “è sempre una reazione a un clericalismo che si nutre di intransigenza, di posizioni difensive e di non rispetto dell’interlocutore non cristiano”. A parte che non si capisce bene, a leggere queste parole, a quale dibattito abbia assistito Bianchi in questi anni, il punto centrale è un altro: nel togliere al cristianesimo la sua capacità di incarnarsi nella realtà, per plasmarla concretamente, Bianchi finisce per negare cittadinanza al cristianesimo stesso e per scegliere come punto di riferimento assoluto e ingiudicabile, quasi metafisico, la Costituzione repubblicana.

Da essa deriverebbe, udite, udite, “l’assoluto diritto dello stato di legiferare su tutte quelle realtà sociali fondate o meno sul matrimonio (sia religioso che civile)”. “Diritto assoluto”, scrive Bianchi: una affermazione, a ben vedere, che oggi, dopo l’esperienza delle statolatrie totalitarie, neppure il più laicista tra i giuristi arriverebbe, almeno nella teoria, a sostenere.

In tutto il suo argomentare Bianchi annulla il concetto di Verità, affermando un relativismo pieno; sostiene la perfetta equivalenza tra fede e ateismo (“l’uomo può essere umanamente felice senza credere in Dio, così come può esserlo un credente”); nega di fatto in più passaggi, con linguaggio equivoco, ma chiaro, il primato petrino, a vantaggio del “primato del Vangelo”, e propone come unico riferimento del suo argomentare, da buon protestante, solo e soltanto la bibbia, la sua “lettura personale e diretta” (sic), etsi Ecclesia non daretur.

“Per un’etica condivisa” è appunto un inno ad un “modo”, ad uno “stile”, al “come”, con cui i cristiani dovrebbero presentarsi oggi ai non credenti: un modo, uno “stile”, inaugurato dal Concilio Vaticano II, che sarebbe “importante quanto il messaggio”.

Coerentemente, in tutto il libro manca, appunto, il messaggio!

Non vi è mai una affermazione chiara di una verità teologica o morale: si parla di “etica condivisa”, si lanciano sfrecciatine piuttosto velenose ai cattolici, al centro destra, a Berlusconi, a Maroni, a Mel Gibson, a Ferrara, come fossero loro i problemi della cristianità, ma poi non si arriva mai ai contenuti: tutto puro stile, buonismo a buon mercato, mai una parola, una posizione, quale che sia, sulla clonazione, la fecondazione artificiale, le famiglia, l’eutanasia, la sessualità, e tutti i problemi più scottanti dell’etica odierna.

Al massimo qualche vago riferimento alla pace, e un accenno, velatissimo, per carità, alla 194, la legge che legalizza l’aborto, ricordando però, anzitutto e soprattutto, che i cattolici dovrebbero rispettare ogni legge nata dal “confronto democratico”, e proclamata, lo si ricordi, da quello Stato che ha potere “assoluto” di vita e di morte.

A Bianchi sfugge, come avrebbe detto Amerio, che lo stile è questione secondaria, nel senso che viene dopo, logicamente e non cronologicamente, perché l’Amore procede dalla Verità, e non viceversa. Gli sfugge, inoltre, che il suo irenismo indifferentista e relativista è stato già bollato da san Pio X, allorché deprecava quanti alla sua epoca si adoperavano per un “adattamento ai tempi in tutto, nel parlare, nello scrivere e nel predicare una carità senza fede, tenera assai per i miscredenti”, all’apparenza, ma in realtà priva di vera misericordia, perché spoglia di verità.

A chi continuava a sponsorizzare una “conciliazione della fede con lo spirito moderno”, Pio X indicava il crocifisso, e ricordava che certe idee “conducono più lontano che non si pensi, non soltanto all’affievolimento, ma alla perdita totale della fede”. Perché se io non fossi un credente, e leggessi, per cercarvi una parola di verità, il libro di Bianchi, arriverei alla conclusione che la verità non esiste, e che la mia sete di verità è roba da persone senza “stile”.

Caro Bianchi, la verità, nella carità, mi dice sempre un’amica pro life, ma: la verità, per carità!

