sabato 27 marzo 2010

Dalla terra di Santa Caterina si alza un nuovo accorato grido al "dolce Cristo in terra"

Pubblichiamo questo bellissimo appello al Santo Padre tratto da fidesetforma.blogspot.com. Dalla terra di Santa Caterina si alza un nuovo accorato grido al "dolce Cristo in terra".

SANTITA', MAI COME OGGI C'E' BISOGNO DI FERMEZZA!
di Don M.D.M.

Santità,
            mi rivolgo a Voi, Dolce Cristo in terra, in quest’ora di dolore e di confusione, come l’ultimo e il più indegno dei vostri figli.

Ancora una volta la Barca di Pietro è sballottata dalle tempeste della menzogna, del peccato e dell’odio. Imploro dal Signore che vi tenga saldo e fermo al suo timone perchè possiate condurci al porto sicuro della Verità che è Cristo Signore.

Con dolore e sgomento assistiamo alla siturazione, a dir poco disastrosa, del Clero in questi giorni.
Certamente, un’occasione unica per chi non aspettava altro che poter sparare nel mucchio... E quale occasione migliore dell’aver finalmente “scoperto” il sommerso mondo dell’immoralità dei chierici?

La terribile piaga della pedofilia che flagella il mondo, e che non ha sicuramente risparmiato la Chiesa, diventa un’occasione d’oro per chi vuol gridare, ad ogni piè sospinto, che essa, la Sposa di Cristo giace impunita con il peccato, e che la sua casa, altro non è, se non un covo di perversi e fucina di ogni genere di malvagità.

Un boccone ghiotto e prelibato per chi, da tempo e in ogni modo, si adopera per strappare definitivamente l’Europa (e il mondo intero) da quella madre che l’ha nutrita, l’ha cresciuta, e che come unico baluardo, continua a difenderla dalle ondate nichiliste, relativiste, e laiciste di un potere che sembra voler giustizia, ma in realtà vuole solo far prevalere le sue ideologie! E che, -eliminata la Chiesa- rivestito come paladino di una nobile causa, finalmente avrà campo libero di imperversare in ogni modo!

Ma la realtà è ben altra da quella che sembra apparire e che ci vogliono far credere: “la pedofilia è un fenomeno di massa nella Chiesa…”, “tutti i preti sono pedofili...”, “non dobbiamo ascoltarla, nè seguirla, ma bisogna diffidarne...”, “i nostri figli sono in pericolo...”.

Noi sappiamo, Santità, e conosciamo quella schiera silenziosa di sacerdoti, religiosi, religiose, che ogni giorno per le strade del mondo, o nel silenzio dei monasteri, offrono la loro vita per Cristo e per il bene delle anime. Ma il mondo non li conosce, e non li accoglie, perchè non riesce a soggiogarli al suo potere e alle sue lusinghe, li odia: “...se hanno perseguitato me perseguiteranno anche voi...ma abbiate fede, Io ho vinto il mondo...”. E per questo, tutto ciò che sta accadendo in questi giorni, in fondo non ci stupisce, anche se ci addolora, e per tanti aspetti, “il cor s’impaura”.
Basta tenere i piedi per terra, e non farsi travolgere dalla melma di ipocriti giudizi, per rendersi conto di quanta falsità, di quanto odio, e di quanta sete di distruzione si annida nel tumulto “giustizialista” di questi giorni.

Certo, con dolore, Santità, guardiamo il rumoroso dilagare e il viscido strisciare del male e della menzogna, della calunnia e anche dell'indifferente ignavia di coloro che più dovrebbero stringersi a Pietro per non lasciarlo solo in mezzo ai lupi, ma sappiamo anche riconoscere il Bene e la Verità, che fa molto meno rumore, e nel contempo è presente, opera, dà i suoi frutti e alla fine trionferà.

Ma è giunta l’ora, Padre santo, di guardare in faccia il male con lo stesso coraggio con cui la Santità Vostra ha deciso di affermare che non solo i responsabili degli ignominiosi crimini ai danni dell'infanzia vanno consegnati alla giustizia civile perché criminali oltre che peccatori, ma anche che i Vescovi omertosi devono collaborare con le autorità civili nell'affrontare i tremendi autori dei suddetti crimini. Anche se fa paura, e appare invincibile e inattaccabile, è giunta l'ora di iniziare a sferrare una vera e propria battaglia per estirparne le radici e fare in modo che il male, come un veleno, non si diffonda dappertutto! Certo, ce lo ha ricordato lei Santità, pochi giorni fà: tanta indulgenza verso il peccatore, ma nessuna per il peccato e le sue strutture.

Nello stesso tempo, però, sono in molti i fedeli ed ancor più i sacerdoti a domandarsi come sia stato possibile nel passato che la Chiesa proteggesse criminali conclamati lasciando loro per anni la possibilità di unire al proprio vizioso agire criminale l'esercizio del sacerdozio? Come ha potuto la Chiesa lasciare che quelle mani impure dei suoi indegni ministri accogliessero il Corpo e il Sangue di Nostro Signore?

Queste domande accorano i fedeli e noi sacerdoti incapaci di trovare ragionevoli e cristiane risposte! Ma Voi conoscete bene, Santità, la vastità della sporcizia che è dentro la Chiesa e Voi sapete bene quanta devastazione in questi ultimi sessant’anni ha causando quest’esasperato progressismo non solo nella morale, ma anche nell’ortodossia della fede.

Mentre buona parte della Chiesa si nutriva di un certo “buonismo”o “spirito di comprensione”, si trastullava nel “dialogo” o negli “equilibri da rispettare”, si schermiva dietro la “discrezionalità diplomatica” o gli “scandali da evitare”, la piaga si è aggravata sempre di più, diffondendosi e devastando senza sosta!

Il popolo assiste oggi attonito e confuso, e chiede, più di ogni altra cosa, a noi i pastori, e ancor più a Vescovi e Cardinali e a Voi, Santità, Pastore grande delle pecore - che mai come in questo momento siamo chiamati a custodire e proteggere - FERMEZZA!

Quella sana fermezza della Chiesa - ritenuta come un male di altri tempi da certi teologi e intellettuali - che non cedeva a compromessi, nè verso l’immoralità, nè verso gli attentati alla sana dottrina; quella santa fermezza, Santità, invocata da santi e sapienti cristiani, e che tante volte nella storia ha salvato la barca di Pietro da terribili derive e catastrofici naufragi.

Si la fermezza, Padre Santo.

Un argine, che se non altro, permetteva di controllare al massimo certi fenomeni e che sicuramente non assicurava vita facile e lunga a persone e idee, ad intra o ad extra, miranti a trascinare la Sposa di Cristo nel fango, disseminando confusione e odio.

Dov’è finita, Santità, la sapienza e la prudenza dei pastori?

Dov’è finita la fermezza, la prudenza e il sano discernimento nei Seminari- tanto in questioni “de fide” quanto “de moribus” – che portava agli Ordini Sacri candidati di solida formazione e di retta spiritualità. Certo, il male e la fragilità umana è stata, è, e sarà una realtà con cui bisognerà sempre fare i conti, ma non prima di aver certezza davanti a Dio, si dovrebbero poter proclamare quelle solenni e grevi parole contenute nel Rituale per le Ordinazioni agli Ordini sacri: «Quantum humana fragilitas nosse sinit, et scio et testificor illos dignos esse» («Per quanto l’umana fragilità permette di sapere, so e testimonio che sono degni»).

Una certa carità ci ha spinti a doverci mettere in ascolto del mondo, ad aprici ad esso, dimenticando che noi non gli apparteniamo, e che la nostra Patria è nei cieli; confondendo così la terra con il cielo e il cielo con la terra, ci siamo persi in esso, e non ci riconosciamo più.
Abbiamo preteso di poter fare a meno della sapienza della Chiesa, dei suoi Santi, della sua spiritualità, dei suoi insegnamenti, della sua Tradizione; li abbiamo ritenuti superati: il mondo non ci capiva più, ci ripetavamo preoccupati.

Così nei Seminari, nei Conventi, e negli stessi Monasteri si è cominciato a rinunciare alla disciplina, e si è iniziato a sostituire lo spirito di penitenza e di mortificazione con uno spirito gaio e festaiolo, nel nome di una presunta gioia della fede.
Il clero, sia secolare che regolare, ha iniziato a trasformarsi in una sorta di categoria sindacale senza volto e senza identità, tutta protesa verso un umanitarismo sociale e filantropico; e ci faceva piacere, Santità, perchè il mondo ci applaudiva.
“A che serve pregare?” - ci dicevano – “…bisogna operare, fare, costruire, combattere. La vita interiore? …Un inutile spiritualismo... La pratica della penitenza?...Cose medievali, d’altri tempi...!”.

Era sorta una nuova primavera, quella dei nuovi tempi inaugurata dall’era conciliare, e per queste cose non c’era più spazio; finalmente, più liberi e più moderni!
E ....il risultato? È sotto gli occhi di tutti!
La disciplina (dal latino discere, che significa imparare) la regola, il rigore, erano armi indispensabili per il raccoglimento interiore e per irrobustire la vita di fede, - e Lei, Santità, e i suoi Predecessori lo sapete bene -, lo spirito di mortificazione era un’esigenza per chi aveva deciso di rinunciare al mondo per seguire e consegnarsi totalmente a Cristo, umile, casto e povero.
Ma si è voluto semplicemente “cambiare pagina”, e senza queste armi il vizio ha spalancato le porte alla menzogna in ogni sua forma.