Questo è l’unico stile, della Chiesa, di Cristo e del suo Evangelo, cioè della buona novella (vede che la novella, il messaggio, è importante?).

da Il Foglio del 26 aprile 2009

mercoledì 7 aprile 2010

È solo Cristo che assedia la Chiesa


...il Papa conosce bene quel che sta avvenendo nel mondo e nella Chiesa. Un vescovo gli ha riferito anche le parole allarmate scritte in una lettere privata dall'ex Presidente del Senato, Marcello Pera: "Come è possibile che un miliardo di cristiani assistano in silenzio ed impotenti al tentativo di distruggere il Papa, senza rendesi conto che dopo questo non ci sarà più salvezza per nessuno?". Certo, Benedetto XVI vive con dolore i fatti avvenuti nel suo gregge perché ne è il pastore. Ma non è preoccupato dell'assedio. Come ha ripetuto a chi ha incontrato anche in questi giorni: "È solo Cristo che assedia la Chiesa".

dall'articolo di Franco Bechis, La paura dei Sacri Palazzi e la serenità di Ratzinger, pubblicato su Libero di oggi.



Sembra davvero che qualcosa stia bollendo in pentola e vi fa accenno anche l'editoriale dell'ultimo numero della Rivista "Tempi"

Per la Chiesa di papa Ratzinger è stata una dura ma anche purificante e istruttiva Pasqua. Benedetto XVI e, con lui, tutti i vescovi dell’ecumene, sono stati nettissimi nel riconoscere gli abusi di cui si sono macchiati alcuni loro preti e a prendersene in carico la loro repressione e l’allontanamento di quanti, anche tra le alte gerarchie ecclesiali, se ne siano fatti complici. Voleranno teste e certo lo scandalo accelererà la riforma ratzingeriana delle curie, della liturgìa e dei seminari. Resta la distanza abissale tra i fatti e il lungo latrare e abbaiare del circuito mediatico contro la Chiesa cattolica. Fatta apparire come una casta di mangiabambini, quando già le semplici statistiche dimostrano l’irrisorietà del contributo che gli uomini di Chiesa offrono alla pedofilìa e a tutti gli altri generi di perversioni in cui è specializzata la teoria e la prassi dell’umanesimo secolare (basti pensare alla buona fama che gode la pornografia o a quel partito politico pedofilo che non si presenterà alle prossime elezioni politiche olandesi, non perché è stato messo fuorilegge dai giudici alla Pietro Forno, ma solo perché non ha raccolto le firme necessarie per presentare la lista). Naturalmente è diventato uno sport internazionale sparare su chi porta la croce. Di là, dove i cristiani vengono fisicamente sparati. Di qua, dove il cristiano che non si limiterà a dar la caccia alle farfalle e si occuperà di res pubblica, come scriveva Czeslaw Milosz, «avrà la mano mozzata». Già, i cristiani se ne stiano alle playstation dei teologi alla Küng e Mancuso. E Benedetto si faccia confermare Papa da un martiniano e democratico terzo concilio di preti sposati e donne sacerdote. Grazie a Dio, tutto ciò non accadrà mai. Mentre sempre accadrà la benvenuta ora in cui il popolo s’infiamma per l’Unico che non inganna.

c'è fuoco nella casa di Dio: nella chiesa di Don Camillo brucia l'"altare" verso il popolo

Incendio a Brescello nella chiesa di Don Camillo: i danni non sono ingenti

L’ incendio è divampato domenica notte. Il calore delle candele lasciate accese ha distrutto l’ altarino di legno intarsiato che è andato completamente distrutto ed è stato subito gettato nella discarica del Paese. La chiesa di Santa Maria nascente, quella più conosciuta come chiesa di Don Camillo, il sacerdote nato dalla fantasia di Giovannino Guareschi, è salva: fortunatamente non ci sono state fiamme, ma il fuoco ha divorarato solo l'altare mobile posto davanti a quello sul quale troneggiava il Crocifisso con cui Don Camillo era solito colloquiare. 
Don Camillo ringrazia il cielo

lunedì 5 aprile 2010

C'è fuoco nella casa di Dio!

San Luigi Maria Grignion de Montfort con questa preghiera chiede al Signore di mandare uomini straordinari e santi sacerdoti in soccorso della Sua Chiesa. Secondo la felice espressione de Blanc de Saint Bonnet, "il clero è l'aristocrazia della nazione"; soltanto dai rami di un albero sacerdotale ben vivo e saldo potrà naturalmente fiorire una schiera di uomini interamente votati al Signore, una nuova aristocrazia al servizio del Re dei Re.