In Seminario - lo ricordo ancora con tristezza - se si tentava di vivere con una certa serietà gli studi e la formazione al Sacerdozio (che di fatto è inesistente e, in un certo senso, bisognava cercarsela) nella fedeltà al magistero e al Santo Padre, richiedendo un certo rigore e rimproverando un certo lassismo formativo e dottrinale, si veniva subito classificati come squilibrati, derisi dai Superiori e, molti, venivano allontanati e costretti ad abbandonare la vocazione. Per costoro i provvedimenti dell’Autorità non tardavano a giungere, implacabili!
Ma la cosa che ricordo ancora con più dolore e tristezza, Santità, è che per quanti nei corridoi del Seminario si rincorrevano gai, chiamandosi con nomignoli femminili e atteggiandosi con fare altrettanto ambiguo, viceversa, tutto era perdonato, compreso, non considerato come un problema, nonostante le chiari indicazioni della Chiesa in merito.

E allora, Santità: fermezza. Essa è la forma più alta della Carità!

I Pastori tornino a fare ciò per cui sono stati investiti dalla Sapienza Divina: custodi saggi e forti della fede del gregge e, in modo particolare, dei loro sacerdoti, senza cedimenti e senza compromessi, e in vera e totale comunione e obbedienza alla Santità Vostra e al Vostro Magistero. Meno parole, ragionamenti vani, convegni sociali e pastoralismi inutili! Più attenzione nei luoghi di formazione, più giudizi che partono dalla fede e non da ordini del giorno dettati dal mondo!

Allora, prima di rivolgersi ad extra, è ora, Padre Santo, di fare un’operazione ad intra e ripulire Atenei Pontifici, Seminari, Conventi, Curie e Sacri Palazzi da quella congerie di immondi personaggi che fanno scempio della dottrina e della morale cattolica, e che abusano delle loro cattedre o della loro funzione per demolire la Chiesa, assecondare i propri vizi o ricercare l’approvazione del secolo.

Perdonatemi, Padre Santo, se oso ricordare alla Santità vostra - in realtà intendo ricordarlo anche tutti quei Vescovi che sembrano ignorare le Vostre parole, i Vostri insegnamenti, le Vostre esortazioni, con cinica quanto poco cristiana indifferenza e ignavia - quanto già in tempi non meno confusi per la Chiesa, S. Caterina da Siena ripeteva ai vostri Predecessori: “...Pare, santissimo Padre, che questa Verità eterna voglia fare di voi un altro Lui; e si perché siete suo vicario di Cristo in terra, e si perché nell’amaritudine e nel sostenere vuole che riformiate la dolce Sposa sua e vostra, che tanto tempo è stata impallidita (…). Ora è venuto il tempo che Egli vuole che per voi, suo strumento, sostenendo le molte pene e persecuzioni, la Sposa sia tutta rinnovata. Di questa pena e tribolazione ella nascerà come fanciulla purissima…" (Lett.n. 346).

Si, Santità, come allora ancor più oggi, c’è bisogno di un rinnovamento soprattutto interiore, e su questo non si può più indugiare, e certo: “... Voi non potete di primo colpo levare i difetti delle creature, ma potete lavare il ventre della santa Chiesa, cioè procurare a quelli che vi sono presso e intorno a voi, spazzarlo dal fracidume, e ponervi quelli che attendono all’onore di Dio e vostro, e bene della santa Chiesa; coloro che non si lascino contaminare dalle lusinghe o dai denari. Se reformate questo ventre della sposa vostra, tutto il corpo agevolmente si riformerà; e così sarà onore a Dio, utilità a voi, santità delle membra e si spegnerà l’eresia.." (Lett. 364).

Verrà la persecuzione, ovviamente, anzi è già iniziata!

Ma senza salire al Calvario, Padre Santo, questa massa di Prelati e non, accecati dal mondo e dalle sue pompe, “...posti a nutrirsi al petto della Santa Chiesa...”, non potrà mai ambire ad esser parte del Corpo mistico di Cristo; se non saprà affrontare anch’essa la Croce, non meriterà di seguire Cristo nella gloria.

La Chiesa, Padre Santo, ha qualcosa di infinitamente più grande dei suoi limiti da offrire al mondo e che abbraccia le stesse vittime di tanta barbarie: l’abbraccio di Cristo e la sua promessa: “non praevalebunt”. Senza di questo non avremmo più scampo, e allora sì che il male prevarrebbe, e noi saremmo veramente perduti. Ci sentiamo un pò, come in quella notte, quando la tempesta imperversava su quel lago, e la povera barca sembrava sprofondare...e Lui a poppa dormiva....: “Maestro svegliati, non t’importa che periamo?...”, e Lui sgridò la tempesta: “...Taci, calmati...” e a quegli uomini, umanamente impauriti, con una tenerezza infinita disse: “...Perchè siete così paurosi? Non avete ancora fede?...”.

É il suo metodo, ci mette alla prova, tutti, perchè ci abbandoniamo a Lui con coraggio; perchè comprendiamo che senza di Lui non possiamo far nulla e tutto sarebbe irrimediabilmente perso; ma, soprattutto, vuol dirci di non temere perchè c’è Lui, nella Chiesa c’è Lui, e voi Padre Santo, di questo siete il segno grande e luminoso.

Che Dio abbia misericordia di me, Padre Santo, se qualche germe di orgoglio dovesse nascondersi anche solo dietro una di queste mie povere parole.

L’ultimo dei vostri figli, mentre conferma alla santità Vostra il suo filiale rispetto e incondizionata obbedienza, chiede indegnamente la sua Apostolica Benedizione.

il dovere di difendere la Fede a viso aperto

« Cedere all’avversario o tacere, mentre dovunque si alza tanto clamore per opprimere la verità, è proprio dell’inetto oppure di chi dubita che sia vero quello che professa. L’uno e l’altro atteggiamento sono ignobili e ingiuriosi a Dio; l’una cosa e l’altra contrastanti con la salvezza individuale e collettiva: sono soltanto giovevoli ai nemici della fede, perché l’arrendevolezza dei buoni aumenta l’audacia dei malvagi. Per questo è ancor più da condannare l’inerzia dei cristiani perché il più delle volte si possono confutare gli errori e le malvagie affermazioni facendolo spesso con poco sforzo; ma farlo sempre occorre un impegno molto più grande. Per ultimo, nessuno è dispensato dall’usare quella forza che è propria dei cristiani, perché con essa si spezzano spesso le macchinazioni e i piani degli avversari. Ci sono poi dei cristiani nati per la disputa: quanto più grande è il loro coraggio, tanto più certa è la vittoria con l’aiuto di Dio. Confidate: io ho vinto il mondo (Gv 16,33). E nessuno può opporre l’obiezione che il custode e il garante della Chiesa, Gesù Cristo, non ha bisogno certamente dell’opera degli uomini. Ma non è per mancanza di potenza, bensì per la grandezza della sua bontà che egli vuole che qualcosa si faccia pure da noi per l’opera della salvezza che egli ci ha procurato, e per ottenerne frutti sempre maggiori.

Gl’impegni più importanti di questo dovere sono di professare la dottrina cattolica a viso aperto e con costanza, e di propagarla come ciascuno può. Infatti, come è stato affermato tante volte e con verità, niente è così dannoso per la dottrina cristiana che il non essere conosciuta. Basta da sola a dissipare gli errori quando è appresa rettamente; se la mente con semplicità e non vincolata da falsi pregiudizi la comprende, la ragione dichiara di dovere assentire. Per vero, la virtù della fede è un grande dono della grazia e della bontà divina. Ma i mezzi con i quali si raggiunge la fede non sono generalmente altri che l’ascolto: Come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?.. La fede dipende dunque dalla predicazione, e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo (Rm 9,14-17).

Poiché dunque la fede è necessaria per la salvezza, ne consegue che si deve assolutamente predicare la parola di Cristo »  (dall'Enciclica Sapientiae christianae di Leone XIII - 10 gennaio 1890)

Fonte: http://www.lucisullest.it/

Mons. Fellay: come pretendere di fare del bene alla Chiesa se non con dei mezzi soprannaturali?

Intervista a Monsignor Fellay (FSSPX) sulla Crociata del Rosario

Riportiamo una intervista a Mons. Fellay pubblicata sulla rivista del distretto degli Stati Uniti della Fraternità San Pio X, The Angelus.

The Angelus : Monsignore, lei ha indetto una crociata del Rosario dal 1° maggio 2009 al 25 marzo 2010. Qual è la ragione di uno sforzo così notevole?

Mons. Fellay: E’ evidente che noi non viviamo tempi normali e inoltre che ci troviamo ancora nel periodo coperto dal messaggio di Fatima. Nel 1917, la Santa Vergine Maria è apparsa a tre bambini ed ha promesso loro che alla fine il suo Cuore immacolato avrebbe trionfato. Nel 2000, apparentemente qualcosa di quello che si definiva “terzo segreto” di Fatima è stato pubblicato dal Vaticano, con grande insoddisfazione di quasi tutto il mondo. E, francamente, non è finita. Il trionfo, sotto una qualsiavoglia forma, del Cuore immacolato, non si è realizzato. Ciò vuol dire che deve ancora succedere qualcosa. E noi ci aspettiamo che, con tale trionfo, una parte o tutta la crisi attuale della Chiesa abbia termine. Così cerchiamo di ottenere che il Cielo faccia le due cose contemporaneamente, domandando e desiderando quel magnifico trionfo della nostra Madre celeste, la Madre di Dio.

Quali sono gli esempi storici che l’hanno incitata a prendere la decisione di indire una crociata del rosario?

Mons. Fellay: E’ vero, infatti nella storia ci sono parecchi esempi dell’intervento divino, un vero intervento di Dio o dei suoi santi nella storia umana, e specialmente dopo la recita del rosario.
Uno dei più celebri è la vittoria di Lepanto. San Pio V, davanti ai pericoli corsi dalla Cristianità nella sua difesa dalla minaccia dei Turchi, aveva infatti richiamato tutta l’Europa ad una crociata spirituale di rosari. A questa battaglia spirituale si univa quella della flotta cristiana che si scontrava con le forze navali dell’Islam, al largo di Lepanto. Benché in numero inferiore, i cristiani alla fine della giornata avevano riportato una vittoria talmente significativa, che per anni, i cristiani sono stati lasciati in pace.
La grande vittoria di Vienna, ottenuta da Sobiesky, di nuovo contro i Turchi, è anch’essa attribuita alla preghiera del rosario. Allo stesso modo, in Austria, la liberazione dall’occupazione della Russia comunista nel 1955 è considerata ugualmente come una vittoria dovuta alla preghiera del santo rosario.

Alcuni insinuano che la Chiesa cattolica è attaccata così violentemente dai suoi nemici da far sembrare la preghiera insufficiente a difenderne la causa. Che pensa di simili dubbi?

Mons. Fellay: Quando preghiamo, contiamo sull’aiuto di Dio Onnipotente e dei suoi santi. Questa potenza non è paragonabile alle forze umane, per quanto vigorose possano essere. Solo Dio è infinito, infinito per potenza –lo chiamiamo Dio Onnipotente- e questa parola deve essere intesa senza alcuna attenuazione. Perché Dio può davvero fare tutto ciò che vuole. La preghiera, e ancor più le preghiere che Egli stesso ci ha dato possono ottenere in tutta verità ciò che le risorse umane non potrebbero mai compiere. E’ vero che una delle condizioni perché una preghiera sia efficace, è la fiducia che abbiamo di essere esauditi. Se noi stessi consideriamo irreale il fatto che Dio possa ascoltarci e fare quello che gli domandiamo, noi non otterremo niente. Noi dobbiamo ricordarci sempre di queste parole: “Se voi aveste una fede grande come un granello di senape, direste a questa montagna: ‘Spostati fin lì’ e lei si sposterebbe” (Mt. 17, 21). Al contrario, noi dobbiamo dire che la preghiera è l’unico mezzo idoneo a risolvere il problema che affligge la Chiesa. Certo, ciò non esclude da parte nostra tutte le altre azioni necessarie.

Evidentemente è difficile parlare di crociata del rosario senza parlare di Fatima, e specialmente del 3° segreto. Qual è l’importanza di questo 3° segreto?

Mons. Fellay: Potremmo dire che l’importanza di questo segreto è proporzionale all’importanza dei mezzi usati da alcuni per impedirne la pubblicazione integrale. Molto verosimilmente, dobbiamo accettare che il 3° segreto parli delle prove attuali e forse di alcuni eventi futuri nella Chiesa. E siccome non comprende unicamente la descrizione di disastri, ma anche la promessa della vittoria della Madonna, quella parte noi la conosciamo già. Sembrerebbe che potremmo anche trovarvi la chiave per uscire dalla crisi attuale, così come delle precisazioni riguardo a questa crisi.

Pensa che la consacrazione della Russia al Cuore immacolato di Maria sia stata fatta?

Mons. Fellay: Possiamo dire che una certa consacrazione al Cuore immacolato sia stata fatta, e anche una certa consacrazione della Russia, anche se imperfettamente e senza rispettare tutte le condizioni indicate dalla Santissima Vergine Maria. Pio XII aveva già consacrato il mondo, Giovanni Paolo II ha menzionato il paese in cui è venerata l’icona di Maria…Ma i vescovi non erano tutti uniti per fare questa consacrazione della Russia.

Perché, secondo lei, Pio XII ha fatto una consacrazione del mondo al Cuore immacolato di Maria, e non la consacrazione della Russia, secondo la richiesta della Madonna che egli conosceva sicuramente?

Mons. Fellay: Potrebbero esserci almeno due spiegazioni: la prima è che sotto Pio XII c’era una forte opposizione a tale consacrazione; e la seconda è che nella stessa epoca è venuta un’altra rivelazione dalla Spagna che richiedeva la consacrazione del mondo. Così Pio XII ha potuto tentare di combinare le due in un’unica consacrazione…In ogni modo, quando l’ha fatta, alcuni dei miracoli di Fatima si sono ripetuti per lui in Vaticano: una pioggia di rose ed il miracolo del sole.

Secondo lei, in che modo la consacrazione della Russia potrebbe influenzare la situazione della Chiesa?

Mons. Fellay: Nella storia dell’umanità, le cose sono molto più collegate le une alle altre di quanto pensiamo, ma molto spesso non possiamo né vedere né comprendere questo legame. Così, la consacrazione della Russia libererebbe questo paese dai suoi errori: si convertirà, come ha detto Maria. Come ciò possa riguardare la crisi della Chiesa? In molti modi, ma qui siamo davvero nel campo delle speculazioni. Preferisco lasciare le mani libere alla Madre di Dio per fare ciò che vuole. Lei parla di trionfo, e ciò vuol dire definitivamente una grande vittoria contro le forze del male…una simile vittoria spirituale non sarebbe spettacolare, se non fosse accompagnata da un vero risanamento della Chiesa. Ma non mi chieda come.

Pensa che gli effetti della consacrazione della Russia sarebbero interamente soprannaturali? Alcuni sembrano immaginare dei risultati immediati di ordine politico o naturale.

Mons. Fellay: Non c’è affatto bisogno di limitare la potenza di Dio o di Maria. I due effetti sono facilmente possibili. Una conversione della Russia sarebbe forse unicamente soprannaturale e non includerebbe alcuni elementi umani? La crisi attuale ha anche degli aspetti umani, per esempio le chiese vuote, i conventi vuoti…Così Dio potrebbe riempirli di nuovo, e con delle persone di buona fede, dei convertiti.

Qual è l’importanza della crociata del rosario per l’influenza della Tradizione nella Chiesa Cattolica?

Mons. Fellay: Semplicemente questo: come potremmo pretendere di fare del bene alla Chiesa se non con dei mezzi soprannaturali? Quindi, se utilizziamo dei mezzi soprannaturali come la preghiera, e la preghiera del rosario, la crociata del rosario può essere di un’importanza cruciale.

Per voi, sono solo i fedeli della Fraternità che devono essere coinvolti in questa crociata del rosario oppure anche gli altri cattolici?

Mons. Fellay: Non c’è alcuna restrizione a questa crociata. Ogni anima di preghiera è benvenuta! Non pretendiamo di avere l’esclusiva di una preghiera che è stata data alla Chiesa intera. Tuttavia è vero che pochi fedeli continuano a recitarla, a paragone di quanto dovrebbe accadere. Ma, a causa delle circostanze attuali, era abbastanza difficile superare le nostre frontiere per questo appello alla preghiera.

Al di fuori della Fraternità, avete ricevuto reazioni positive riguardo a questa crociata, nel corso dell’anno passato?

Mons. Fellay: Molto poche. Mi ricordo di un sacerdote italiano presente alle ordinazioni a Ėcône, che aveva promesso di unirsi a noi con un milione di rosari. Inoltre, il rev.do Gruner (*) ha indetto anch’egli qualcosa di simile…Non è molto. In occasione delle ultime crociate, il cardinale Castrillon Hoyos era stato impressionato dal numero di rosari. Mi ha detto di essere certo che avessero avuto la loro parte nell’ottenere che arrivassimo là dove siamo arrivati oggi. (Fonte: The Angelus. Traduzione: DICI n° 211 del 06/03/10).

(*) P. Nicholas Gruner è un sacerdote americano di tendenza tradizionale, redattore capo di The Fatima Crusader. Ha indetto una crociata del rosario così come una campagna di petizioni da rivolgere al papa per ottenere la consacrazione della Russia.

The Angelus 2915 Forest Avenue – Kansas City, Missouri 64109 –USA.

pronto il nuovo libro di Mons. Gherardini: Quod et tradidi vobis. La Tradizione, vita e giovinezza della Chiesa

Intervista a Mons. Brunero Gherardini

Aletheia n° 153 - 20 marzo 2010

Raccolta da Yves Chiron, Redattore di Aletheia, Lettre d’informations religieuses
(la pubblicazione non è più disponibile su internet scrivere a Yves Chiron, 16 rue du Berry, F - 36250 Niherne chiron.yves@wanadoo.fr)

20 marzo 2010

Se permette, Monsignore, l’anno 2009 è stato «l’anno Gherardini». Lei infatti ha fatto pubblicare uno dopo l’altro: Il Concilio Vaticano II. Un discorso da fare, nel marzo 2009, Quale accordo tra Cristo e Beliar?, nell’aprile 2009, sui «problemi, gli equivoci e i compromessi» del dialogo interreligioso; Ecumene tradita, nel settembre 2009, sul «dialogo ecumenico tra equivoci e passi falsi». Si tratta di una semplice coincidenza o della volontà di attirare l’attenzione sulla necessità di una buona «ermeneutica» del Vaticano II?