Preghiera Infocata
di San Luigi Maria Grignion Da Montfort (1673-1716)

Al Padre

[1] Ricordati, Signore, della comunità che ti sei acquistato nei tempi antichi (1). L'hai posseduta nel tuo spirito fin dall'eternità, quando rivolgevi a lei il pensiero. L'hai posseduta nelle tue mani, quando traevi dal nulla l'universo. L'hai posseduta nel cuore, quando il tuo amato Figlio, morendo in croce, la consacrava irrigandola con il proprio sangue e l'affidava alla sua santa Madre.

[2] Signore, realizza i tuoi progetti di misericordia. Suscita gli uomini della tua destra (2), che hai mostrato in visioni profetiche ad alcuni tuoi più grandi servi: s. Francesco di Paola, s. Vincenzo Ferreri, s. Caterina da Siena e tanti altri del secolo scorso e anche del nostro (3).

[3] Ricordati, Dio onnipotente, di questa compagnia! Impegna la forza del tuo braccio non certo affievolito (4), per farla nascere e giungere alla perfezione. Rinnova i segni e compi altri prodigi (5); fa' che sentiamo l'aiuto del tuo braccio.
Tu che puoi trarre da pietre grezze altrettanti figli di Abramo (6), pronuncia una sola parola divina e manda buoni operai alla tua messe (7) e buoni missionari alla tua Chiesa.

[4] Ricordati, Dio misericordioso, dell'amore dimostrato anticamente al tuo popolo e per lo stesso amore ricordati di questa congregazione.
Ricordati delle ripetute promesse, da te fatte per mezzo dei profeti e del tuo stesso Figlio, di esaudire le nostre giuste domande.
Ricordati delle preghiere a te rivolte dai tuoi servi e serve nel corso di tanti secoli a questo proposito. Le loro aspirazioni, le loro lacrime accorate e il loro sangue versato si presentino a te per sollecitare efficacemente la tua misericordia.
Ma ricordati soprattutto del tuo amato Figlio: guarda il volto del tuo consacrato (8). La sua agonia, il tuo turbamento, il suo gemito d'amore nel giardino degli ulivi quando disse: "Quale vantaggio dalla mia morte?" (9), il suo supplizio crudele e il suo sangue versato ti chiedono a gran voce: misericordia! Per mezzo di questa congregazione possa il regno di Cristo innalzarsi stabile sulle rovine di quello dei tuoi nemici.

[5] Ricordati, Signore, di questa comunità per compiere la tua giustizia. È tempo che tu agisca, secondo la tua promessa. Hanno violato la tua legge (10), è stato abbandonato il tuo vangelo, torrenti di iniquità dilagano sulla terra e travolgono perfino i tuoi servi. Tutta la terra si trova in uno stato deplorevole (11), l'empietà siede in trono, il tuo santuario è profanato e l'abominio è giunto nel luogo santo (12).
Signore, Dio giusto, lascerai nel tuo zelo, che tutto vada in rovina? Tutto diverrà alla fine come Sodoma e Gomorra? Continuerai sempre a tacere e sempre pazienterai? La tua volontà non deve compiersi in terra come in cielo, e non deve stabilirsi il tuo regno? Non hai rivelato, già da tempo, a qualcuno dei tuoi amici un futuro rinnovamento della Chiesa? Non devono gli ebrei riconoscere la verità? Tutto questo attende la Chiesa.
Tutti i santi del cielo gridano: non farai giustizia? (13). Tutti i giusti della terra implorano: Amen. Vieni, Signore! (14). Tutte le creature, anche le meno sensibili, gemono (15) sotto il peso degli innumerevoli delitti di Babilonia e invocano la tua venuta che restauri ogni cosa.

Al Figlio

[6] Ricordati, Signore Gesù, della tua comunità! Ricordati di dare a tua Madre una nuova Compagnia per rinnovare ogni cosa. Così per mezzo di Maria concluderai gli anni della grazia, che hai inaugurato per mezzo di lei. Da' figli e servi a tua Madre, altrimenti fammi morire! (16).
Per tua Madre io ti prego. Ricordati di lei che ti ha generato (17), e non mi respingere. Ricordati di chi sei figlio, ed esaudiscimi. Ricorda che cosa tua Madre è per te e tu per lei, e appaga i miei desideri.
Che cosa ti chiedo? Ti chiedo ciò che tu puoi, anzi ¬ oso affermare ¬ devi concedermi, quale vero Dio, cui è stato dato ogni potere in cielo e in terra (18), e quale figlio esemplare che ama immensamente sua Madre.