Un caro amico, il prof. Roberto De Mattei, Direttore di Radici Cristiane, è riuscito, nell’ottobre 2009, a strapparmi un’intervista – genere da cui mi sono sempre tenuto lontano. Ed ecco che un altro amico riesce nell’impresa.
Ben lungi dal pensare ad un “anno Gherardini”, riconosco che le pubblicazioni alle quali Lei si riferisce - ed alle quali oggi si aggiunge Quod et tradidi vobis. La Tradizione, vita e giovinezza della Chiesa – non sono una semplice coincidenza, ma un modesto tentativo di dare una risposta ed un contenuto oggettivo all’“ermeneutica della continuità” auspicata, come tutti sanno, dal Santo Padre.

Ritiene che Rapporto sulla fede, pubblicato nel 1985 dall’allora card. Ratzinger abbia segnato una svolta nella riflessione della Chiesa su se stessa? Era il segno di una presa di coscienza?

Forse più che nella realtà, nelle intenzioni dell’eminente autore e nelle speranze di diversi teologi, tra i quali io stesso. I pericoli e gli equivoci venivano intravisti, ma le cause non venivano discusse e ancor meno si notava la minima intenzione di eliminarle. Di conseguenza si era sempre al punto di partenza.

Si dice che Lei sia l’ultimo rappresentante della «teologia romana», già resa celebre dal card. Palazzini o dal caro e rimpianto Mons. Piolanti. La sua voce, in quanto teologo, è isolata in Italia o Lei vede, in certe università, in certe riviste, dei teologi che condividono le sue preoccupazioni e la sua analisi della situazione?

Io non so fino a che punto posso considerarmi come un epigono della gloriosa Scuola Romana. Già i nomi illustri a cui Lei si riferisce appartengono alla fase discendente di questa Scuola. Dopo il Concilio Vaticano II, la voce di questa Scuola, sempre più debole, poteva farsi sentire ancora attraverso due Accademie romane, (la Pontificia Accademia di Teologia e la Pontificia Accademia San Tommaso d’Aquino), le riviste Divinitas e Doctor Communis, e i congressi tomisti. Oggi, quando si riesce ancora a percepirla, si tratta solo di una voce isolata, ammirata da qualcuno, ma più spesso disdegnata e disprezzata. È quello che mi è capitato. Nondimeno, ascoltata o no, essa risuona sempre, e se nella mia voce si riconosce il timbro della Scuola Romana me ne rallegro.
fortunatamente, questa gloriosa Scuola oggi è priva di cattedre universitarie ed episcopali. Tuttavia, anche da questo punto di vista, le cose cominciano a cambiare: il 25 di questo mese, per esempio, sono stato invitato dalle autorità accademiche a tenere, in Laterano, una conferenza su “Il tomismo e la Scuola Romana del XX secolo”, e L’Osservatore Romano mi ha già chiesto il testo di questa lezione.

Se non mi sbaglio, Lei è stato sollecitato dalla Santa Sede a partecipare ai «colloqui teologici» che, dall’autunno del 2009, sono iniziati con la Fraternità San Pio X. Perché non ha accettato questa proposta?

Sono desolato, ma la discrezione m’impedisce di rispondere a questa domanda.

È possibile un accordo dottrinale fra la Santa Sede e la FSSPX? E sotto quale forma?

Senza alcun dubbio, e io mi auguro – e anche la Chiesa se lo augura – che per il bene delle anime si giunga presto ad un accordo. Vorrei rispondere in maniera adeguata, ma non vorrei impantanarmi nei dettagli. Il Papa ha già fatto molto per trovare una soluzione, bisogna dargliene atto. Ma è necessario mettere sul tappeto la “cornice dottrinale” a cui lui stesso si riferisce. Questa cornice, nondimeno, non porterà ad alcun risultato se permette - come sembra – solo un’interminabile confronto punto per punto: le due parti hanno ciascuno delle frecce appropriate nel loro arco, e la dialettica – quando vuole – è capace di mettere in evidenza le ragioni di colui che ha torto.

Secondo me, vi è solo un argomento da mettere sul tappeto: e Giovanni Paolo II lo ha suggerito quando, infliggendo la famosa scomunica del 1988, rimproverò alla Fraternità San Pio X di avere “una incompleta e contraddittoria nozione della Tradizione”. Personalmente sono di tutt’altro avviso, ma è proprio per questo che io vedo nella Tradizione l’unico tema dottrinale da trattare a fondo. Se si riuscisse a chiarire il concetto di Tradizione, senza rifugiarsi nel sotterfugio della tradizione vivente, ma anche senza chiudere gli occhi sul movimento interno della tradizione apostolico-ecclesiale “eodem tamen sensu, eademque sententia” (conservando lo stesso senso e lo stesso pensiero), il problema cesserebbe d’esistere.
Oggettivamente la Fraternità San Pio X, per intanto, non dovrebbe cessare d’esistere; essa potrebbe essere, nel firmamento della Chiesa, una “società di vita sacerdotale”, una famiglia di “oblati” o francamente una “Prelatura nullius”, visto che ha già diversi vescovi; ma, per carità, rifuggiamo dai sogni.



L'invettiva cristianissima di Francesco Agnoli

 Ogni due o tre mesi mi scrive un amico, missionario in Africa, don Giuseppe Ceriani. Per parlarmi della chiesa di là, delle sue tribolazioni, delle sue attività, delle sue lotte. L’ultima sua lettera è datata Quaresima-Pasqua 2010. Leggendola non sembra che laggiù siano filtrate le notizie che occupano la stampa europea in questi giorni, con soverchia e sospetta abbondanza.

Forse in Africa non si sa nulla della battaglia che il vecchio continente ha ingaggiato da tempo con la sua storia e le sue radici. Una battaglia che è sempre più grottesca, perché vede gli araldi del nichilismo, soprattutto quello sinistro, combattere una santa crociata contro i preti pedofili.

Non, si badi bene, per sbarazzarsi di loro, come è giusto, ma per sbarazzarsi, tout court, del cristianesimo, e magari, relativisticamente, anche dell’idea di bene e male. L’Europa che apostata ogni giorno, deve farlo trovando nobili giustificazioni, dandosi un tono. L’Europa che massacra i suoi figli nell’utero materno, a milioni; che distrugge i bambini già nati combattendo ogni giorno la famiglia (quintuplicati i divorzi, nella mia regione, in trent’anni); l’Europa che sperimenta sugli embrioni, che commercia ovuli e spermatozoi come fossero caramelle, che tenta di clonare l’uomo massacrando centinaia di esseri umani allo stato iniziale, che ingravida le donne single e le coppie omosessuali, negando ai figli che nasceranno il padre o la madre… L’Europa, l’occidente, che permettono le mamme-nonne, che fanno nascere figli già orfani con la fecondazione post mortem, che congelano gli embrioni sotto azoto liquido e che infangano la vita di milioni di ragazzi col sesso precoce, la pornografia, lo scandalo continuo; l’occidente “no child”, che predica la “crescita zero” per non inquinare; che “aiuta” i paesi poveri coi preservativi e l’aborto; che vede crescere ogni giorno il ricorso alla sterilizzazione, gli alberghi e i luoghi di villeggiatura dove sono verboten i bambini; l’Europa che apre all’eutanasia dei fanciulli malati e che anestetizza e lobotomizza i suoi figli con la Tv, il tempo pieno, la realtà virtuale, svariati impegni extrafamiliari e mille altri sotterfugi per non avere impicci…

Ebbene questa Europa nemica dei bambini, bambino-fobica, handi-fobica, famiglio-fobica, finge di battersi in difesa dei più piccoli, se questa battaglia può servire a infangare la chiesa nel suo complesso, come istituzione, come storia, come tutto. Finge di farlo, e con grande e prolungato clamore, salvo poi tacere sui milioni di europei (di cui circa centomila italiani) che praticano turismo sessuale a danno di bambini asiatici, latini o africani; sui quarantuno mila casi di violenze sui minori che vengono registrati ogni anno in Italia secondo una ricerca presentata allo Iulm di Milano nel 2007; sul boom di pedopornografia che invade la rete ogni giorno di più, senza quasi nessuno che la ostacoli. Don Giuseppe, dicevo, non sembra sapere nulla. Si limita a raccontarmi per lettera quello che fa là, a Nairobi, dove ha già preso, in passato, la malaria e una malattia che gli ha riempito le budella di trenta chili di una strana mucillagine, che però non ha infrollito la sua tempra di uomo di Dio. Cosa mi racconta, dunque, dal Kenya? “Caro Francesco, il Signore cammina con noi sulle strade di Ongata Rongai dove da alcuni mesi sta sorgendo un orfanotrofio per accogliere almeno cento bambini/e sotto i dieci anni. Molti di essi sono stati coinvolti nella tragica pandemia dell’Aids. In un’area accanto sorgerà anche un ospedaletto diurno, una specie di pronto soccorso per bambini. E sarà una grazia per questi poveri”.

Qui, continua, la società è vessata da mali di ogni tipo, vecchi e nuovi: tribalismo, spiritismo, stregoneria e corruzione. Per questo a Lamet i fratelli delle Scuole cristiane assistono cento ragazzi/e “che vengono da varie etnie con esperienze di enorme indigenza e sofferenza”. A Burgheri, invece, “sta sorgendo una scuola superiore per ragazze”, per quelle femmine che qui sono spesso trattate come oggetti e che invece i missionari vogliono nobilitare, insegnando loro un mestiere, a leggere e a scrivere. “L’area fu al centro di scontri tribali del 2008. Ora che la calma sembra tornata, abbiamo ripreso le costruzioni. A fine febbraio sono state costruite due aule”.