[7] Che cosa ti chiedo? Liberos! Sacerdoti liberi secondo la tua libertà, svincolati da tutto, distaccati da padre, madre (19), fratelli, sorelle, parenti secondo la carne, amici secondo il mondo; senza beni, impedimenti e preoccupazioni, perfino senza attaccamento alla propria volontà (20).

[8] Liberos! Uomini totalmente dedicati a te per amore e disponibili al tuo volere, uomini secondo il tuo cuore. Non deviati né trattenuti da progetti propri, realizzino tutti i tuoi disegni e abbattano tutti i tuoi nemici, come novelli Davide con in mano il bastone della Croce e la fionda del rosario (21).

[9] Liberos! Uomini simili a nubi elevate da terra e sature di celeste rugiada, pronte a volare dovunque le spinga il soffio dello Spirito Santo. I profeti hanno visto anche loro quando si chiedevano: Chi sono quelli che volano come nubi? (22). Andavano là dove lo Spirito li dirigeva (23).

[10] Liberos! Persone sempre a tua disposizione, sempre pronte a obbedirti alla chiamata dei superiori, come Samuele: Eccomi! (24), sempre pronte a correre e tutto sopportare con te e per te, come gli Apostoli: Aneliamo anche noi a morire con lui! (25).

[11] Liberos! Veri figli di Maria, tua santa Madre, concepiti e generati dal suo amore (26), da lei portati in grembo, nutriti, educati con cura, sostenuti e arricchiti di grazie.

[12] Liberos! Veri servi della santa Vergine. Come san Domenico, andranno dappertutto con la torcia luminosa e ardente del Vangelo nella bocca e il Rosario in mano. Abbaieranno come cani, incendieranno come fiaccole, rischiareranno le tenebre del mondo come il sole (27).
Avranno una vera devozione a Maria, cioè interiore e non ipocrita, esteriore e non ipercritica, saggia e non superstiziosa, affettuosa e non insensibile, costante e non instabile, santa e non presuntuosa. Per mezzo di essa schiacceranno la testa dell'antico serpente dovunque andranno, perché si realizzi pienamente la maledizione da te predetta: Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa (28).

[13] È vero, gran Dio! Come tu hai predetto, il demonio tenderà grandi insidie al calcagno di questa misteriosa donna, cioè alla piccola compagnia dei suoi figli, che verranno sul finire del mondo. Ci saranno grandi inimicizie fra questa stirpe benedetta di Maria e la razza maledetta di Satana; ma si tratterà di inimicizia totalmente divina, l'unica di cui tu sei l'autore.
Le lotte e persecuzioni che la progenie di Belial (29) muoverà ai discendenti di tua Madre, serviranno solo a far meglio risaltare quanto efficace sia la tua grazia, coraggiosa la loro virtù e potente tua Madre. A lei infatti hai affidato fin dall'inizio del mondo l'incarico di schiacciare con il calcagno e l'umile cuore la testa di quell'orgoglioso.

[14] Altrimenti fammi morire! Mio Dio, non è meglio per me morire piuttosto che vederti ogni giorno così crudelmente e impunemente offeso e trovarmi sempre più nel pericolo di venire travolto dai torrenti di iniquità che ingrossano? Preferirei mille volte la morte!
Mandami un aiuto dal cielo, o toglimi la vita!
Se non avessi la speranza che presto o tardi finirai con esaudire questo povero peccatore nell'interesse della tua gloria, come hai esaudito tanti altri (30), ti pregherei senza esitare con un profeta: Prendi la mia vita! (31) Ma la fiducia nella tua misericordia mi spinge a dichiarare con un altro profeta: Non morirò, resterò in vita e annuncerò le opere del Signore (32), fino a quando potrò esclamare con Simeone: Ora lascia, o Signore che il tuo servo vada in pace… perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza (33).

Allo Spirito Santo

[15] Spirito Santo, ricordati di generare e formare figli di Dio con Maria, tua santa e fedele sposa. Hai formato in lei e con lei il capo degli eletti, perciò con lei e in lei devi formare tutte le sue membra. Tu non generi nessuna Persona divina in seno alla divinità, ma soltanto tu formi tutte le persone divine fuori della divinità. Tutti i santi del passato e del futuro sino alla fine del mondo sono opere del tuo amore unito a quello di Maria.

[16] Il regno speciale di Dio Padre è durato fino al diluvio e si è concluso con un diluvio d'acqua. Il regno di Gesù Cristo è terminato con un diluvio di sangue. Ma il tuo regno, Spirito del Padre e del Figlio, continua tuttora e finirà con un diluvio di fuoco d'amore e di giustizia (34).

[17] Quando verrà questo diluvio di fuoco del puro amore, che devi accendere su tutta la terra in modo così dolce e veemente da infiammare e convertire perfino i musulmani, i pagani e gli ebrei? Nulla si sottrae al suo calore (35). Si accenda dunque questo divino fuoco, che Gesù Cristo è venuto a portare sulla terra (36), prima che divampi quello della tua ira che ridurrà in cenere tutta la terra.

[18] Mandi il tuo Spirito e tutti sono creati, e rinnovi la faccia della terra (37). Invia sulla terra questo Spirito tutto fuoco e crea sacerdoti tutto fuoco! Dal loro ministero sia rinnovato il volto della terra e riformata la tua Chiesa.
Ricordati della tua comunità. È una congregazione, un'assemblea, un gruppo di prescelti nel mondo e dal mondo: Io vi ho scelti dal mondo (38). È un gregge di agnelli mansueti da radunare tra tanti lupi (39), una compagnia di caste colombe e di aquile reali fra tanti corvi, uno sciame d'api fra tanti calabroni, un branco di agili cervi fra tante tartarughe, una torma di intrepidi leoni fra tante timide lepri. Signore, raccoglici di mezzo ai popoli (40), radunaci, rendici uniti, perché sia pienamente glorificato il tuo nome santo e potente.

[19] Tu hai predetto questa insigne compagnia al tuo profeta, che ne parla in termini molto oscuri e misteriosi, ma totalmente divini:
10. Una pioggia abbondante, o Dio, mettesti a parte per la tua eredità.
Questa era esausta, ma tu l'hai rinvigorita.
11. I tuoi animali abitarono in essa.
Nella tua bontà, o Dio, hai provveduto al povero.
12. Il Signore darà la parola a quelli che annunziano la lieta notizia con grande forza.
13. Il re delle schiere è a favore del popolo prediletto e le donne, ornamento della casa, già spartiscono il bottino.
14. Quando vi riposate fra le greggi siete come colombe dalle ali argentate e dalle piume dal color dell'oro.
15. Quando il re del cielo sbaragliò i re di Canaan, nevicava sul monte Selmon.
16. Montagna fertile è il Monte di Dio, Montagna compatta e lussureggiante.
17. Perché invidiate, monti dalle alte cime, la montagna che Dio ha scelto per sua dimora?
Il Signore vi abiterà per sempre! (41).

[20] Che cos'è, Signore, questa pioggia abbondante che hai separata e scelta per rinvigorire la tua eredità esausta? Non sono forse questi santi missionari, figli di Maria tua sposa, che tu devi scegliere e radunare per il bene della tua Chiesa così indebolita e macchiata dai peccati dei suoi figli?

[21] Chi sono questi animali e questi poveri, che abiteranno nella tua terra e saranno nutriti dai cibi dolci che hai loro preparato? Non sono forse questi missionari poveri, abbandonati alla Provvidenza e saziati dall'abbondanza delle tue delizie? Non sono essi i misteriosi animali di cui parla Ezechiele? (42). Avranno la bontà dell'uomo, perché ameranno il prossimo con disinteresse e impegno; il coraggio del leone perché arderanno di santo sdegno e prudente zelo di fronte ai demoni figli di Babilonia; la forza del bue, perché si sobbarcheranno alle fatiche apostoliche e alla mortificazione del corpo, e infine l'agilità dell'aquila, perché contempleranno Dio.
Tali saranno i missionari che tu vuoi mandare nella tua Chiesa. Essi avranno un occhio d'uomo per il prossimo, un occhio di leone per i tuoi nemici, un occhio di bue per se stessi e un occhio d'aquila per te.

[22] Questi imitatori degli apostoli predicheranno con grande forza (43), così grande e strepitosa da scuotere tutti gli animi e i cuori dovunque si recheranno. Ad essi infatti darai la tua parola, anzi la tua lingua e sapienza, a cui nessun avversario potrà resistere (44).