La lettera continua e parla delle altre iniziative: scuole, ospedali, centri, soprattutto, per ragazzi, orfani, abbandonati, malati… di cui nessuno, spesso per povertà ma anche per superstizione, vuole prendersi cura. Mentre leggo penso: forse un domani anche gli africani, quando avranno la pancia piena, impiccheranno la chiesa ai peccati, pur gravissimi, di qualche suo figlio, e dimenticheranno tutti coloro che invece l’hanno amata e soccorsa anche a rischio della vita, perdendo, evangelicamente, la propria esistenza. Ma intanto non posso fare a meno di notare che quello che accade a Nairobi, avviene in tutta l’Africa.

Non sono fedeli di Cristo, soprattutto, quelli che portano lì aiuti, medicine, civiltà, speranza, mentre i figli di Mammona, che vengono spesso dalla stessa Europa, cercano l’oro e gli affari? Non è stato così anche per l’Europa, un tempo? Chi ha costruito le ruote degli esposti, gli ospedali, le scuole per i bambini, anche quelli poveri, nel Medioevo? Chi ha edificato moltissime delle nostre scuole professionali per salvare milioni di ragazzi, nell’Ottocento, dallo sfruttamento nelle industrie? Chi ha insegnato all’Europa il rispetto per i bambini? Chi ha imposto piano piano l’idea che le spose devono essere consenzienti, spostando gradatamente l’età del matrimonio un po’ “pedofilo” dell’antichità, sin dall’epoca di Costantino?

Ricordiamo per un attimo cosa fu il mondo antico, precristiano. A Roma, a Sparta, ad Atene, presso tutti i popoli, i bambini malformati, handicappati, non voluti, venivano uccisi, fatti schiavi, venduti come cose. Non solo di fatto, ma anche in linea di diritto. Era normale. In tanti casi, presso i greci, presso i popoli nordici, presso i fenici, dei bambini venivano sacrificati alle divinità per chiederne il favore, come succede ancora oggi in Africa o in India (lo ha scritto Libero, 13/03/2010). Il cristianesimo arrivò portando la nozione di sacralità della vita. Additando a tutti un Cristo bambino; predicando il rispetto dell’infanzia fino ad allora così poco considerata. Spiegando che Dio stesso si era fatto piccolo. Noi, scrivevano i primi cristiani, Giustino, Tertulliano e tanti altri, non uccidiamo i nostri figli e non li abbandoniamo lasciando che vengano sbranati dalle belve. Così, dicono gli storici, il cristianesimo costruì i primi orfanotrofi, sostanzialmente sconosciuti sino ad allora. Così trovarono una casa gli abbandonati, i milioni di “Marcellino pane e vino” della nostra storia che ancora oggi portano nel cognome il ricordo di quella carità cristiana che li salvò: gli Esposito, i Diotallevi, i Fortuna, i Fortunato, i Proietti, i Casadei.

Trovarono asilo prima negli orfanotrofi fondati dalle imperatrici e dalle matrone romane convertite, poi in strutture come quella dell’arciprete milanese Dateo, dove venivano accolti bastardi, orfani, handicappati, nel secolo VIII; poi, ancora, nelle case fondate dalle confraternite o negli ospedali, come quello fiorentino degli Innocenti, in cui ai bambini erano dedicati strutture, personale specifico e soldi per costruirsi, una volta cresciuti, il futuro. Così recita l’Enciclopedia Treccani alla voce “orfanotrofio”: “Sorti fin dai primi tempi del cristianesimo attraverso la paternità adottiva, mantenuti dalle offerte dei fedeli e sorvegliati dai sacerdoti, gli orfanotrofi ebbero dai primi imperatori cristiani non pochi e notevoli privilegi”.

Oggi magari ce ne dimentichiamo, perché da noi gli orfanatrofi sono sempre meno: ci si disfa del problema alla radice. Ma la predilezione cristiana per i più piccoli non è venuta meno: nell’Inghilterra laica e anglicana un terzo degli orfanotrofi odierni è gestito da ordini religiosi cattolici. In Africa, dove la poligamia, la povertà e le malattie colpiscono soprattutto i bambini, gli orfanotrofi sono numerosissimi e hanno nella quasi totalità dei casi un’origine religiosa. Nella Cina non cristiana, dove l’infanticidio di massa, potenziato dal regime maoista, è sempre esistito, la piccolissima minoranza cattolica, come raccontava Tiziano Terzani su Repubblica il 20 giugno 1984, prima della rivoluzione comunista gestiva oltre duemila scuole, duecento ospedali e più di mille orfanotrofi. A rischio spesso dell’odio xenofobo cinese, esploso poi all’epoca di Mao, che chiuse tutto accusando le suore “di aver ucciso i bambini e la chiesa di essere sovversiva”. Ancora oggi missionari cristiani laici e religiosi giungono in Cina da tutto il mondo per raccogliere sulle strade bambini abbandonati e lasciati morire di fame. Un caro amico, Francesco, mi ha raccontato questa terribile realtà, dopo aver trascorso un’estate in Cina con alcuni sacerdoti lombardi ad aiutare il creatore di uno di questi istituti per l’infanzia abbandonata. Francesco ci è andato dopo che Giulia, sua sorella e mia alunna, era stata alcuni anni prima, con altri missionari, in Romania, a fare scuola e a dare un po’ di affetto ad alcuni dei migliaia e migliaia di orfani romeni abbandonati, costretti a vivere nelle fogne, spinti alla prostituzione minorile e alla delinquenza.

Chi li aiuta, gli orfani dell’est Europa? Hans Küng, Corrado Augias, Vito Mancuso o il patron di Repubblica? La rivista Left, che fa copertine in cui compare un prete e la scritta, grande, “Predofili”, quasi a suggerire una equivalenza tra sacerdozio e pedofilia? No, migliaia e migliaia di associazioni e gruppi sorti molto spesso dal volontariato cattolico (o protestante), legati alle parrocchie, che finanziano ospedali pediatrici, ospitano ogni anno in Europa i bambini di Cernobyl, diffondono la pratica dell’adozione a distanza…

Come l’associazione di don Antonio Rossi, “Chiese dell’est”, che ha appena lanciato un programma di adozione a distanza di bambini russi e ucraini, spesso “liberati dagli orfanotrofi statali (alle volte autentici lager)”. Alcuni anni fa, nel 2002, il patriarcato ortodosso di Mosca fece un documento in cui registrava allarmato che la minoranza cattolica si prende cura di troppi bambini e adolescenti, “soprattutto negli ospedali, nelle scuole secondarie e negli orfanotrofi”. “Sotto il pretesto delle cure degli orfani, recitava il documento, e dei bambini senza casa i cattolici (soprattutto rappresentanti di ordini religiosi femminili) coltivano una nuova generazione di cattolici adulti”. Cosa accade, invece, in India, paese in cui la vita dei bambini, specie quella delle femmine, non vale gran che? In cui gli infanti vengono uccisi a milioni e la prostituzione infantile, secondo la “Storia dell’infanzia” della Laterza (vol. I, p. IX), riguarda circa quattrocentomila soggetti?

E’ dall’opera di madre Teresa che sono nati orfanotrofi, asili, lebbrosari, case di accoglienza per anziani, ragazze madri, moribondi. In un crescendo di opere stupende che si sono diffuse poi in tanti altri paesi del mondo, talora nonostante l’opposizione dei governi. Opere che qualcuno fa presto a dimenticare, accecato dall’odio ideologico. Ma forse, se mandassi queste mie brevi e indignate considerazioni a don Giuseppe, mi risponderebbe: “Sì, caro Francesco, ma la barca di Pietro, oggi, è nella tempesta, anche per causa di tanti suoi uomini indegni, non solo pedofili, ma anche politicanti, mondani, pavidi, tiepidi… Forse Dio si servirà delle critiche e dell’odio strumentale di tanti ipocriti, per rimettere la sua barca, santa, sulla giusta rotta. Forse farà capire a tanti vescovi che devono tornare a fare i pastori, anzitutto dei loro sacerdoti: meno chiacchiere, meno convegni, meno interviste ai giornali sui fatti di cronaca… Più preghiera, più attenzione nei seminari, più spirito soprannaturale”.

Il Foglio, 25 marzo 2010

venerdì 26 marzo 2010

al rogo, al rogo!

Ai tribunali ecclesiastici di tutto il mondo:
Non indagate,
potrebbero chiedervi conto dei reati sui cui investigate.
Non assolvete,
potrebbero chiedervi conto della vostra indulgenza.
Non condannate,
potrebbero chiedervi conto della vostra moderazione.

Fate una cosa
ripristinate la tortura e il rogo
e poi vediamo cose ne dice il New York Times . . .

una verità dimenticata: la regalità sociale di Nostro signore Gesù Cristo

Il Papa, il 21 dicembre scorso, affermò che preti e vescovi non devono far politica. Egli precisamente così disse: “(i vescovi non devono) cedere alla tentazione di prendere personalmente in mano la politica e da pastori trasformarsi in guide politiche.”

Prendiamo spunto da queste parole per fare alcune riflessioni. Nel periodo postconciliare si è teorizzato e scritto molto contro la cosiddetta chiesa postcostantiniana accusandola di essersi troppo compromessa con il potere politico. Tutta la nouvelle theologie, figlia del modernismo teologico, ha invocato e sostenuto una sorta di "pneumatismo" della Chiesa. La Chiesa -si è detto e si dice- deve essere quanto più spirituale: non deve compromettersi con il potere, né tantomeno avere aspirazioni mondane. Insomma, con queste affermazioni si voleva e si vuole attaccare la cosiddetta regalità sociale di Cristo, ovvero la regalità di Nostro Signore non solo sulle anime e sulle famiglie, ma anche sui governanti e sugli Stati e quindi l'obbligo da parte non solo delle anime ma anche dei governanti e degli Stati di renderGli culto. Avremo eventualmente modo di parlare in un altro intervento della piena legittimità della dottrina della regalità sociale di Cristo, ciò che adesso c'interessa sottolineare è che la teologia modernista ha inteso attaccare con chiarezza tale verità, e soprattutto vogliamo evidenziare le conseguenze contraddittorie che da questo attacco sono scaturite.

I motivi del rifiuto della regalità sociale di Cristo sono due. Il primo è remoto e attiene alla dimensione più specificamente teologica. Il secondo è prossimo e attiene alla dimensione della teologia della storia.

Il motivo remoto fa riferimento ad una sorta di gnosticizzazione del Cristianesimo. La gnosi implica la convinzione secondo cui l'uomo sarebbe una sorta di “scintilla divina” imprigionata in un corpo. L'uomo sarebbe della stessa natura di Dio, per cui all’uomo stesso spetterebbe il dovere di distaccarsi dalle cose del mondo. Attenzione però: non si tratta necessariamente di un distacco nel senso di un non uso. Niente affatto: lo gnostico può benissimo “godere” dei beni terreni, l'importante però che conservi la convinzione intellettuale della loro inconsistenza e quindi del fatto che non possano costituire dei valori ai fini della salvezza. La dottrina autenticamente cattolica della regalità sociale di Cristo, invece, si basa sul principio che Cristo può e deve regnare non solo sulle realtà spirituali ma anche su quelle materiali, perché queste hanno comunque la dignità di “creature”.

Il motivo prossimo del rifiuto da parte della teologia modernista del principio della regalità sociale di Cristo attiene -come abbiamo già detto- alla teologia della storia. Si tratta di quell'influenza del pensiero relativista massonico secondo cui bisogna aspirare alla realizzazione di un governo mondiale basato sul “politicamente corretto”, quindi sulla convinzione della sovranità del relativo e del nulla. Il cattolicesimo, con la pretesa di affermare l'esistenza di una verità assoluta (Gesù Cristo) e di un'unica realtà salvifica (la Chiesa), può essere al limite permesso se ridotto alla dimensione privata, ma non certamente se pretende di tradursi in civiltà.

Ora, tutto questo produce una grande contraddizione che è sotto gli occhi di tutti. Il cattolicesimo tradizionale (cioè di sempre) da una parte ambisce giustamente alla traduzione della Fede in giudizio politico, mira alla realizzazione del valore della societas christiana e considera l'azione politica come espressione dell'atto di fede nelle cose temporali; dall'altra conserva la sua vocazione fondamentale che è quella di portare gli uomini alla salvezza eterna, additando il peccato mortale come la più grave tragedia e promuovendo il messaggio fondamentale che è quello di indirizzare l'uomo alla Vita di Grazia. Il cattolicesimo modernista, invece, si esprime nel contrario. Da una parte afferma che non si deve pensare ad alcuna civiltà cristiana, dall'altra fa passare in secondo piano la prospettiva soprannaturale e la salvezza eterna, anteponendo a questi i problemi del mondo o addirittura l'utopistica realizzazione di una società perfetta.

E così abbiamo il paradosso che negli stessi ambienti in cui si afferma che la Chiesa dovrebbe totalmente spiritualizzarsi, ci si concentra prioritariamente (e molto spesso esclusivamente) su problemi profondamente materiali, del tipo: il debito estero, la disoccupazione, fino a che punto dovrebbero essere governati i flussi migratori, ecc...per arrivare perfino all'importantissimo (si fa per dire!) problema della raccolta differenziata della spazzatura; dimenticando che l'unica cosa che conta è la conquista del Paradiso: “Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla. Vi mostrerò invece chi dovete temere: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella geenna.” (Luca 12,4-5)

Articolo non firmato. Fonte: I Tre Sentieri, 27 febbraio 2010

l'errore dei cristiani sviati

Il folle sbaglio

«Eccoci dunque ricondotti al curioso inginocchiamento il cui spettacolo è offerto oggi da credenti la cui fede in Dio domanda di essere confortata da un'appassionata fede nel mondo. Che cosa sta dunque all'origine di questo inginocchiamento? Un folle sbaglio, la confusione tra due significati completamente diversi attribuiti alla stessa parola "mondo". Vi è, lo abbiamo visto, una verita "ontosofica" sul mondo considerato nelle sue strutture naturali e per ciò che lo costituisce in proprio: allora si deve dire che il mondo è fondamentalmente buono.
E vi è una verità "religiosa" o "mistica" sul mondo considerato nella sua relazione ambigua con il regno di Dio e l'Incarnazione: allora si deve dire che il mondo, se accetta di essere assunto nel regno è salvato, mentre se rifiuta il regno e si rinchiude nella concupiscenza della carne, nella concupiscenza degli occhi e nell'orgoglio dello spirito, è l'avversario del Cristo e dei suoi discepoli e li odia.
Ebbene, basta aggrovigliare insieme queste due accezioni del vocabolo mondo immaginandosi che la prima verità relativa al mondo distrugge la seconda, perché significa che non c'è regno di Dio distinto dal mondo e che il mondo riassorbe in sé quel regno e allora il mondo è esso stesso il Regno di Dio, in divenire (e alla fine dei fini, in gloria). Esso non ha menomamente bisogno d'essere salvato dall'alto, né assunto e finalmente trasfigurato in un Altro mondo, un mondo divino.
Dio, Cristo, la Chiesa, i sacramenti sono immanenti al mondo, come anima sua che a poco a poco foggia il suo corpo e la sua personalità sopraindividuale. Sarà salvato quindi dal di dentro e dalla propra anima che lo agita; si salva e si esalta da sé. In ginocchio, con Hegel, e con i suoi, davanti a questo mondo illusorio; a lui la nostra fede, la nostra speranza e il nostro amore! Siamo più cristiani che mai, poiché il Cristo è in lui, poiché egli è consustanziale (se mi è lecito usare questa parola così mal vista).
La realtà però resta ciò che è, non ciò che noi vogliamo. Di fatto Dio è, infinitamente trascendente, di fatto c'è un ordine soprannaturale che è l'ordine della grazia, di fatto c'è stato un avvenimento che si chiama l'Incarnazione del Verbo eterno, di fatto c'è un altro mondo che è il regno di Dio già cominciato. E allora, a dispetto dei nostri sogni, inginocchiandoci davanti al mondo, noi siamo gli amici non già di un mondo che riassorbirebbe in sé il regno di Dio, bensì del mondo che rifiuta tutto questo, e che non vuole saperne né del Cristo («il mondo mi odia»), né del regno di Dio, (amici) del regno trincerato in se stesso e nemico del Vangelo. Piegheremo cioè le ginocchia davanti a quel mondo e il falso dio è che il suo imperatore (...). Ecco l'errore dei cristiani sviati»
                             (J. Maritain, Il contadino della Garonna, il Cerchio Iniziative Editoriali, 2009, p. 72-73)

giovedì 25 marzo 2010

Se la storia si ripete...(2)

Pubblichiamo questo documentato articolo con il quale Elisabeth Lev riporta alla luce le sagge riflessioni che Edmund Burke ebbe a fare duecento e trenta anni fa su vicende storiche che hanno forti analogie con il presente. Trovate qui l’originale in inglese.

In difesa del clero cattolico
 (o vogliamo un altro regno del terrore?) di Elizabeth Lev

Edmund Burke

Nel 1790, la maggior parte del mondo si congratulava con la Francia per quella che sembrava una rivoluzione completata con successo. L'odiato re era stato deposto, e il cambiamento aveva attraversato una nazione oppressa, offrendo la speranza di un futuro migliore sotto un governo migliore. I giornali, poi per entrare in proprio, avevano proclamato l'alba di una nuova era di pace e prosperità, mentre proto-sapientoni comparavano il cambiamento di regime alla Gloriosa Rivoluzione inglese del 1688.

Tuttavia un osservatore, lo statista inglese Edmund Burke, non fu ingannato dalle immagini prodotte dalla trionfante squadra di pubbliche relazioni rivoluzionaria; egli vide raccogliersi nubi di tempesta ancora più scure. Il suo primo indizio che la Rivoluzione non aveva ancora terminato il suo corso? I continui attacchi ostili al clero cattolico. Dopo che l'Assemblea nazionale ridusse l’autorità di Luigi XVI nel 1789, la letteratura anti-monarchica diminuì, ma crescevano feroci accuse contro il clero cattolico per i misfatti del passato e del presente. Casi isolati di immoralità riguardanti sacerdoti furono ingranditi per fare apparire la depravazione endemica in tutto il clero (per ironia della sorte, in un'epoca in cui era in voga un libertinismo sessuale sfrenato). I propagandisti francesi lavorarono giorno e notte per dragare dal passato scandali vecchi, lontani decenni o addirittura secoli.