[23] Come re della virtù del tuo Figlio Gesù Cristo, troverai le tue compiacenze tra questi prediletti, poiché in ogni loro missione essi avranno l'unico scopo di attribuire a te la gloria dei trofei riportati sui tuoi nemici.

[24] Per l'abbandono alla Provvidenza e la devozione a Maria, avranno le ali argentate della colomba, cioè la purezza di dottrina e di vita. Avranno anche spalle color d'oro, cioè una perfetta carità verso il prossimo per tollerarne i difetti e un grande amore a Gesù Cristo per portarne la croce.

[25] Soltanto tu, re dei cieli e re dei re, separerai dalla massa questi missionari come altrettanti re. Li renderai più bianchi della neve del Selmon, la montagna di Dio, fertile e lussureggiante, solida e compatta, dove Dio mirabilmente si compiace, risiede e dimorerà per sempre.
Signore, Dio di verità, chi è questa misteriosa montagna di cui riveli tante cose mirabili, se non Maria, tua cara Sposa? Lei è la montagna che tu hai eretto sulla cima dei monti più alti (45), le sue fondamenta sono sui monti santi (46).
Beati, molto beati, i sacerdoti da te prescelti e destinati a dimorare con te su questa montagna fertile e santa. Qui essi diventeranno re per l'eternità con il distacco dalla terra e l'elevazione in Dio. Diverranno più bianchi della neve perché uniti a Maria, tua sposa totalmente bella, pura e immacolata. Saranno arricchiti della rugiada del cielo e dell'abbondanza della terra (47), di ogni benedizione temporale ed eterna di cui Maria è ricolma.
Dall'alto di questa montagna, come Mosè, con le loro ardenti preghiere scaglieranno frecce contro i nemici per abbatterli o convertirli (48). Su questa montagna impareranno dalla bocca stessa di Gesù Cristo, che sempre vi dimora, il significato delle otto beatitudini. Su questa montagna di Dio saranno trasfigurati con Cristo come sul Tabor, moriranno con lui come sul Calvario, ascenderanno al cielo con lui come sul monte degli ulivi.

[26] Ricordati della "tua" comunità. A te solo spetta costituire questa comunità con la tua grazia. Se l'uomo per primo vi porrà mano, non se ne farà nulla; se vi metterà qualcosa di suo, rovinerà e sconvolgerà tutto. Dio grande, è compito esclusivamente tuo! Realizza quest'opera del tutto divina. Raccogli, chiama, raduna da ogni parte del tuo regno i tuoi eletti per farne un corpo d'armata contro i tuoi nemici.

[27] Guarda, Signore Dio degli eserciti! I capitani mobilitano intere compagnie, i sovrani arruolano armate numerose, i navigatori formano flotte complete, i mercanti si affollano nei mercati e nelle fiere. Quanti ladri, empi, ubriaconi e dissoluti si raggruppano in gran numero ogni giorno con tanta facilità e prontezza contro di te! Basta dare un fischio, battere un tamburo, mostrare la punta smussata di una spada, promettere un ramo secco di alloro, offrire un pezzo di terra gialla o bianca! Basta insomma prospettare una voluta di fumo d'onore, un interesse da nulla e un misero piacere animalesco... e in un istante si riuniscono i ladri, si ammassano i soldati, si congiungono i battaglioni, si assembrano i mercanti, si riempiono le case e le fiere, e si coprono la terra e il mare di una innumerevole moltitudine di perversi! Benché divisi fra loro a causa della distanza di luogo o della differenza di carattere o della diversità d'interesse, si uniscono tutti insieme fino alla morte per muoverti guerra sotto la bandiera e la guida del demonio.

[28] E quanto a te, gran Dio? Non ci sarà quasi nessuno che prenda a cuore la tua causa anche se nel servirti c'è tanta gloria, utilità e dolcezza? Perché così pochi soldati sotto la tua bandiera? Quasi nessuno griderà in mezzo ai suoi fratelli per lo zelo della tua gloria come san Michele: Chi è come Dio? (49).
Lasciami allora gridare dappertutto: Al fuoco! al fuoco! al fuoco!... Aiuto! aiuto! aiuto!... C'è fuoco nella casa di Dio! C'è fuoco nelle anime! C'è fuoco perfino nel santuario... Aiuto! stanno assassinando il nostro fratello!... Aiuto! stanno uccidendo i nostri figli!... Aiuto! stanno pugnalando il nostro buon padre!... (50).

[29] Chi sta con il Signore, venga da me! (51). Tutti i buoni sacerdoti sparsi nel mondo cristiano, sia che si trovino tuttora in pieno combattimento o si siano ritirati dalla mischia nei deserti e nelle solitudini, vengano e si uniscano a noi (52). Formiamo insieme, sotto la bandiera della croce, un esercito schierato e pronto alla battaglia, per attaccare compatti i nemici di Dio che han già dato l'allarme: suonano l'allarme, fremono (53), digrignano i denti (54), sono sempre più numerosi (55).
Spezziamo le loro catene, gettiamo via i loro legami". Se ne ride chi abita i cieli, li schernisce dall'alto il Signore (56).

[30] Sorga Dio, i suoi nemici si disperdano! (57). Svegliati, perché dormi, Signore? Déstati! (58). Signore, alzati! Perché fingi di dormire? Alzati con tutta la tua onnipotenza, misericordia e giustizia. Formati una compagnia scelta di guardie del corpo, per proteggere la tua casa, difendere la tua gloria e salvare le anime, affinché ci sia un solo ovile e un solo pastore (59) e tutti possano glorificarti nel tuo tempio (60). Amen. ***

* Il testo e le note sono ripresi da: S. Luigi Maria da Montfort, Opere, Edizioni Montfortane, Roma 1990, 2a ed., vol. I: Scritti Spirituali, pp. 543-557.

(1) Sal 74, 2.

(2) Nella Bibbia, la mano destra è simbolo sia della potenza di Dio, di cui l'uomo può essere strumento, sia del favore e della benedizione che Dio concede ai suoi amici..

(3) Nel Trattato della vera devozione a Maria, nn. 47-48, il Montfort riporta le testimonianze mistiche di San Vincenzo Ferreri (+1419) e di Maria des Vallées (+1656). Anche San Francesco di Paola (+1507) parla nelle sue lettere di una congregazione di crociferi che porterà molti frutti alla Chiesa (Cf. Cornelio a Lapide, in Apoc. 17, in fine). Santa Caterina da Siena (+1380) riferisce le comunicazioni divine circa la "rinnovazione ed esaltazione della Chiesa, la quale deve avere nel tempo a venire" (Lettere, Firenze, 1940, t. III, p. 267), attraverso "la reformazione di santi e buoni pastori" (Il Dialogo, Roma, 1968, p. 33). Tra i contemporanei del Montfort è da ricordare Olier (+1657), che chiede al Signore di suscitare "persone che rinnovino l'ordine divino dei pastori" (Mémoires autobiographiques).

(4) Cf Is 59, 1.

(5) Sir 36, 6.

(6) Cf Mt 3, 9; Lc 3, 8.

(7) Mc 10, 2.

(8) Sal 84, 10.

(9) Sal 30, 10.

(10) Sal 119, 126.

(11) Cf Ger 12, 11.

(12) Cf Mt 24, 15.

(13) Cf Ap 6, 10.

(14) Ap 22, 20.

(15) Cf Rm 8, 22.

(16) Cf Gen 30, 1. Il Montfort cita a questo punto la frase latina Da Matri tuae liberos alioquin moriar (Gn 30, 1) e la commenta, insistendo sulla parola liberos che ripete sei volte all'inizio di ogni numero (dal 7 al 12). Il termine latino liber (al plurale liberos) ha un duplice significato: come aggettivo vuol dire "libero", non servo; come sostantivo vuol dire "figlio". I Romani chiamavano liberos i figli precisamente per distinguerli dai servi. Con il termine liberos la preghiera del Montfort esprime anch'essa una duplice intenzione: domanda a Dio missionari che siano "liberi" (nn. 7-10), ma che siano allo stesso tempo "figli" di Maria (nn. 11-12).

(17) Cf Lc 11, 27.

(18) Mt 28, 18.

(19) Cf Eb 7, 3. Di Melchisedec, re e sacerdote, la lettera agli Ebrei dice che "egli è senza padre, senza madre, senza genealogia" (Eb 7, 3).

(20) Cf Mc 10, 29; Lc 14, 26.

(21) In baculo cruce et in virga virgine. Cf. Nm 17, 23; 1 Sam 17, 43; S. Pier Damiani, Sermone per l'Assunzione, PL 144, 721 C.