Nelle sue Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia, libro pubblicato nel 1790, Burke, un protestante, ha chiesto ai francesi: "Dallo stile generale delle recenti pubblicazioni di ogni tipo, si sarebbe portati a credere che i vostri sacerdoti in Francia siano dei mostri, un misto orribile di superstizione, d'ignoranza, di pigrizia, di frode, d'avarizia e di tirannia. Ma è vero? "
Che cosa avrebbe detto Edmund Burke dei titoli delle ultime settimane, della storia di un sacerdote violentatore in Germania, un quarto di secolo fa, storia che aveva fatto scalpore e aveva avuto le prime pagine e le TV top news negli Stati Uniti? Che cosa avrebbe pensato degli insistenti tentativi di legare questo violentatore al Romano Pontefice stesso attraverso una labilissima connessione?
Nel 1790, Burke rispose alla stessa domanda con queste parole: "Non è con grande credito che io ascolto coloro che parlano male di quelli che stanno andando a saccheggiare. Ho invece il sospetto che i vizi sono finti o esagerati, quando il profitto è cercato come loro punizione ". Mentre scriveva queste parole, i rivoluzionari francesi si stavano preparando alla confisca di massa delle terre della Chiesa.

Dato che le attuali vendite delle proprietà della Chiesa per pagare gli “accordi” ingrossano le casse del contingente-avvocati a pagamento e degli speculatori immobiliari, uno è portato da riconoscere a Burke un profondo senso storico e della natura umana.
Alle salaci segnalazioni circa gli abusi sessuali del clero (come se questi fossero limitati al solo clero cattolico romano) è stato dato un rilievo superiore al massacro dei cristiani che sta accadendo adesso in India e in Iraq. Inoltre, il termine "abuso sessuale del clero" è spesso erroneamente identificato con la "pedofilia" per scatenare ancor di più l'indignazione pubblica. Non ci vuole l'acume politico di Edmund Burke a chiedersi perché per la Chiesa cattolica è stato scelto questo trattamento.
Mentre nessuno nega gli illeciti e il danno causato da una piccola minoranza di sacerdoti, il loro comportamento è stato strumentalizzato per minare la reputazione della stragrande maggioranza del clero che vivono una santa vita tranquilla nelle loro parrocchie attendendo al loro gregge. Questi uomini sono stati imbrattati con lo stesso inchiostro velenoso.

La cruda realtà è che le vittime di abuso sessuale infantile negli Stati Uniti di oggi sono stimate a circa 39 milioni. Di questi, tra il 40 e il 60 per cento sono stati abusi da parte di un membro della famiglia (per la maggior parte zii, cugini, patrigni e fidanzati). Carol Shakeshaft e Audrey Cohan hanno prodotto uno studio che dimostra che il 5 per cento delle vittime sono state molestate dagli insegnanti della scuola, mentre il New York Times ha pubblicato un sondaggio che dimostra che meno del 2% dei colpevoli sono stati sacerdoti cattolici. Ma a leggere i giornali, sembrerebbe che il clero cattolico sia in possesso di un monopolio di molestie su minori.
La spiegazione di Burke per l'anticlericalismo furioso di un tempo avrebbe potuto essere riscritta oggi: La denigrazione del clero era volta ad "insegnare loro [alla gente] a perseguitare i loro propri pastori .... sollevando un disgusto e un orrore per il clero".

Se Burke fosse vivo oggi, potrebbe forse discernere un altro motivo dietro gli assalti selettivi al clero cattolico, oltre alle mire sulle proprietà della Chiesa: e cioè la distruzione della credibilità di una potente voce morale nel dibattito pubblico. Il caso più recente riguarda ad esempio l’aspra battaglia sul disegno di legge di riforma sanitaria. L'opposizione della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (soprattutto in relazione alla questione contribuente-aborti finanziati) si è dimostrata particolarmente fastidiosa per i sostenitori della legislazione. Con l'avvicinarsi della votazione finale, il martellamento sugli abusi sessuali del clero è diventato una frenesia.
Il numero record di partecipanti alla marcia del Pro-Life di gennaio; il rimprovero del Vescovo Tobin al deputato Patrick Kennedy per le sue posizioni pro-aborto, e il successo del movimento in difesa del matrimonio negli Stati Uniti, indicano che la voce dei vescovi è infatti in consonanza con il popolo. Per mettere a tacere la voce morale della Chiesa, l'opzione preferita è stata quella di screditare i suoi ministri.

Entro tre anni dalla Riflessioni di Burke, le sue fosche previsioni si dimostrarono accurate. Il regno del terrore scese nel 1793, portando centinaia di sacerdoti alla ghigliottina, e costringendo gli altri a giuramenti di fedeltà allo Stato prima che alla Chiesa. A Burke era chiaro che la campagna anticlericale del 1790 era "solo temporanea e di preparazione alla totale abolizione… della religione cristiana", "suscitando contro suoi ministri un disprezzo universale". Si spera che gli americani avranno il buon senso di cambiare rotta molto prima di raggiungere quel punto.



Ave, Maria!

L'angelo scese dalle ineffabili potenze celesti e si rivolse alla santissima Vergine dicendo: Ti saluto, o piena di grazia. Non appena Ella ebbe ascoltato quel saluto, ecco che lo Spirito Santo entrò nel virgineo tempio immacolato, santificandone il corpo e lo spirito. Le leggi della natura e del matrimonio stettero in disparte a guardare con stupore il Signore della natura operare in quel corpo un prodigio al di là della natura, o meglio, sopra la natura.

Con tutt'altre armi da quelle che il diavolo usò per farci la guerra, Cristo ci ha salvati: egli ha assunto il nostro corpo soggetto al patire, per dare una grazia maggiore alla nostra indigenza. (Rm 5,20) Laddove ha abbondato il peccato. ha sovrabbondato la grazia.

La tua lode, o santissima Vergine, senz'altro supera ogni lode, perché in te Dio ha preso carne ed è nato uomo. Te venera ogni creatura nei cieli, sulla terra e negli inferi e a te offre il culto che ti si addice. Tu sei davvero il trono degno dei cherubini e dalla sommità del regno spirituale tu brilli nel fulgore della tua luce. In te è glorificato il Padre che non ha inizio, lui che ha disteso su di te la sua ombra. In te è adorato il Figlio, che tu hai generato secondo la carne. In te è celebrato lo Spirito Santo, che nel tuo seno portò a compimento la nascita del gran Re. Per mezzo di te, o piena di grazia, la santa e consostanziale Trinità è conosciuta nel mondo intero. Degnati di rendere partecipi anche noi della tua perfetta grazia, in Cristo Gesù nostro Signore, insieme col quale sia gloria al Padre e allo Spirito Santo, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
            
       (Dalle Omelie attribuite a Gregorio il Taumaturgo, Homilia II in Annunciatione, PG 10,1156‑1169)

mercoledì 24 marzo 2010

Che dire? impressionante!

Messaggio della Madonna a Madre Mariana de Jesus Torres, vissuta a Quito (Ecuador) nel XVII secolo:  «Aumenteranno gli effetti dell’educazione secolare, che sarà una delle ragioni della mancanza di vocazioni sacerdotali e religiose...Il Sacro Sacramento dei Santi Ordini sarà deriso, oppresso e disprezzato...Il demonio cercherà di perseguitare i Ministri del Signore in ogni maniera possibile e agirà con crudele e sottile astuzia per sviarli dallo spirito delle loro vocazioni, corrompendo molti di loro. Questi sacerdoti corrotti, che saranno motivo di scandalo per i cristiani, faranno sì che l’odio dei cattivi cristiani e dei nemici della Chiesa Cattolica e Apostolica Romana ricada su tutti i sacerdoti... Questo apparente trionfo di Satana porterà enormi sofferenze ai buoni Pastori della Chiesa... Non ci sarà quasi più innocenza nei bambini, né pudicizia nelle donne, e in questo momento di grande miseria della Chiesa quelli che dovrebbero parlare rimarranno in silenzio. (...). Il Clero secolare lascerà molto a desiderare perché i sacerdoti diventeranno negligenti nei loro sacri doveri. Non avendo la bussola divina essi si allontaneranno dalla strada tracciata da Dio per i ministero sacerdotale e saranno attaccati ai beni e alle ricchezze...»

martedì 23 marzo 2010

Don Nitoglia ci dà la sveglia: "Vis unita fit fortior!"



Evitiamo sterili polemiche tra cattolici antimodernisti

●Quando si parla di Vaticano II come inaccettabile e da ri-“gettare”, non si intende inglobare in tale constatazione di eterodossia oggettiva la colpevolezza soggettiva di chi lo ha accolto in buona fede pensando di obbedire, né tanto meno si vuole disprezzare nessuno. Così come, quando si constata la nocività oggettiva del Novus Ordo Missae e la sua abrogabilità, non si vuole minimamente offendere chi lo celebra in buona fede, per ignoranza incolpevole delle carenze dottrinali del Nuovo Rito. “Non sbraniamoci tra noi” (anti-modernisti), ma andiamo a ri-studiare con attenzione il “Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae” con la “Lettera di presentazione” dei cardinali ANTONIO BACCI e ALFREDO OTTAVIANI: vi si trovano considerazioni severe sulla sua non ortodossia oggettiva e si chiede al Papa di abrogarlo.