(22) Is 60, 8; cf Trattato della vera devozione a Maria 57.

(23) Ez 1, 12.

(24) 1 Sam 3, 16.

(25) Gv 11, 16.

(26) Cf S. Agostino, La santa Verginità 6, 6, PL 40, 399: "Maria è senza alcun dubbio madre delle sue membra, che siamo noi, nel senso che ha cooperato mediante l'amore a generare alla Chiesa dei fedeli, che formano le membra di quel capo".

(27) Cf Giordano Di Sassonia, Libellus de principiis ordinis praedicatorum, ed H.C. Schebeen, Moph Roma, 1935. Si accenna qui ai presagi celesti che avrebbero preceduto la nascita di San Domenico di Gusman: "la madre sognò di portare in seno un cagnolino con una fiaccola accesa in bocca che infiammava tutto il mondo" (cf Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, c. 1825).

(28) Gen 3, 15.

(29) Cf 2 Cor 6, 15.

(30) Sal 34, 7: "Questo povero grida e il Signore lo ascolta".

(31) 1 Re 19, 4.

(32) Sal 118, 17.

(33) Lc 2, 29-30.

(34) L'immagine dei tre diluvi si trova in una rivelazione di Maria des Vallées, riportata dal Renty (ms. 3177, Bibl. Mazarine), che Montfort cita in Trattato della vera devozione a Maria 47. Il Montfort aggiunge ai tre diluvi l'idea di tre regni, rendendo più positiva la visione in negativo di Maria des Vallées. Cf S. De Fiores, Lo Spirito Santo e Maria negli ultimi tempi secondo S. Luigi Maria da Monftort, in Quaderni Monfortani, 4 (1986), pp. 3-48.

(35) Sal 19, 7.

(36) Cf Lc 12, 49.

(37) Cf Sal 104, 30. Nella precedente edizione delle Opere la preghiera che qui il Montfort esprime con le parole del salmo 104, concludeva il n. 17 della Preghiera infocata. Qui, invece, si è preferito metterla all'inizio del n. 18 a motivo del suo contenuto.

(38) Gv 15, 19.

(39) Cf Lc 10, 3.

(40) Sal 105, 47.

(41) Sal 68, 10-17. Nei numeri seguenti (20-25) il Montfort commenta il salmo 68 secondo il testo della Volgata.

Il Salmo 68 "è tra i più difficili del Salterio" (M. Sales). Il Montfort lo commenta nei numeri seguenti (20-25) attenendosi alla versione della Volgata, che offre spesso una plausibile interpretazione del testo ebraico. Per questo motivo la nostra traduzione del Salmo si discosta da quella della CEI (che rimane una delle possibili letture del testo). Più profondamente il Montfort percepisce la dinamica e i contenuti del Salmo 68. Egli "condivide con il salmista una lettura della storia della salvezza intesa quale ricerca di una dimora per parte di Dio e poi per il popolo. La storia del Dio che interviene per procurarsi una dimora si dirige ora verso Maria, Salmôn della nuova economia" (M. Zappella, Il Salmo 68 e la Preghiera infuocata. Annotazioni esegetiche, in Quaderni Montfortani, 4 (1986), p. 116.

(42) Cf Ez 1, 5-14.

(43) All'espressione virtute multa del salmo 68 il Montfort aggiunge virtute magna di At 4, 33.

(44) Cf Lc 21, 15.

(45) Is 2, 2.

(46) Sal 87, 1.

(47) Cf Gen 27, 28.

(48) Cf Es 17, 8¬13.

(49) Cf S. Gregorio, Omelia 34 sul Vangelo, PL 125 1A. Il Montfort attinge direttamente da Olier, Lettres, Paris, Lecoffre, 1885, t. II, p. 576.

(50) Il Montfort prende lo spunto per gridare Al fuoco! da un testo di S. Giovanni Eudes (Lettre XXXIX, 23.7.1659, in Oeuvres complétes X, p. 432), ma con sviluppi o accentuazioni proprie.

(51) Es 32, 26.

(52) Vis unita fit fortior.

(53) Cf Sal 45, 4; 2, 1.

(54) Cf Sal 34, 14.

(55) Cf Sal 68, 5.

(56) Sal 2, 3-4.

(57) Sal 67, 1.

(58) Sal 43, 24.

(59) Gv 10, 16.

(60) Cf Sal 28, 9.

DIO SOLO!