●Non lasciamoci distrarre dalle polemiche che sorsero quando lo si volle imporre e si lasciò ritenere abrogato il Vetus Ordo per un abuso di potere implicitamente riconosciuto come tale anche da Benedetto XVI (7. VII. 2007). Allora (estate 1976) volarono forse anche parole forti, ma pronunciate nel corso di interviste e, soprattutto, ampliate ad arte dalla stampa laicista, senza la possibilità di apportare le dovute distinzioni. Soprattutto non mi sembra corretto mettere in cattiva luce monsignor Marcel Lefebvre, per alcune frasi estrapolate dai suoi sermoni, vedere in lui il “male assoluto”, come pure mi sembra puerile la pretesa di alcuni - per fortuna pochi - “tradizionalisti” di scambiare il “tradizionalismo liturgico stretto” per la Chiesa di Cristo e la Verità assoluta. Anche in questo caso la sana logica condanna il sofisma ex uno disce omnes. Parlare di monsignor Lefebvre come di un “oltranzista, contestatore e spettacolare” non mi pare giusto: chi ha ‘sovvertito, abbattuto o rovesciato’ la liturgia non è stato lui, ma la “riforma liturgica” del Novus Ordo Missae, il quale oggettivamente è “chiassoso” e «si allontana impressionantemente, nel suo insieme come nei particolari, dalla teologia definita dal Concilio di Trento sul Sacrificio della Messa» (“Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae”). Il “Breve Esame Critico” fu presentato nel 1969 a Paolo VI dal cardinal Alfredo Ottaviani, che prima lo volle studiare attentamente e lo fece esaminare anche dagli esperti dell’allora S. Uffizio di cui era Prefetto e vi apportò qualche leggera correzione di suo pugno. Ottaviani non era un ‘contestatore sovversivo, distruttore o eversivo’, ma, in quanto Prefetto e custode S. Congregazione che si occupa della Fede cattolica, fece notare - com’era suo dovere - a Paolo VI che la riforma liturgica era oggettivamente eterodossa ed andava abrogata e non promulgata. Paolo VI non rispose, anzi ne anticipò la promulgazione ed ingiunse a monsignor Lefebvre e al suo seminario di celebrare col “Nuovo Rito”, il quale secondo lui aveva abrogato l’Antico. Monsignor Lefebvre osservò semplicemente che la “Fede pregata” o liturgia non può essere abrogata, ma va difesa e che l’atto di Paolo VI era oggettivamente un abuso di potere. Il prelato francese si comportò come S. Paolo, il quale resistette pubblicamente davanti a Pietro “quia reprehensibilis erat” con la differenza che S. Pietro accettò la riprensione di S. Paolo, Paolo VI no. Il “chiasso” o lo “spettacolo” non è stato voluto da monsignor Lefebvre, ma oggettivamente è stato provocato da Paolo VI con l’ingiunzione abusiva di non celebrare più con il Rito tradizionale, bensì con il “Nuovo Rito”, il quale oggettivamente non rispecchia più la Fede cattolica sul S. Sacrificio della Messa.

●Nel sofferto “non possumus” di fronte al “Nuovo Rito della Messa” non vi è alcun disprezzo per le persone e nessun giudizio sul “cuore e le reni” del singolo celebrante, che “solo Dio scruta”, ma unicamente la fedeltà alla “Fede pregata” di sempre. Il cambiamento, lo spettacolo, la contestazione o eversione sono rappresentati oggettivamente dal Concilio Vaticano II, pastorale e innovatore, e dalla liturgia ecumenista semi-protestante alla cui redazione hanno partecipato sei pastori calvinisti, la quale ha portato nel Tempio di Dio il “chiasso” che impedisce la preghiera e il raccoglimento. Queste sono considerazioni oggettive e di buon senso pratico, alle quali non si dovrebbe rispondere con l’accusa di “contestazione/eversione” o con la pretesa di una “continuità” con la Tradizione conclamata ma non provata (cfr. BRUNERO GHERARDINI, Il Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2009). Neppure si deve vedere in queste considerazioni un rimprovero o una condanna ad personam. Non facciamo il gioco del nemico che vuol dividere per comandare (“divide et impera”), mettendoci gli uni contro gli altri!

●Occorre fare un discorso serio e non pronunciare accuse gratuite, da qualsiasi parte esse vengano. Tutti possiamo sbagliare. Forse anche da parte “tradizionalista” sono state pronunciate parole che hanno potuto essere mal interpretate e sembrare offensive; se è così, ce ne scusiamo. Ma l’importante è non perseverare nell’errore. Si può in alcune cose dissentire da monsignor Lefebvre, però con i dovuti modi, senza linciarlo né idolatrarlo, e soprattutto si deve guardare avanti e cercare oggi di studiare il problema se oggettivamente Concilio e Novus Ordo siano conformi o no alla Traditio Ecclesiae, lasciando da parte vecchie polemiche oramai passate. Monsignor MARIO OLIVERI, Vescovo di Alberga, ha scritto su Studi Cattolici del giugno 2009 un articolo su La riscoperta di Romano Amerio in cui afferma che non è solo lo spirito o l’interpretazione data da alcuni teologi super-progressisti del Concilio a contenere equivoci, ma è la lettera stessa del Concilio ad essere oggettivamente in contraddizione con i Concili dogmatici della Chiesa. Bisogna quindi cercare di conformare il nostro intelletto alla realtà, anche se scomoda, e tentare di far fronte al problema, salva restando la riverenza alla legittima Autorità e la vera carità fraterna “non ficta” tra sacerdoti, la quale non esclude uno scambio di vedute diverse fatto però in maniera corretta. In coertis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas.

●Con il Vaticano II abbiamo assistito, purtroppo, ad un tentativo di protestantizzazione della Chiesa, che 1°) con la “Collegialità” ha fatto proprio l’odio luterano per il primato del Papa; 2°) con la “Libertà religiosa” ha fatto proprio l’odio contro l’unica vera religione fondata da Dio Figlio; 3°) con l’“Ecumenismo” l’odio per la purezza e l’intolleranza dottrinale della Chiesa romana ed infine 4°) con la pseudo-“Riforma liturgica”, elaborata assieme ai calvinisti, ha prodotto un rito oggettivamente ibrido o un incrocio (il Novus Ordo Missae di Paolo VI) tra due riti essenzialmente diversi, quello protestantico e quello cattolico. Si faccia attenzione: durante il Concilio chi voleva contestare l’autorità del Papa erano i progressisti o i ‘periti’ della nouvelle théologie condannati da Pio XII appena dieci anni prima; il “Coetus Internationalis Patrum”, di cui faceva parte monsignor Lefebvre, voleva difenderla e non disobbedire. Purtroppo hanno prevalso i progressisti e la stampa laicista ha presentato al pubblico i “tradizionalisti” come dei ribelli, ma questa non è la realtà e non dobbiamo cadere nella trappola di credere a questa calunnia.

●La protestantizzazione dell’ambiente cattolico è il fine prossimo della rivoluzione nella Chiesa; quello remoto è la giudaizzazione. Infatti, l’ermeneutica luterana porta ad una lettura a-cristiana e filo-giudaizzante della Torà (cfr. J. NEUSNER, Ebrei e cristiani. Il mito di una tradizione comune, [1991], tr. it., Cinisello Balsamo, San Paolo, 2009). Perciò lungi dal cedere al dialogo in posizione di inferiorità o “minoranza-minorata” con i cosiddetti “fratelli maggiori”, dobbiamo rivendicare il valore assoluto, unico e autonomo dell’unico vero cristianesimo, che è quello petrino o romano. Siccome Cristo è Dio, e ce lo ha provato con la sua Risurrezione, il dialogo inter-religioso giudaico-cristiano è un “regredire al talmudismo”, “un’apostasia o incredulità”, in quanto rifiuto implicito di Dio Figlio e quindi di Dio Padre e Spirito Santo, in breve un “tornare al vomito”.

●Sarebbe bene che tutti coloro i quali avversano il neomodernismo, pur con lecite e doverose modalità accidentalmente diverse, mantengano una certa obiettività di giudizio nella comune e sostanziale volontà di difendere la Chiesa e il Papato dagli attacchi dell’eresia modernistica. “Un regno diviso cade in rovina”. Se vogliamo che si ritorni sulla retta strada, non dobbiamo dare il primato alle accidentali diversità (pur se pienamente lecite) di vedute, ma cercare di mantenere una sostanziale unità di dottrina e di lotta. Solo l’errore in materia di fede, di dottrina e di costumi ci obbliga alla denuncia pubblica e alla presa di distanza. Come un esercito ha molteplici corpi, accidentalmente diversi, ma che combattono sostanzialmente uniti la stessa battaglia, così anche noi membri della Chiesa militante. Un marinaio non può dire all’aviatore: Non ho bisogno di te; un carrista non può fare a meno dell’intelligence; così noi cattolici in questa lotta adversus mundi rectores tenebrarum harum, contra spiritualia nequitiae, in coelestibus, non possiamo permetterci il lusso di ‘dividerci’, pur essendo ‘distinti’, ma dobbiamo lottare uniti. Perciò bisogna “distinguere per unire”. Le cinque dita dell’arto umano sono distinte tra loro, ma unite formano una mano; se fossero identiche, la mano sarebbe mostruosa, ma se fossero separate, sarebbero destinate alla cancrena ed alla morte. Ripensiamo all’apologo di Menenio Agrippa sempre attuale ed oggi come non mai. Quindi, né separati né identici o omologati, ma distinti ed uniti. Vis unita fit fortior!.

                                                                                                                                       d. Curzio Nitoglia